L’importanza di avere con noi e per noi un film come Crimes Of The Future è pressoché scontata, se si guarda almeno sulla sua superficie. Il film arriva al cinema il 24 agosto grazie a Lucky Red. Di seguito potete apprezzare il trailer ufficiale:
Il ritorno al cinema di Cronenberg, a circa dieci anni dal suo ultimo e controverso Maps To The Star, da un lato. Il ritorno al cinema di Cronenberg a quelli che di fatto sono stati i suoi fasti, con un vero e proprio manifesto della sua poetica e di un intero genere di cinema: il body horror.
Un genere che fu sdoganato proprio dal regista canadese, il quale ha sempre avuto un occhio di riguardo (per usare un eufemismo) verso un cinema quantomai viscerale e metaforico. Dalla Nuova Carne di Videodrome ai nuovi media di Existenz, passando per virus, demoni sotto la pelle e ancora mosche invadenti. Il corpo umano e la sua modificazione al centro di ogni cosa.
Dopo essersi svincolato dai canoni dell’horror, ma mantenendo comunque una certa coerenza rispetto l’estetica del corpo, Cronenberg ritorna oggi al suo passato, raccontando di un mondo dove il dolore non esiste più. A dominare la scena, Viggo Mortensen e Lea Seydoux, artisti la cui performance è l’asportazione e la modifica dei nuovi organi che il corpo produce. Una inevitabile conseguenza per una razza che cessa di provare il dolore, il cui sfondo sociale è un degradante futuro dal sapore post apocalittico.
Cosa accade ad un mondo che non sente più dolore? Cosa accade al corpo umano? Con Crimes Of The Future, Cronenberg prova a raccontare un declino che affonda le sue radici nelle arti performative masochiste nate a cavallo degli anni 60 e 70. Opere che ricercavano uno schock visivo e dialettico, risvegliando la massa dal torpore.
Il masochismo diventa dunque un elemento centrale del film, che costringe lo spettatore a porsi delle domande esistenziali, esattamente come facevano gli artisti delle menzionate performance. La chirurgia diventa dunque arte, nel mondo di Crimes Of The Future.
Una chirurgia che però non causa dolore, dove l’asportazione dei nuovi organi che crea il corpo umano raccoglie nutriti gruppi di spettatori, come una performance. Ecco dunque arrivare un primo ed immediato parallelismo con la realtà e con il passato, soprattutto.
Le radici di Crimes Of The Future affondano infatti in una forma d’arte forse poco conosciuta proprio perché profondamente estrema. Ed è qui che il film diventa quindi una proiezione della realtà, seppur in chiave fantasiosa e valicando i confini della realtà stessa.
Tutto nasce, per convenzione, nel 1962 con gli Azionisti Viennesi, un movimento non unitario di artisti che utilizzavano il proprio corpo per mettere in scena performance volte a distruggere le convenzioni sociali. Il corpo diventa dunque una tela, anche da squarciare se necessario a raggiungere l’obiettivo dello shock. Un’estetica del dramma, della violenza, dello shock, del corpo. Che potrebbe riassumersi nel cinema di Gaspar Noé, ma non è questo il luogo adatto per parlarne, sebbene il punto di incontro sia proprio quello legato al corpo e allo shock.
Tornando alla performance, alla modificazioni corporali dei due protagonisti di Crimes Of The Future, è chiaro il carattere prettamente eversivo delle loro azioni. Una eversione che attraverso lo shock chiede un dialogo, al pubblico ma anche all’istituzione. Esattamente come le performance di Gina Pane, per citare apertamente una degli artisti più simbolici di tutto il movimento. Tra le sue opere più estreme, ricordiamo sicuramente Azione Sentimentale e Le Lait Chaud.
In quest’ultima, l’artista italo francese accolse in casa un gruppo di spettatori. Interamente vestita di bianco, iniziò a lesionarsi con un rasoio per poi interrompere e riprendere finché il pubblico stesso non la fermò. Una grande riflessione, per riassumere, sulla quotidianità, su quelle azioni routinarie alienanti, su come il corpo possa resistere alla sopportazione del dolore.
Scavando a fondo, è facile notare come Pane giochi con la pulsione voyeuristica del pubblico, abbracciando l’estetica del dolore e della sofferenza. Un’estetica di cui la cultura occidentale tutta è profondamente intrisa, anche e soprattutto per motivi religiosi. Il pubblico guarda, esorcizza le sue paure, tra cui quella di trovarsi al posto di chi sta soffrendo.
Il nuovo film di David Cronenberg si sofferma proprio su questo aspetto, portando a suo modo anche un completamento delle sadiche parafilie di Crash. Se nel film del 1996 i due protagonisti sviluppano una sorta di ossessione verso l’incidente mortale, in Crimes Of The Future è l’intero mondo a trovare nella sofferenza, o almeno nella sua riproposizione ormai decostruita, un piacere visivo specifico.
La realtà di Crimes Of The Future diventa dunque una realtà che guarda al nostro vissuto quotidiano, alla storia della performance masochista e ai suoi intenti. Mescolando le carte in tavola, e giocando in antitesi con quanto mostrato da artisti come Acconci, Burden o anche Marina Abramovic, Cronenberg propone un’immagine schock che sebbene adagiandosi sui crismi sci-fi, costruisce una realtà quantomai più vicina alla nostra.
L’orrore, lo shock e volendo anche il disgusto, sono sensazioni a completo appannaggio di chi guarda, di chi si trova al di qua della scena. Tanto nel film quanto nella realtà che i performer masochisti alteravano con le loro espressioni. Realtà e finzione creano un legame unico, in Crimes Of The Future. Un legame che va oltre il semplice “contenuto manifesto“, un legame che guarda al mondo di tutti i giorni e lo manipola. Come un corpo, anzi: il corpo.