Nel 2014 Caparezzapubblica il suo sesto album, Museica, il cui terzo estratto è China Town, autentica lode che il rapper di Molfetta fa alla scrittura, definita più volte come la più grande invenzione della storia dell’uomo. In tutta la canzone l’artista pugliese mette a nudo le sue convinzioni sulla droga, al cui uso è contrario, sulla religione e su ciò che, in ogni caso, lo ha portato ad essere l’artista così verbalmente illuminato quale è.
Dal punto di vista musicale, China Town è decisamente diverso dai soliti lavori del Capa. Se infatti siamo abituati ad ascoltare brani rapidi, con me rime veloci, taglienti e dal ritmo frenetico, questa canzone è lenta, musicata quasi totalmente al pianoforte. Un’autentica ode che il rapper fa alla sua musa e che vuole omaggiare con un pezzo unico nel suo repertorio.
China Town: la spiegazione di un testo poetico e maestoso
Non è la fede che ha cambiato la mia vita ma l’inchiostro Che guida le mie dita, la mia mano, il polso Ancora mi scrivo addosso amore corrisposto Scoppiato di colpo come quando corri Boston Non è la droga a darmi la pelle d’oca ma Pensare a Mozart in mano la penna d’oca là Sullo scrittoio a disegnare quella nota FA la storia Senza disco, né video, né social
Capa iniza la sua ode mettendo bene in chiaro la sua posizione sulla fede religiosa. Cosa dalla quale è evidentemente lontano e che ha invece sostituito, nella sua forza salvifica e rafforzatrice, con la scrittura. Dopo aver fatto riferimento all’attentato del 15 aprile 2013 avvenuto durante la maratona di Boston, il rapper parla dell’altro grande tema che lui contrasta in ogni occasione: la droga. Michele Salvemini spiega come ciò che lo emoziona davvero fino alla pelle d’oca non è la droga, ma è pensare a grandi compositori come Mozart che scrivono i propri capolavori sullo scrittorio senza avere bisogno di video o social. Solo una penna.
Valium e Prozac non mi calmano Datemi un calamo O qualche penna su cui stampano Il nome di un farmaco Solo l’inchiostro cavalca il mio stato d’animo Chiamalo ipotalamo Lo immagino magico, tipo Dynamo
Caparezza proseguendo parla anche della sua anima agitata e complessa che non può essere messa a freno dai tranquillanti ma che trova la sua pace solamente scrivendo. Solo questo gesto può riuscire a generare in lui emozioni, risvegliare il suo ipotalamo, ovvero sia la componente del cervello dedita alla creatività. Nella sua poetica il rapper vede questa parte del corpo umano quasi come uno strumento magico, un qualcosa che si potrebbe vedere nello spettacolo di Dynamo, il celeberrimo illusionista.
Altro che Freud Ho un foglio bianco Per volare alto lo macchio Come l’ala di un Albatro Per la città della China Mi metto in viaggio (da bravo) Pellegrinaggio Ma non a Santiago Vado a China Town
Il riferimento a Freud è un allusione al fatto che il grande padre della psicanalisi facesse uso di cocaina in momenti complicati, cosa che Capa rifiuta categoricamente. A lui non serve la droga, lui ha un foglio sul quale scrivere per liberare la sua fantasia e librare in volo la sua mente mentre spiritualmente va verso la città della scrittura, in un personale e intimo cammino di Santiago.
Vago dagli Appennini alle Ande Nello zaino i miei pennini e le carte Dormo nella tenda come uno scout Scrivo appunti in un diario senza web layout (China Town) Il luogo non è molto distante L’inchiostro scorre al posto del sangue Basta una penna e rido come fa un clown
A volte la felicità costa meno di un pound
Nel ritornello Capa cita un racconto presente nel romanzo Cuore di Edmondo De Amici, Dagli Appennini alle Ande, che sta a indicare un lungo viaggio. Si tratta ovviamente di una traversata spiriturale e non fisica che il cantante fa verso la sua meta, patria della scrittura e che può raggiungere solamente scrivendo, a mano su un foglio di carta, senza dunque l’impaginazione propria di un PC. Caparezza ci spiega come per lui non sia un lungo viaggio arrivato al punto della vita nel quale ha più inchiostro che sangue nelle vene tanto è fondamentale per lui scrivere. Il solo poter porre una penna su un foglio lo rende felice come un clown e con una spesa minima, giusto quello che serve a comprare l’essenziale.
