Foxtrot è il primo, vero trionfo del rock progressivo dei Genesis. Un album leggendario e non solo per i fan del quintetto
Anno 1972. I Genesis sono nel loro periodo d’oro e la loro formazione comprende i cinque musicisti migliori e più tecnici del rock inglese, con davvero poche eccezioni (tipo Yes o Emerson, Lake & Palmer). Parliamo naturalmente di Peter Gabriel, Phil Collins, Tony Banks, Mike Rutherford e Steve Hackett.
Ciascuno di loro un maestro nel suo campo e del suo strumento (compreso Gabriel, giovanissimo, che oltre a cantare suona il flauto traverso). E la loro visione musicale, più fantasiosa e tradizionalista di quella degli altri colleghi summenzionati o di quella dei Pink Floyd, viaggia oltre limiti artistici che, fino a qualche anno prima, sembravano per il rock insormontabili.
Hanno appena avuto il tempo di pubblicare un primo disco di prog propriamente detto (Nursery Cryme, 1971), liberandosi dei rimasugli di pop barocco e folk pastorale degli inizi, che è già tempo per loro di un capolavoro. Ed è questo Foxtrot, con la famosa volpe in copertina (personaggio realmente impersonato da Gabriel, sul palco, con una maschera).
L’album è geniale e intuitivo, e mostra il prog rock inglese ai suoi massimi livelli. Le canzoni sono tecnicamente rock, affidandosi spesso a lunghi passaggi chitarristici stesi da Banks e Rutherford con le chitarre a dodici corde, ma cedendo spesso il fianco ad intuizioni classiche, barocche, hard rock e persino heavy metal.
La grandiosità e l’ambizione dell’insieme di canzoni, influenzato dalle forti aspirazioni culturali degli anni ’70, si coglie bene dagli avvincenti tempi in 6/4, dalle atmosfere epiche e dalle liriche ispirate al romanzo Le Guide del Tramonto (Childhood’s End) di Arthur C. Clarke. Un chiaro esempio della complessità narrativa e metaforica ricercata dal quintetto.
Lo si vede anche nella parabola Dickensiana di Get’Em Out by Friday, nella quale Gabriel interpreta addirittura diversi personaggi, dando una forma più concreta a quel tipo di teatro rock che giù la band mette regolarmente in scena. Un tipo di invenzione e rappresentazione artistica che invece molte altre band prog e rock mancano di esplorare.
Ma il vero pezzo forte, lo sanno tutti e specialmente i fan, è l’epica suite di 23 minuti di Supper’s Ready. Una lunga storia con immagini che traggono ispirazione dall’immaginario fantasy, da quello religioso, da quello fantascientifico, da quello medievale e senza farsi mancare una componente satirica e una post-apocalittica.
Particolarmente pregevoli le sezioni Willow Farm, costruita come un passaggio Beatlesiano particolarmente “sixties”, che presenta dei Genesis particolarmente “freak” e psichedelici, giocosi come acrobati in un circo; ed Apocalypse in 9/8, lunga odissea iper-tecnica che segue il tempo indicato su toni escatologici e vede una gustosa parodia dello stile di Keith Emerson affidata alle dita di Tony Banks.
Insomma, di tutto e di più. Foxtrot dei Genesis, pur non rappresentanto un album coerente o che ruota attorno ad unico concept (come Dark Side of the Moon dei Pink Floyd o Close to the Edge degli Yes) dimostra tutte le possibilità e le intuizioni visionarie delle band inglesi degli anni ’70, quelle con la B maiuscola.
I Genesis fotografati nel loro periodo migliore e più ispirato, che fondono tecnica, gusto per l’esplorazione sonora, poetica lirica e provocazione rock in un unico, caleidoscopico insieme. Più e meglio di tanti altri album del periodo, Foxtrot conferisce davvero spessore, dimensione ma anche una certa grazia intellettuale al rock progressivo.