Dal 1 Luglio al 17 Agosto grazie a Lucky Red abbiamo l’occasione imperdibile di vedere (e rivedere) 5 grandi classici di animazione firmati Hayao Miyazaki su grande schermo. E tra questi, c’è forse il momento più alto nella cinematografia del maestro Miyazaki: La città incantata, presentato da Studio Ghibli all’alba del nuovo Millennio, nell’anno 2001. Di seguito vi lasciamo il calendario con tutti le date:
A Febbraio 2002 il film vince l’Orso d’oro al Festival internazionale del Cinema di Berlino. Si tratta per altro del primo film di animazione a ricevere il massimo riconoscimento alla Berlinale. Ed è solo il primo dei “record” e i “primati” registrati da questo capolavoro assoluto e senza tempo, destinato a incantare dopo il Giappone anche il pubblico europeo e l’Occidente intero.
Nel 2003, La città incantata di Miyazaki sarà il primo lungometraggio di produzione giapponese mai candidato agli Oscar nella categoria Miglior film di animazione. Oscar per altro vinto dallo stesso Miyazaki, che celebra così un momento storico. A distanza vent’anni, infatti, il suo primato resta invariato, già che gli Academy Awards non hanno mai premiato un altro Anime del Sol Levante.
Ma ora, dopo aver tracciato una minima prospettiva di natura storica, passiamo ad analizzare le ragioni di un successo senza precedenti, in grado di coinvolgere in modo assolutamente trasversale il pubblico, la stampa internazionale e la critica.
Nei primi anni 2000, il cinema di Miyazaki non si limita a varcare i confini del Giappone per conquistare il mondo. Il suo immaginario, la sua poetica e le particolari tecniche che distinguono il suo linguaggio audiovisivo, cambiano per sempre la Storia del Cinema, ispirano nuove generazioni di autori e mutano in modo radicale la nostra prospettiva sui film di animazione.
La differenza, che nel 2001 è ancora decisamente netta, tra cinema per adulti e film di animazioni per bambini viene letteralmente dissolta dalla visione di Hiyao Miyazaki, in particolare grazie a La città incantata. La sua struttura narrativa, le sue atmosfere e i temi evocati, dimostrano infatti come una protagonista bambina possa guidarci in un film fantastico ma anche profondamente allegorico.
La città incantata: Trama
La protagonista de La città incantata è Chihiro, una bambina di 10 anni costretta a seguire controvoglia i suoi genitori, che hanno deciso di trasferirsi da una grande città a un piccolo paese nella campagna giapponese. Un luogo immaginario, che porta il nome di un vero parco divertimenti della città di Tokyo e anche di un celebre resort giapponese, Tochinoki.
Mentre il papà di Chichiro guida con fare baldanzoso la sua nuova Audi lungo le strade di campagna, i tre perdono di vista la nuova casa. La famigliola si ritrova così a varcare un tunnel, per proseguire a piedi in quello che sembra un vecchio Luna Park abbandonato, uno dei tanti che anche nella realtà si trovano disseminati in tutto il Giappone.
Quando si trovano di fronte a un lauto banchetto, allestito in un ristorante apparentemente deserto, i genitori di Chihiro decidono di non chiedere permesso e iniziare felicemente a gozzovigliare. La bambina ha una strana sensazione, ma i genitori hanno deciso che potranno pagare tranquillamente in seguito, quando i proprietari del ristorante torneranno.
Si tratta di un errore fatale. La strega Yubaba trasforma prontamente l’uomo e la donna in due maiali. A Chihiro non resta che implorare la cattivissima strega per un contratto di lavoro, iniziando così la sua avventura in questa dimensione parallela, che non è un parco divertimenti ma un antichissimo centro termale, riservato non agli umani ma agli spiriti e ai demoni, che siano buoni o cattivi.
L’aiuto di Haku, un bambino dalla natura misteriosa, si rivelerà essenziale perché Chihiro sopravviva e impari le regole di questa delirante nuova dimensione, intenzionata a salvare i suoi genitori, ritrasformarli in essere umani e riportarli nel nostro caro vecchio mondo.
La città incantata : Perché l’anime di Hayao Miyazaki è un capolavoro assoluto e senza tempo
“Non sono io che faccio il film. Il film prende vita da solo e io non posso fare altro che seguirlo”. In questa celebre affermazione di Hayao Miyazaki c’è forse il cuore pulsante del suo cinema, nonché il segreto del suo potere di attrazione, in grado di emozionare generazioni di spettatori, in barba alle differenza nazionali, lo spazio e il tempo.
