Watcher, la Recensione del film thriller con Maika Monroe
In sala dal 7 Settembre grazie a Lucky Red, un thriller d'esordio a dir poco notevole: Watcher. Un film, il primo diretto da Chloe Okuno, che propone una visione di cinema molto attuale e soprattutto innovativa. Ecco la nostra recensione.
Arriva in sala, grazie a Lucky Red, Watcher, conturbante film diretto da Chloe Okuno al suo esordio dopo svariati corti. Questo esordio, che possiamo definire col botto, ha raccolto ampi consensi anche al Sundance Film Festvial di quest’anno. La giovane regista ha dunque tutte le carte in regola per potersi affermare, soprattutto grazie ad uno sguardo molto particolare e che affonda le sue radici nella storia della Film Theory.
Watcher, la Trama
Julia e Francis si trasferiscono in Romania, paese di origine di lui, a causa di un trasferimento forzato per lavoro. L’ambientamento con una cultura diversa non sembra essere difficoltoso, almeno fino a quando Julia non scopre che c’è qualcuno che la osserva dal palazzo di fronte. Intanto, un pericoloso serial killer si aggira nelle strade di Bucarest.
Watcher, la Recensione
È necessario partire dal doppio senso che propone il titolo, grazie anche all’aiuto della locandina. Due colori a dividere una singola parola, ossia “l’osservatore“, in due parti: watch-her. Tradotto, guarda(re) lei.
Si parte infatti da questo assunto, da quel rapporto morboso che esiste tra soggetto attivo guardare ed oggetto passivo guardato. Un rapporto che di fatto ha da sempre caratterizzato tanto il cinema hollywoodiano classico che in fin dei conti anche il cinema stesso.
Si pensi ad Hitchcock ed a Gli Uccelli, così come (e forse ancor di più) a La Finestra Sul Cortile. La Okuno sembra infatti partire proprio da questo film per tentare di decostruire questo tipo di cinema, grazie anche ad una sorta di aiuto che risponde al nome di Feminist Film Theory.
Riassumendo brevemente (non ce ne voglia Laura Mulvey), questa teoria del film spiega come il rapporto sopracitato, tra soggetto e oggetto, sia appannaggio dello sguardo maschile. Si pensi per l’appunto al primo attacco degli uccelli di Hitchcock, che aggrediscono Tippi Hedren che aveva “osato” ribaltare il ruolo, e osservare di nascosto Rod Taylor.
In questo senso, e come detto prima, Watcher focalizza la sua attenzione su questo aspetto, aggiungendo però molto di più. Con il suo film, la regista ci racconta una condizione. Una condizione, specifica e patriarcale, alla quale la donna deve sottostare.
Dopo essere stata costretta a fuggire da una maledizione “inseguitrice” (leggasi It Follows), la bravissima Maika Monroe deve scappare da qualcosa di ben più reale. Uno sguardo famelico e assassino, il pregiudizio dell’uomo. Difficile dare un’ordine di importanza, al punto che neanche la Okuno lo fa.
Se da un lato lo sguardo inquietante di un uomo la perseguita, dall’altro deve anche fare i conti con i soliti pregiudizi del caso, anch’essi di matrice prettamente maschile. Le paranoie, l’isterismo, la paura priva di fondamento. E ancora poi, la giustificazione, quel “però tu” che colpevolizza la vittima. E di nuovo lo sminuire un qualsivoglia sentimento di paura o ancora peggio di un vero e proprio reato, quello dello stalking.
Uno status mentale che neanche l’innamorato marito, un perfetto Karl Gusman riesce a soffocare. Anche qui, guardando alla sua filmografia passata, sembra proprio evidente che ha più di un problema con il concetto di coppia (leggasi alla voce Love). Razionalizzare è la sua parole d’ordine, una condizione necessaria, forse anche in buona fede, per calmare la sua compagna.
Pur non avendo spunti registici degni di nota, la macchina da presa della Okuno riesce a catturare l’essenza del dramma che vive la protagonista. Facilitata dal grigio sfondo della capitale rumena, Watcher vuole valicare il confine del semplice thriller, sfruttando il genere per raccontare quello che di fatto è un vero e proprio dramma.
Appare scontato che le manchino (per ora) sia il guizzo hitchcockiano che l’idea di sguardo di De Palma. Eppure si vede che nella Okuno c’è qualcosa che ad oggi è difficile trovare. Ossia, qualcosa da dire. Le idee della regista appaiono chiare sin da subito in Watcher, al punto che lo spettatore resterà ammaliato dall’inizio alla fine.
Non di meno, qualche brivido lungo la schiena correrà agile. Un grande pregio di Watcher è quello di saper usare i suoni con discreta sapienza. I silenzi saranno quantomai assordanti, carichi di terrore, che restituiranno allo spettatore le sensazioni della protagonista. L’angoscia del sentirsi circondati da persone amiche ma comunque soli, di essere compatiti e non ascoltati. E la paura di un fiato sul collo che non si riesce ad individuare, che ti vìola ogni volta che lo senti.
Non resta dunque che aspettare già il suo secondo film. Partire con un esordio come Watcher non fa altro che riporre buonissime speranze, tanto su di lei quanto sul genere thriller. Un genere che ha sempre bisogno di innovazioni e che al tempo stesso ci mostra come sia possibile raccontare la realtà che viviamo.