Per la seconda estate di fila, il publisher Devolver Digital ha “donato” al pubblico videoludico una piccola perla capace di diventare, in pochissimo tempo, videogioco di culto (il termine non è casuale). Se nel 2021 ci siamo tutti trovati ad esaltare il simpatico corvo di Death’s Door (qui la nostra recensione di Death’s Door), quest’anno è il turno di Cult of the Lamb, titolo che prova a mischiare due generi diversi,quello gestionale e quello roguelite,e sviluppato dallo studio Massive Monster.
Cult of the Lamb è disponibile a partire dall’11 agosto su PC e console PlayStation, Xbox e Nintendo Switch. Abbiamo spulciato per benino questo interessante ibrido e ora vogliamo raccontarvi come creare e mantenere la propria setta di seguaci, il cuore pulsante della produzione.
Risorgi Agnello
Le premesse narrative su cui si fonda e si sviluppa poi Cult of the Lamb, sono molto basilari. La storia narra le gesta di un simpatico agnellino il quale viene sacrificato dai Bishop, i custodi dell’Antico Culto. Tuttavia, invece di ascendere al cielo, il protagonista viene salvato da un’entità misteriosa, The One Who Waits – Colui che Attende, che dona allo spaesato animale straordinari poteri. In cambio, questo minaccioso benefattore tanto temuto dai vescovi dell’Antico Culto, chiede all’agnellino di liberarlo dalle catene che lo opprimono. Siamo così pronti per costruire il Culto, con lo scopo di accrescere i nostri poteri e diventare forti abbastanza da uccidere i quattro custodi.
Il racconto di Cult of the Lamb, dall’epilogo decisamente telefonato segue, per le dieci ore necessarie ad arrivare ai titoli di coda, binari piuttosto lineari e non lascia quasi mai spazio all’effetto sorpresa. Tuttavia, gli elementi narrativi più interessanti ci vengono rivelati da alcuni NPC che possiamo incontrare nel corso dell’avventura. Oltre a essere ben caratterizzati dal punto di vista estetico, arricchiranno il nostro viaggio sia dal punto di vista della lore, che dal punto di vista delle quest secondarie utili a potenziare ulteriormente il protagonista e donare maggiore varietà al titolo.
É tutta una questione di rituali, sermoni e sacrifici
Per quanto Cult of the Lamb si presenti dunque come un mix tra roguelite e gestionale, sappiate che quest’ultima componente di gameplay è quella preponderante. Le fasi di pura azione infatti, che analizzeremo tra poco, sono influenzate dalle scelte che compiamo alla guida del culto.
I nostri seguaci sono dei veri e propri bambini e, almeno fino a metà gioco, non saranno mai del tutto indipendenti: toccherà a noi cucinare i pasti; costruire, previa la raccolta della legna, le cuccette per dormire e soprattutto, pulire i loro bisogni per evitare che si diffondano malattie. È qui che ci colleghiamo al primo grosso fattore soddisfazione di Cult of the Lamb: la progressione nell’accampamentoe sbloccare, attraverso la fondamentale Devozione, nuove costruzioni all’interno del villaggio, come ad esempio i bagni pubblici. In questo modo, i proseliti soddisferanno autonomamente le richieste fisiologiche del loro corpo senza bisogno di tirare fuori, ogni volta, scopa e paletta.
La Devozioneè dunque il motore del villaggio, accumulabile attraverso le preghiere dei seguaci nei pressi della Statua del Culto. Naturalmente, possiamo affidare tantissimi compiti ai sostenitori per snellire il lavoro quotidiano, l’importante è avere sempre sotto controllo la fede nei nostri confronti. Dopo aver rafforzato la base e risolto le diatribe tra i suoi abitanti, ci rechiamo in chiesa per convocare la cerimonia religiosa.
I rituali coinvolgono in maniera diretta i fedeli: è possibile compiere un sanguinoso sacrificio, oppure offrire un gustoso banchetto per saziare l’appetito di tutti i presenti per quarantotto ore. L’indottrinamento modificherà le abitudini della setta: scegliere di far diventare i proseliti vegani, cambierà del tutto l’approvvigionamento delle risorse. Infine, i sermoni, consentono di sbloccare nuove abilità passive per l’agnello e potenziamenti per le armi e le magie che useremo in battaglia.
Il sacrificio dell’agnello
Dopo aver gestito, con particolare attenzione, l’accampamento, eccoci pronti a partire alla volta di misteriosi boschi e oscuri fondali marini per mettere così fine alla miserabile vita dei quattro Custodi del Culto. I livelli complessivi di cui si compone il nuovo lavoro di Massive Monsters sono sedici, quattro per ogni “bioma”, ognuno con le sue peculiarità e nemici unici. Alla fine di ciascun quadro, ci sarà un mini boss ad attenderci, prima di arrivare, senza troppe sofferenze, al Bishop di fine mondo.
Il combat system di Cult Of The Lamb non beneficia di particolare profondità – le armi possono concatenare un massimo di tre attacchi e le magie sono utilissime per colpire dalla distanza – ma non per questo, si è rivelato meno godibile: martelli giganti, spade e artigli che differiscono essenzialmente per velocità di esecuzione, damage output e talvolta poteri speciali, con la possibilità, per esempio, di avvelenare gli avversari. La brevità delle sessioni di gioco – dieci minuti circa a stage per poi tornare al villaggio sia in caso di vittoria che di sconfitta – trasforma la lieve strutturaroguelite del prodotto, in una forte scarica di adrenalina che non sfocia mai in frustrazione: ad ogni morte, si perderanno semplicemente parte delle risorse accumulate, le armi e le magie scelte nonché i potenziamenti ottenuti da tarocchi attivabili in alcune stanze del livello che stiamo affrontando.
Il problema in questo divertente marchingegno, è proprio la bassa difficoltà dell’esperienza: i mob, così come i mini boss e i Bishop, hanno pattern che si memorizzano molto facilmente e alcuni power-up temporanei, se sommati a specifiche armi decisamente overpowered, finiscono per rompere in pochissimo tempo la partita ed inficiare del tutto il lavoro gestionale di cui abbiamo parlato. Potenzialmente, potremmo spendere ore a costruire il culto perfetto, senza però avere grandi vantaggi in game.
Dal punto di vista estetico, Cult of the Lamb è un gioiellino che lascia senza fiato: la pucciosità degli animaletti, la bellezza delle animazioni e di tutte le location che si possono raggiungere nella mappa, sono una gioia per gli occhi. A questa dolcezza complessiva, si contrappongono effetti gore che esplodono sul nostro schermo durante i macabri rituali sacrificali e le sanguinose esecuzioni, come a ricordarci la brutalità della religione se spinta all’eccesso.
Cult of the Lamb è un titolo che ci ha davvero colpiti, grazie a un gameplay semplice e immediato – ma anche fin troppo facile – e ad una componente gestionale estremamente ricca e capace di sorprendere continuamente l’utente. La nostra speranza è quella di poter provare dei nuovi DLC che riescano ad arricchire ulteriormente un’opera che offre molto poco dal punto di vista dell’end game: oltre alla a potenziare ulteriormente il culto, abbiamo trovato ben pochi stimoli nel completare nuovamente i livelli.