Soulstice, l’importanza del videogioco all’italiana [PROVATO]

Un'ulteriore conferma con il nostro secondo provato

Soulstice
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Lo avevamo già provato in una piccola dimostrazione incentrata principalmente sul gameplay e sullo stile della creatura partorita da Reply Game Studios e appoggiata da Nacon. Soulstice (qui il nostro primo provato e le impressioni a caldo) trae sicuramente ispirazione da diversi big del settore videoludico ma riesce, in modo netto, a differenziarsi da essi e mostrare la propria anima. Lo abbiamo giocato nuovamente, questa volta su una demo più lunga e che ci ha dato la possibilità di poter approfondire gli altri aspetti peculiari dell’opera, prima tra tutti la componente narrativa.

Soulstice, già disponibile per tutti sotto forma di Demo, cerca di catturarti subito con un ottimo espediente, una caratterizzazione dei personaggi inizialmente netta e in contrapposizione. Briar e Lute sono indivisibili, praticamente lo stesso corpo, ma agli antipodi per quanto concerne il loro approccio a ciò che le circonda. Se la prima non vede l’ora di menar le mani, la sorella sotto forma di spirito è invece più cauta e calcolatrice. Già la simbiosi di due personaggi così diversi ma così vicini (in tutti i senti) offre una gran varietà di dialoghi durante il corso dell’esplorazione e dei combattimenti.

Stile dark fantasy in stile From Software

Ok, il titolo ha tratto in inganno praticamente tutti al momento dell’annuncio. No, Soulstice non è neanche lontanamente un Soulike, anzi è l’esatta concezione opposta di action. Frenetico e basato su combo e colpi concatenati. Perché allora chiamare in casa sempre la famigerata casa giapponese capitanata da Hidetaka Miyazaki? Se lato gameplay il gioco italiano si orienta verso uno stylish action puro alla Devil May Cry e Bayonetta, le ambientazioni strizzano l’occhio all’opera forse più famosa del team giapponese. Rocche abbandonate a fiumi di esseri corrotti, roghi in ogni angolo e una luminosità ristretta al minimo necessario ricordano i primi passi su Demon’s Souls e Dark Souls.

Prima di arrivare a conclusioni errate, Soulstice ne può benissimo prendere ispirazione ma riesce a creare una propria dimensione, anche grazie a una concezione narrativa totalmente diversa. Gli ambienti abbandonati vengono quindi narrati dalle protagoniste, piano piano ogni tassello narrativo viene sciolinato così da capire, passo dopo passo, il mondo di gioco.

Meccanica dopo meccanica, combo dopo combo

Come ogni stylish action che si rispetti, le combo e la giusta combinazione di attacchi e pause sono l’anima del gameplay. Nel nostro primo provato abbiamo concluso la demo a livello di difficoltà normale. Al netto di qualche sezione un po’ più ardua, il gioco non ci ha mai messo in difficoltà. La cosa cambia decisamente aumentando il grado di sfida. Già a livello difficile alcune sezioni, soprattutto quelle nei corridoi e con le possenti guardie a farne da padrone, hanno fatto vacillare la nostra sicurezza acquisita a livello normale.

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Anche i voti a fine di ogni combattimento si sono abbassati drasticamente da Platino a Oro. E non sono mancate neanche morti che ci hanno fatto riiniziare dal checkpoint precedente. Per chi è in cerca di una sfida decisamente sopra le righe possiamo rassicurare che il titolo farà di tutto per far sì che il giocatore impari le meccaniche di gioco in modo preciso considerando che ci sono altri due livelli di difficoltà oltre al difficile.

Entrando dentro le meccaniche di gioco noteremo come tra le due protagoniste sia proprio Lute colei che rende il gameplay di Soulstice ricercato e azzeccato. Se Briar sarà colei che dovrà incatenare combo e picchiare tutto il picchiabile, la sorella fungerà principalmente da supporto. Fornendo scudi e paralizzando i nemici aprirà un varco alla sorella per inserirsi tra i tanti nemici a schermo. Se alla prima impressione il tutto sembra ridursi a un semplice button smashing intervallato dalle parate di Lute, andando avanti con il gioco e aumentando la difficoltà si può notare quanto sia importante centellinare i colpi e utilizzare le giuste combo contro i nemici.

La forza dei campi di forza

La miglior meccanica in assoluto, almeno finora, è quella di Lute di creare due distinti campi di forza. Con il dorsale sinistro attiveremo un campo blu in grado di visualizzare e soprattutto rendere colpibili e calpestabili alcuni oggetti e nemici. Incontreremo sulla nostra strada diversi spiriti colpibili da Briar solamente quando Lute manterrà attivo il campo blu. La sorella spiritica non potrà però utilizzare questa meccanica all’infinito. In alto a sinistra un indicatore ci avvertirà della fatica della coprotagonista. Una volta raggiunto il limite Lute non sarà utilizzabile per qualche secondo. Secondi vitali in mezzo a una battaglia. Allo stesso modo il campo rosso farà in modo che Briar possa colpire i cristalli rossi.

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La sorpresa della narrazione in Soulstice

Spesso ci siamo ritrovati tra le mani action la cui componente narrativa serviva solo come pretesto a menar le mani senza però intrigare minimamente il giocatore. Soulstice mette da subito alcuni elementi sul piatto che aiutano il giocatore a spingere sull’acceleratore, distruggere ogni cosa che si muove, così da capire di più sul conto delle protagoniste.

A primo acchito possiamo notare la bellissima ispirazione al manga Claymore. Le due protagoniste sono infatti parte di un ordine che le ha “mostrificate” così da combattere ad armi pari contro i temibili corrotti. Passo dopo passo capiremo le loro peculiarità e cercheremo di capire di più sul Velo, sulla Breccia, sui nemici e sull’Ordine della Lama Cinerea.

Conferme e dubbi

Reply Game Studios ha lavorato molto bene sull’ottimizzazione e sulla pulizia delle aree. Nelle nostre due prove non abbiamo trovato il benché minimo problema, glitch o bug. La componente action, come abbiamo già anticipato, è costruita decisamente bene, fluida, frenetica ma controllata, in grado di divertire chi vuol passare un’ora a massacrare poveri corrotti oppure chi vuol raffinare la propria tecnica per poter confrontarsi con una sfida più ardua.

Anche la possibilità di trovare alcune arene, rigiocabili poi in qualsiasi momento, all’interno del gioco aumenta la componente ludica e di sfida. Come per la prima demo, anche questa volta abbiamo trovato una telecamera non sempre perfetta, soprattutto negli spazi stretti. Niente di terribile, anzi si è visto di molto peggio in produzioni ben più rinomate, ma si spera possa essere migliorata da qui all’uscita.

La componente narrativa sembra promettere scintille, nelle prime ore di gioco Soulstice inserisce diversi elementi che, insieme alla buona caratterizzazione dei personaggi, aprono a una serie di scenari interessanti. Se le prime impressioni erano buone, sono diventate ottime dopo questo nuovo provato.

Una produzione importante che, insieme ad altre realtà contemporanee, apre la strada a vetrine internazionali rompendo uno schema per il quale il nostro Paese non investe nel settore e non riesce a imporsi nel mercato.

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