Gli Imagine Dragons tornano con un indie che è decisamente troppo pop e colmo di sentimentalismi
Un passo falso per gli Imagine Dragons, band sulla scena da esattamente dieci anni, doveva arrivare prima o poi. Ed eccolo qui: questo Mercury Act 2, seconda parte di un progetto iniziato l’anno scorso con ben altre premesse, rivela una band finalmente stanca o incapace di proseguire con la decisione di un tempo.
Che si tratti di mancanza di idee pura e semplice, dell’ingresso in una nuova comfort zone fatta di ballad, sentimento, voce strozzata e arpeggi, o del tentativo di costruire un disco “profondo”, il risultato è lo stesso. In Mercury Act 2 tre canzoni di numero si salvano: Sharks, Blur e Sirens, quest’ultima l’unica con uno sprazzo di quell’antico e incisivo indie pop che la band faceva un tempo.
Vero che gli anni ’10 sono finiti, il revival anni ’80 è passato e così l’impulso delle band indie alla riscoperta di suoni passati e artificiosi. Vero anche che in tantissimi stanno rispolverando i generi acustici e analogici, le chitarre e gli strumenti. D’accordo, ma se è questo il punto si tratta di constatare come questo tipo di cambiamento non faccia per nulla gioco alla band di Las Vegas.