La sua è un’idea di cinema universale, strutturato su vari livelli di interpretazione, perché trasmetta le stesse riflessioni e insieme le stesse sensazioni a spettatori di età diverse, ma soprattutto persone nate e cresciute in paesi e culture diverse, lontanissimi per mentalità e formazione.
Le parabole illustrate dal maestro Miyazaki sono tutte incentrare sul superamento del confine tra corpo e anima, emotività e intelletto, spiritualità e raziocinio. Ma soprattutto, raccontano quanto sia forzata e perfino violenta l’idea che esista una sensibilità, un immaginario e di conseguenza un cinema adeguato ai bambini, superato e abbandonato una volta diventati adulti.
I film di Hayao Miyazaki non hanno alcuna sceneggiatura.
Uno dei tratti che definiscono l’unicità del cinema di Miyazaki è l’assoluta assenza di una sceneggiatura. Altri autori nella Storia del Cinema hanno scelto di rifiutare l’idea di “sceneggiatura di ferro”, preferendo la strada dell’improvvisazione e di un continuo processo di riscrittura sul set. Ma nessuno come Miyazaki ha sperimentato e messo a punto un metodo del tutto alternativo alla scrittura.
In una celebre intervista a Midnight Eye ha descritto con precisione questo processo. “La storia quando iniziamo a lavorare al film non è mai pronta e finita. In genere non ho il tempo materiale per questo. La storia si sviluppa quando inizio a disegnare gli storyboard. La produzione inizia immediatamente dopo, mentre gli storyboard continuano il loro sviluppo.”
In questo procedimento, fondato sul predominio dell’immagine sulla parola, Miyazaki annulla la tradizionale idea di struttura narrativa, la divisione in atti, e costruisce anche una alternativa materiale alle convenzioni e le regole dell’industria cinematografica. In questa intuizione c’è l’unicità del suo cinema, che percepisce i propri film come autentiche creature viventi, dotate di un’anima e una volontà propria.
Dalla sua intuizioni visionarie nasce anche Studio Ghibli, esempio alternativo di una nuova casa di produzione, diversissima dagli standard giapponesi ma anche americani. Senza Studio Ghibli non esisterebbero neanche i film Pixar e tutta la nuova generazione delle serie e i film di animazione, non più destinati esclusivamente al pubblico infantile, ma in grado di esprimere un linguaggio universale.
La città incantata e il cinema di Miyazaki. Un messaggio universale di amicizia che supera differenze e confini.
Quando Miyazaki decide di adattare in un film di animazione il romanzo Il meraviglioso paese oltre la nebbia della scrittrice Sachiko Kashiwaba, aveva già annunciato il suo ritiro dalle scene. Il maestro aveva in effetti già firmato una lunga schiera di capolavori, da Nausicaa nella valle del vento del 1984 a La principessa Mononoke del 1997.
Il suo percorso artistico era iniziato già nei lontani anni ’50, aveva già rivoluzionato l’industria cinematografica giapponese con il suo Studio Ghibli, ma soprattutto sentiva di aver già esplorato tutti i temi fondamentali del suo immaginario, su tutti l’idea che l’anima dei bambini conservi la memoria storica delle generazioni precedenti.
Leggenda vuole che le fattezze di Chihiro siano ispirate alla figlia di una sua amica. Ma forse, Miyazaki ha scelto di tornare sui suoi passi non solo perché innamorato di quel romanzo fantastico, oppure perché voleva celebrare la bellezza di quel piccolo viso, appartenente a una bambina di 10 anni, raccontando le fantasie romantiche, i sogni e il coraggio delle piccole donne che si affacciano alla vita.
La città incantata sarà infatti il primo film in cui il maestro Miyazaki trova il perfetto equilibrio tra nuove tecnologie digitali e le sue amatissime, antiche, tradizionali tecniche di illustrazione e animazione, che appartengono in modo unico e specifico alla Storia dei Manga e gli Anime giapponesi.
Il film segna così l’incontro tra le tavole illustrate secondo le tecniche tradizionali, il sonoro implementato in Dolby Digital EX 6.1 e DTS-ES 6.1, ma soprattutto i software di computer grafica e le nuove opportunità offerte dalle nuove tecnologie di animazione digitale come Softimage.