E’ China Town Il mio Gange, la mia terra santa, la mia Mecca Il prodigio che da voce a chi non parla A chi balbetta Una landa lontana Come un’amico di penna Dove torniamo bambini Come in un libro di Pennac Lì si coltiva la pazienza degli amanuensi L’inchiostro sa quante frasi nascondono i silenzi D’un tratto esplode come un crepitio di mortaretti Come i martelletti Dell’Olivetti Di Montanelli
Per Capa China Town è come il Gange (fiume indiano, sacro per gli indù), la Terra Santa (la Palestina, sacra per gli ebrei e per i cristiani), la Mecca (città dell’Arabia Saudita, sacra per gli islamici). Utilizza questi tre luoghi di culto per spiegare come, per venerare la scrittura, non ci esistono differenze. La sua meta spirituale è aperta a tutti, a prescindere dalla fede religiosa in cui si crede. Il Capa prosegue poi la sua ode spiegando come la scrittura riesce a dare voce a chi non parla o parla balbettando. Si tratta di un luogo che può apparire lontano come un amico di penna, nel qualesi può tornare bambini, come nel libro ’Signori Bambini’’ (Messieurs les enfants) di Daniel Pennac .
A China Town ci vuole pazienza, come quella degli amanuensi che trascrivevano a mano i manoscritti. La stessa pazienza che permette alla persone non in grado di esprimere i propri disagi interiori di farlo sulla carta. Quel silenzio ingombrante che appesantisce l’anima d’improvviso esplode dunque come un fuoco d’artificio, in un rumore simile ai tasti della Lettera 22, la celebrrima macchina da scrivere prodotta dalla Olivetti, fedele compagna di Indro Montanelli.
Le canne a punta cariche di nero fumo Il vizio Di chi stende il papiro Come uno scriba egizio Questo pezzo lo scrivo ma parla chiaro Nell’inchiostro mi confondo Tipo caccia al calamaro Sono Colombo In pena Che se la rema Nell’attesa Di un attracco Nell’arena Salto la cena Scende la sera Penna a sfera
Sulla pergamena
Ma non vado per l’America Sono diretto a China Town
Capa all’inizio della strofa illustra il suo rifiuto per la guerra. Come infatti gli altri utilizzano le armi per combattere lui usa le penne, cariche d’inchiostro. Questo è per lui un vero e proprio vizio, come quello degli scriba egizi che stendevano in papiro per scriverci sopra. Andando avanti il Capa parla anche dell’altra faccia della scrittura, ovvero sia la possibilità che dona di riuscire a parlare nascondendosi. China Town è infatti una canzone scritta e chiara, ma tuttavia lui riesce a nascondersi dietro alle parole, come fanno i calamari quando macchiano l’acqua con il loro inchiostro per confondersi e fuggire.
Il rapper per far capire il suo stato d’animo e il suo rapporto intimo e unico con la scrittura si paragona a Cristoforo Colombo che navigando, cercava smanioso un punto d’attracco. Allo stesso modo l’artista pugliese si immerge così tanto nella scrittura da dimenticare anche di mangiare, arrivando fino a sera con la sua penna in mano. Ma lui non cerca un nuovo continente come il navigatore genovese, lui cerca la sua meta spirituale.
È con l’inchiostro Che ho composto Ogni mio testo Ho dato un nuovo volto A questi capelli da Billy Preston Il prossimo concerto Spero che arrivi presto Entro sudato nel furgone Osservo il palco spento
Lo lascio lì dov’è Dal finestrino il film è surreale Da Luis Buñuel
Arrivo in hotel La stanza si accende E’ quasi mattino C’è sempre una penna sul comodino
Capa nell’ultima stofa infine parla ancora più intimamente di sè. Di come abbia usato la scrittura per ogni suo lavoro, di come questa arte abbia permesso a dare senso alla sua vita e ai suoi capelli così simili a quelli di Billy Preston, musicista e cantante statunitense che ha collaborato con i grandi della seconda metà del XX secolo.
Conclude il suo viaggio interiore immaginandosi il prossimo concerto, al termine del quale, dopo essersi idealmente trovato in una scena che ritrae il palco e che parrebbe uscire fuori da un film surrealista di Bunuel, si ritrova in albergo, a tarda notte. Lì non potrà fare altro che continuare a rifornire la sua linfa vitale nell’unico modo che conosce: scrivere.
Cosa ne pensate di questa nostra analisi di China Town? Quali canzoni di Caparezza preferite? Diteci la vostra nei commenti.