Psycho Killer: testo, traduzione e significato della storica canzone dei Talking Heads [VIDEO]

Psycho
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Psycho Killer rimane ancora oggi una canzone indimenticabile nella musica dei Talking Heads: controversa ma divertente, coinvolgente e raggelante, un classico della new wave sempre da riscoprire

Anno 1977: i Talking Heads sono una delle tante realtà musicali di New York che cercano di interpretare una nuova musica attirati dall’etica post-moderna di quello che molti chiamano punk. Il loro non è proprio punk, anche se perlomeno all’inizio del genere adotta la semplicità, l’atteggiamento iconoclasta e la voglia di sovversione.

Nel suono del quartetto il tutto trova posto al fianco di una certa poetica bohèmien, incarnata specialmente dall’intellettualoide David Byrne. E Psycho Killer, il celeberrimo singolo (ma non il primo) tratto dal primo album omonimo del gruppo e pubblicato quell’anno, ne risulta da subito il ricavato più eclatante.

Un brano davvero di rottura, a cominciare certo dalla forma musicale stessa: un ritmo di basso, deciso dalla mitica bassista Tina Weymouth, ossessivo, imperante, martellante. E una parte di chitarra funky, prontamente mutuata dalla black music, che anticipa e decide gli interessi e le influenze della band ma ben si sposa anche con la re-invenzione punk del rock, in cerca di nuove forme.

Byrne scrive il pezzo assieme alla Weymouth e al marito di lei, il batterista Chris Frantz. Completa la formazione ovviamente Jerry Harrison, secondo chitarrista e tastierista. Il pezzo è subito d’impatto perché recitato, da Byrne, dal punto di vista appunto di un serial killer, che ha molto di “Psycho”, inteso sia come l’omicida del film di Hitchcock che come “psicopatico”.

Anni dopo, parlando della canzone, Byrne racconterà: “Quando ho iniziato a scriverla, immaginavo Alice Cooper che cantava una ballad alla Randy Newman. Sia il Joker che Hannibal Lecter erano molto più affascinanti dei buoni ragazzi. Tutti un po’ parteggiano per i cattivi nei film alla fine”.

Byrne interpreterà poi anche il pezzo in acustico nel famoso film concerto Stop Making Sense, nel 1983, ripreso da Jonathan Demme (qui sotto). Che, coincidenza curiosa, pochi anni dopo vincerà l’Oscar pochi anni dopo per Il Silenzio degli Innocenti, film su un altro “Psycho Killer”: appunto, Hannibal Lecter. Ecco il testo della canzone con la traduzione in italiano.

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Testo, traduzione e significato della canzone

I can’t seem to face up to the facts
I’m tense and nervous, and I can’t relax
I can’t sleep ‘cause my bed’s on fire
Don’t touch me, I’m a real live wire

“Non sembro in grado di affrontare i fatti reali
Sono teso e nervoso e non mi posso rilassare
Non posso dormire perché il mio letto va a fuoco
Non mi toccare, sono un fascio di nervi [un cavo elettrico, live wire]”

Cominciamo a fare conoscenza con il nostro killer. Che, come tutti i killer, è fondamentalmente una persona normale ma molto “nervosa”. Di più, è chiaramente consumata da nevrosi che hanno chissà quale origine e che lo portano a comportamenti violenti e parossistici, non essendo in grado di controllarsi.

Possiamo immaginarsi le ossessioni che gli girano nel cervello e gli impediscono di dormire, lo rendono incapace di comunicare normalmente con gli altri e di chiedere aiuto. Qui più che il dottor Lecter possiamo immaginarci facilmente il vecchio Norman Bates, traumatizzato dal rapporto con la madre e incapace di “affrontare i fatti”, cioè quello che accade dentro di lui e quel che è diventato.

Psycho killer, qu’est-ce que c’est?
Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa-fa, fa, better
Run, run, run, run, run, run, run away

“Killer psicotico, cosa succese?
Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa-fa, fa, meglio
Che corri corri corri, corri via”

L’intuizione del refrain è quella di adottare non il punto di vista di un serial killer “attivo” ma di qualcuno che, a causa dei suoi problemi mentali, lo potrebbe diventare da un momento all’altro. Ecco perché consiglia al suo interlocutore di scappare via il prima possibile, prima che succeda l’irreparabile.

Il ricorso al francese “qu’est ce que c’est?”, “cosa succede?”, qui e nella variazione, arriva come contributo di Tina Weymouth, la cui madre parla francese. Un piccolo tocco di raffinatezza, questo sì forse più degno del nostro dottor Lecter, che ci riporta anche quel tocco di bohème molto newyorchese tipico della band.

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You start a conversation, you can’t even finish it
You’re talking a lot, but you’re not saying anything
When I have nothing to say, my lips are sealed
Say something once, why say it again?

Nella seconda strofa vediamo il nostro aspirante (involontario) killer che descrive il tipo di atteggiamento che, negli altri, lo porta al nervoso al punto tale, sì, da uccidere. Chi parla tanto per parlare, chi è ridondante, banale, ripetitivo, assiduo e blaterante, provoca nel protagonista un fastidio tremendo. Un motivo futile per arrivare a gesti estremi, ma la storia ci insegna che a volte basta molto meno.

Nella variazione, in francese, ci spostiamo a dopo il fattaccio e scopriamo che la vittima è probabilmente una ragazza. Il killer pondera le sue azioni, rimuginando anche amaramente come il gesto dell’uccisione sia stato per lui un atto catartico, avendo raggiunto una sorta di obiettivo inesprimibile e, quando verrà scoperto, pronto ad accogliere la fama che aspetta ogni celebre assassino.

Ce que j’ai fait, ce soir-là
Ce qu’elle a dit, ce soir-là
Réalisant mon espoir
Je me lance, vers la gloire, okay
We are vain and we are blind
I hate people when they’re not polite

“Che cosa ho fatto, quella sera
Che cosa ha detto lei, quella sera
Realizzo la mia speranza
Mi lancio verso la gloria, ok
Siamo vani e siamo ciechi
Odio quando la gente non è educata”

La fine della canzone è un omaggio diretto ad Alfred Hitchcock, regista di Psycho e autore di alcuni dei più celebri omicidi della storia del cinema. In cerca di liriche conclusive, Byrne dichiara di essersi immaginato una frase alla Hitchcock: “Ti uccido perché sei rude, perché non sei educato”.

Alla sua uscita il singolo Psycho Killer non ottiene un grande successo, vendendo tuttavia abbastanza da conquistare il disco d’oro in Italia. Ciò nonostante, più di quarant’anni dopo rimane un classico intramontabile e ancora oggi sarebbe impossibile pensare alla discografia dei Talking Heads ignorando questa celebre canzone.

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