Il nome di Jonathan Brandis non è di certo sconosciuto ai cinefili e agli appassionati. L’attore, nato il 13 aprile 1976 a Danbury, in Connecticut, ha interpretato Bill nella miniserie del 1990 dedicata a It, il pagliaccio spaventoso nato dalla penna di Stephen King.
Ha interpretato Bastian ne La storia infinita 2, è stato il protagonista della commedia Ragazze nel Pallone e ha lavorato nella serie SeaQuest, che lo fece diventare un vero e proprio idolo tra le adolescenti degli anni ’90.
Dopo aver iniziato a girare spot commerciali in tenera età, Jonathan Brandis raggiunse il picco della carriera proprio in quegli anni. Ma quando si raggiunge l’apice c’è sempre il rischio di cadere, con il pericolo di farsi male.
La sua carriera, infatti, si fermò per un po’ e quando l’attore venne scelto per una piccola parte nel film Sotto corte marziale nel 2002, la speranza di Jonathan Brandis era che la sua carriera potesse ricominciare, magari con una svolta drammatica che potesse farlo allontanare dal target adolescenziale che aveva avuto sino a quel momento.
Tuttavia nel montaggio finale del film molte scene da lui interpretate vennero tagliate e, dunque, non video mai il buio della sala. La scelta del montaggio conclusivo fu una delusione per l’attore: una delusione che, per Jonathan Brandis, fu l’inizio della fine. L’attore cadde infatti in una depressione dalla quale non si riprese mai più.
La tragica morte di Jonathan Brandis
L’ultimo capitolo della vita del giovante attore iniziò alla fine del 2003. Nell’inizio del novembre di quell’anno Jonathan Brandis decise di passare qualche giorno nella casa in cui era cresciuto, insieme ai genitori.
Questi si accorsero subito che c’era qualcosa che non andava nel figlio, che appariva strano, giù di morale, e abbattuto. Greg e Mary Brandis cercarono di capire cosa stesse accadendo al figlio, ma non riuscirono a sbrogliare la matassa e il mistero sullo stato emotivo e mentale del figlio rimase senza soluzione.
Jonathan Brandis lasciò dunque la casa dei genitori portando con sé anche quello stato morale abbattuto, come se gli fosse accaduto qualcosa di terribile che non aveva la forza di affrontare.
L’11 novembre l’attore decise di passare la serata a casa di alcuni amici. Mentre la serata avanzava, più o meno normalmente, Jonathan Brandis uscì dalla stanza in cui erano tutti riuniti e si allontanò senza dire niente.
Uno degli amici presenti, non vedendolo tornare e presumibilmente preoccupato per il suo stato d’animo, lo andò a cercare per scoprire che fine avesse fatto e se stesse bene.
Purtroppo per lui davanti ai suoi occhi si spalancò uno spettacolo terribile, uno di quelli in grado di popolare gli incubi: trovò infatti Jonathan Brandis nel corridoio del secondo piano, privo di sensi e impiccato a una corta di nylon.
Alle 23.40 il ragazzo chiamò immediatamente i soccorsi, dicendo che il suo amico aveva tentato il suicidio nell’appartamento che si trovava al 600 di Detroit Avenue.
I paramedici del Los Angeles Fire Department risposero immediatamente alla chiamata e trasportarono l’attore al Cedars Sinai Medial Center, dove morì il giorno dopo a causa delle ferite riportare. La morte venne dichiarata il 12 novembre 2003 alle 2.45 del pomeriggio.
Jonathan Brandis non lasciò alcun biglietto, perciò il suicidio rimane senza spiegazioni, ma secondo molti dei suoi amici l’attore era depresso da tempo, devastato dal mancato decollo della sua carriera. Potrebbe essere stata proprio la consapevolezza di non avere più una carriera ad averlo spinto nel baratro della depressione, fino a compiere il suicidio. Aveva solo 27 anni.
L’età della morte sembrerebbe spingere Jonathan Brandis a entrare nella lista del macabro Club 27, che raggruppa tutte le star (soprattutto cantanti) morti a ventisette anni, come Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison e Amy Winehouse.