Nichelle Nichols è stata un’icona non solo per via del suo personaggio in Star Trek, ma anche per il suo ruolo nell’evoluzione della cultura del secolo scorso
Nel 1967 Nichelle Nichols, già celebre come il tenente Uhura di Star Trek, fu tentata di lasciare la serie. A farle cambiare idea fu un fan particolarmente insistente che chiese di incontrarla ad una convention. Lei avrebbe ricordato poi così l’evento: “Pensavo che fosse un trekkie quindi ho detto ‘certo'”.
“Ho guardato attraverso la stanza e chiunque quel fan fosse doveva aspettare, perché il dottor Martin Luther King stava camminando verso di me con questo gran sorriso sul volto. Venuto da me, mi ha detto: ‘Sì miss Nichols, io sono il suo più grande fan’. Mi ha detto che Star Trek era l’unico show che lui e sua moglie Coretta consentivano ai loro tre figli piccoli di vedere, facendoli stare alzati”.
E quando la Nichols disse al dottor King della sua intenzione di lasciare Star Trek, la risposta di lui fu: “Non può, non può, per la prima volta in televisione noi [neri] verremo visti come dovremmo essere visti ogni giorno. Come persone intelligenti, belle, di qualità, persone che possono ballare e cantare, e andare nello spazio, che sono professori, avvocati”.
“Se lei lascia la serie quella porta si può chiudere. Perché il suo non è un ruolo nero, e non è un ruolo femminile. Lui [Roddenberry] lo può riempire con chiunque, anche un alieno”. I cambiamenti nella cultura, specie in occidente, sono sempre passati per cinema e televisione. E Star Trek, come notava acutamente il dottor King a suo tempo, non fece eccezione.
Il tenente Uhura sul ponte dell’Enteprise non era infatti soltanto il primo personaggio di colore significativo in tv. Ma anche il primo (e per di più femminile) ad essere trattato da pari a pari, senza cliché legati alla sua etnia. E allo stesso però Gene Roddenberry era ben consapevole del potenziale dirompente di questa scelta per come riguardava Nichelle Nichols.
Una scelta compiuta consapevolmente, seguendo l’etica progressista della quale Star Trek da sempre si fa voce. E lo stesso dicasi per la celeberrima scena del primo bacio “interrazziale” (inter-etnico, dovremmo dire; qui sopra). La prima scena con un tale contenuto sugli schermi americani di mainstream, e della quale William Shatner si va vantando da decadi.
Chi conosce l’episodio (S03E10) sa che in realtà si tratta di un bacio forzato per via del controllo mentale esercitato da alcuni alieni sui protagonisti. Una sottigliezza controversa ma per certi versi necessaria, e che impone di fatto una realtà sociale (quella dell’emancipazione) negli stessi anni in cui Sidney Poitier grida sul grande schermo: “Mi chiamano Mr. Tibbs!”
Ci sono state poi molte discussioni sulla parte femminile da “seduttrice” esercitata da Uhura, per molti versi stereotipata e per i canoni attuali forse sessista. Ma è sempre vero che la sua presenza ha aperto una porta per gli attori di colore nella televisione americana (e quindi, dicevamo, in tutto l’occidente) che, come diceva il dottor King, forse sarebbe altrimenti rimasta chiusa per chissà quanto ancora.
Ed una porta che del resto lo stesso franchise di Star Trek ha sempre provveduto a tenere spalancata, invitando molti altri attori di colore ad assumere ruoli da protagonisti ed anche ben prima di #MeToo e Black Lives Matter. Elenchiamo Michael Dorn (TNG), Avery Brooks (DS9), Tim Russ (VYG), Anthony Montgomery (ENT), Sonequa Martin-Green (DIS) e Tawny Newsome (LOW).
E il ruolo stesso di Uhura, ripensato con carisma da Zoe Saldana nella trilogia di J.J. Abrams, rimane sinonimo di emancipazione femminile ed etnica non come posizione conquistata ma data per assunta. Nel mondo di Star Trek, non passa a nessuno per la testa di considerare una donna nera inferiore o incapace rispetto a chiunque altro. E Nichelle Nichols simboleggia questo più di ogni altra cosa.