Si può dall’esterno comprendere cosa stiano provando davvero gli altri? No, assolutamente. Da fuori possiamo provare ad immaginare, ad immedesimarci, a capire cosa vediamo, ma appunto lo facciamo sempre fa fuori e quindi non possiamo addentrarci nei meandri dei sentimenti altrui.
Qui i ricordi iniziano a farsi strada tra la nostalgia e sono come pugnali che trafiggono il cuore.
“E i giorni restano, restano, restano, e tu non torni piú
E ho preso un sacco di stupidi lividi
Sopra la pelle, sotto la pelle, sotto alle stelle
E la voglia di, voglia di, voglia di
Voglia di andarmene via da qui
Per non vederti più dentro gli occhi blu
Di una sconosciuta che sta al posto tuo e che non sei tu
Che non sei tu“
Il tempo passa, l’amore non torna ed il dolore resta. E quindi si fa largo la voglia di scappare via, il più lontano possibile, per cercare di dimenticare, ma in realtà non possiamo fuggire da ciò che abbiamo dentro.
“E che ne sanno gli altri
Di quando ridevamo come matti
E che ne sanno gli altri
Di quando correvamo come pazzi
E che ne sanno gli altri
Degli occhi nostri mescolarsi e diventare tanti“
Un’altra scia di ricordi arriva, forse meno lunga di prima, ma sempre intrisa di immagini ben precise, che fanno benissimo mentre le si vive, ma malissimo mentre le si ricorda. E la fotografia più bella forse resta proprio quella degli occhi che si mescolano: proprio loro, lo specchio dell’anima, si incontrano e si fissano al punto da non riuscire più a rendere comprensibile dove finisce uno ed inizia l’altro.
Un po’ come accade quando due persone sono talmente in sintonia da apparire quasi una cosa sola. Ed a quel punto, quando una va via, per l’altra “ricomporsi” può essere davvero duro.
Continuate a seguirci su LaScimmiaSente