Everything Everywhere All at Once, la Recensione

Un viaggio nel Multiverso che ormai non nasconde più segreti. Everything Everywhere All at Once arriva finalmente in sala, allacciate le cinture. Ecco la nostra recensione di uno dei film più belli dell'anno.

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Everything Everywhere All at Once, un film che suscita curiosità già dal titolo. Ancor di più dopo che negli Stati Uniti è diventato un cult dopo pochissimo tempo, anche grazie ad incassi da capogiro ed un tam tam social degno di nota.

Seconda opera dei Daniels, che già avevano incantato con Swiss Army Man, oggi dirigono un film forse più teorico per certi aspetti, sicuramente meraviglioso in tutti gli altri presenti almeno nella sua superficie. In fin dei conti, come accade per molti film firmati A24.

Everything Everywhere All at Once, la Trama

Un matrimonio in crisi, così come la lavanderia a gettoni di famiglia. Una figlia apparentemente ingestibile e, a peggiorare le cose, una noiosa ispezione fiscale. La vita di Evelyn (Michelle Yeoh) sta andando a rotoli e potrebbe anche peggiorare. O forse migliorare, chissà.

Il destino dell’universo, in tutta la sua immensa vastità, si trova tra le sue mani. Jobu Tupaki vuole distruggere tutto ciò che esiste in ogni sua dimensione, e spetterà ad Evelyn salvare le sorti di tutti noi, in ogni nostra forma possibile e immaginabile.

Everything Everywhere All at Once, la Recensione

La vita è fatta di scelte, si sa. Scelte inevitabili, che portano ad una costante tensione tra dramma e disperazione, per parafrasare Kierkegaard. Chiunque vive tra rimorsi e rancori, tra quel “se solo avessi fatto” o “perché l’ho fatto“. Teorie del caos, di battiti di ali di una farfalla e di uragani nell’altro lato del mondo. E ancora, il grande what if che attanaglia ognuno di noi, inevitabilmente.

Dalle simulazioni di Matrix fino al recente MCU, il concetto di Multiverso ha sempre trovato una certa fascinazione nel cinema, soprattutto di fantascienza. Teorie che radicano la loro essenza nella filosofia, costruendo alle volte i classici film che “fanno riflettere” e che riescono a catturare l’attenzione di chiunque ami porsi domande.

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In maniera del tutto atipica, Everything Everywhere All at Once ripropone proprio questo concetto, regalando due ore e venti di puro cinema nella sua essenza più pura. Dall’action al dramma familiare, il secondo film dei Daniels farà parlare di sé molto a lungo, e non possiamo che esserne felici.

Everything Everywhere All at Once, michelle yeoh, recensione

Ponendo dunque le sue basi sull’esistenzialismo Everything Everywhere All at Once ci trascina in un vortice di sensazioni dalle quali è impossibile fuggire. Il concetto di assurdo si palesa di fronte allo spettatore, eppure resta tutto profondamente credibile. Perché in fin dei conti, seppur ordinaria come quella di Evelyn, la vita si rivela sempre come una grande incognita.

Chiaramente non ci addentreremo mai a sciorinare ogni possibile significato intrinseco di ogni singola scena. Questo perché il film racchiude anche qualche colpo di scena, seppur rivelato dopo poco. Perché mai fare uno spoiler, però?

Basti sapere che Everything Everywhere All at Once tocca numerosi temi, sfruttando proprio il cinema stesso come veicolo portante. Gli omaggi e le citazioni sono chiare ed aperte, eppure coesistono perfettamente con il film, senza mai risultare invadenti o fine a sé stesse.

Un lavoro ottimale, dunque, quello dei Daniels, che riescono a coniugare commedia, dramma e azione con estrema precisione, costruendo di fatto una vera e propria favola. Molto si deve anche alla perfetta interpretazione del cast, Michelle Yeoh su tutti, sulla quale andrebbe aperta una parentesi speciale.

Everything Everywhere All at Once, recensione

La nostra Evelyn, per chi non lo sapesse, è una delle maggiori interpreti orientali nei film di arti marziali. Uno su tutti, The Heroic Trio, protagonista indiscussa del film diretto dal genio di Johnnie To, dove interpreta (per ridurre al minimo) un’arma mortale che cammina.

Vedere la sua evoluzione in Everything Everywhere All at Once riporta inevitabilmente a quel cinema del passato, facendo quindi confluire in maniera ancor più precisa l’idea metacinematografica dei Daniels. Un’idea basata su teorie scientifiche rivisitate dal mezzo cinematografico, sollevando un inevitabile caos visivo ma che al tempo stesso riesce ad avere un ordine perfetto.

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Paradossale, in fin dei conti. Così come è paradossale la vita di Evelyn, da lavandaia sfortunata e senza talento a salvatrice dell’universo tutto. Chi è Evelyn? Evelyn è tutto, è ovunque e nel medesimo istante. Ecco dunque che il caos trova un suo ordine che per noi deve essere ancora decifrato (per parafrasare). Almeno per ciò che riguarda la nostra realtà, del tutto relativa.

Everything Everywhere All at Once

Ciò che siamo qui, non siamo da un’altra parte. Attori famosi che vivono in un film di Wong Kar-wai, o magari in un live action Pixar. O ancora, semplicemente dei sassi, in una delle sequenze più memorabili degli ultimi tempi. I Daniels confezionano un film che trasuda creatività da tutti i pori, ma soprattutto idee.

Idee che abbracciano la filosofia in varie forme, così come il cinema stesso, senza mai scadere nel pretenzioso. Un vero e proprio manifesto della teoria del caos, dove una semplice ispezione fiscale può portare ogni forma di universo esistente al collasso. Meno di un battito di ali di farfalla, molto più di un uragano.

Ma oltre ogni cosa, Everything Everywhere All at Once è un vero e proprio viaggio verso un multiverso folle (per davvero) ma che al tempo stesso riesce ad accompagnare lo spettatore nel suo caos organizzato senza mai confonderlo. E ancor meno senza gettarsi in futili ed eccessivi spiegoni che vanno a spezzare la magia delle immagini che si susseguono, nonostante un finale forse troppo prolisso. Che comunque gli perdoniamo di buon cuore.

Cast

  • Michelle Yeoh: Evelyn
  • Stephanie Hsu: Joy
  • Jonathan Ke Quan: Waymond
  • Jamie Lee Curtis: Deirdre

Trailer