Miyazaki con Studio Ghibli diventerà una influenza fondamentale per le case di produzione di tutto il mondo, nel pieno di quella che venne denominata come Rivoluzione digitale. Ovvero, il nuovo fondamentale punto di rottura nella Storia del Cinema, dopo l’avvento del sonoro nel 1927 e poi del colore a partire dagli anni ’50.
Mentre Miyazaki preserva le tecniche di illustrazione e animazione tradizionale nel nuovo Millennio, con La città incantata trova anche un nuovo vertice in quel messaggio universale che attraversa come un filo rosso la sua intera filmografia. Ovvero, l’idea che esistano affinità elettive, legami spirituali assoluti e insieme istantanei, pronti a superare le nostre idee di amicizia e amore romantico.
La profondità di questi legami supera anche qualunque genere di differenze. Sembra dirci Miyazaki, se Chihiro e Haku, due creature che non appartengono alla stessa specie, allo stesso mondo, possono incontrarsi, conoscersi, comprendersi, aiutarsi e perfino salvarsi più volte, anche noi esseri umani siamo perfettamente in grado di superare le differenze tra etnia, nazionalità e culture.
Hiyao Miyazaki: Dalla mitologia nipponica al messaggio pacifista, ecologista e femminista.
Potremmo continuare ancora per ore e ore a enucleare tutti gli elementi storici, concettuali, drammaturgici e filmici che rendono La città incantata un capolavoro assoluto e senza tempo, capace di cambiare il corso della Storia del Cinema e insieme emozionare ogni singolo spettatore nei decenni a venire.
Se Miyazki presenta La città incantata come la celebrazione dell’immaginazione, la fantasie e la volontà delle bambine, è lo stesso Toshio Suzuki, co-fondatore dello Studio Ghibli a definire il maestro come un autentico femminista, impegnato in ogni suo film a sostenere l’idea della parità tra i generi, la liberazione e l’emancipazione femminile.
Queste tematiche procedono di pari passo con quel messaggio universale di amicizia, incontro tra esseri umani, legati dalla sensibilità e dalla solidarietà oltre qualunque differenza di genere, etnia e cultura. Rompere il confine artificiale tra infanzia e età adulta per Miyazaki significa anche combattere qualunque genere di discriminazione, pregiudizi, la logica di prevaricazione e l’odio che ammalano il mondo.
Si tratta di un messaggio pacifista ma anche profondamente ecologista. L’armonia tra le anime, gli esseri umani, non potrà mai essere restaurata se non si ferma anche lo scempio operato sui panorami naturali, la distruzione delle risorse del pianeta in nome di un’ingordigia stolta e cieca come quella dei “cattivi” del cinema di Hiyao Miyazaki.
Incredibilmente, ne La città incantata non solo si incontrano le emozioni, il divertimento sfrenato con questa miriade di riflessioni filosofiche e politiche, capaci di spaziare letteralmente dalla vita alla morte alla natura e il ruolo degli esseri umani sulla terra.
Tra gli elementi che rendono l’Anime di Miyazaki un capolavoro unico, irripetibile e senza tempo, c’è il messaggio ma anche il linguaggio audiovisivo che diventa universale. In teoria, il film è intessuto di riferimenti alla mitologia, l’epica e le leggende che appartengono in modo specifico alla Storia del Sol Levante.
Eppure, se pure noi spettatori non sappiamo assolutamente nulla di yokai, spiriti e demoni nipponici, se non conosciamo le leggende legate alle streghe oppure dei draghi, e neppure del mito di Izanagi e Izanami, essenziale nel film come nella mitologia shintoista, la bellezza delle immagini, l’intensità delle emozioni e l’universalità del messaggio ci colpisce comunque forte e chiaro.
Dal 1 Luglio al 17 Agosto La città incantata torna nei cinema d’Italia
Pochi film come La città incantata centrano allora la definizione di classico, per come è stata illustrata tanto tempo fa dal nostro Italo Calvino: una storia che “non ha mai finito quel che ha da dire”, come sapesse rigenerarsi attraverso spazio, tempo, generazioni e culture.
Non perdete l’occasione di vedere o rivedere questo imprescindibile classico contemporaneo con la magia del grande schermo. Saprà infatti rivelare ancora nuove sfumature, nuove implicazioni e una molteplicità apparentemente inesauribile di livelli di lettura.