Fabrizio De André è stato uno dei più grandi (se non il più grande in assoluto) cantautori italiani. Faber ha tratto ispirazione dagli autori della chanson francese di quegli anni, come Jaques Brel ma soprattutto Georges Brassens, per creare una nuova traccia nella musica italiana.
De André ha saputo reinventarsi continuamente, esplorando musicalità folk, canzoni in dialetto, uno splendido concept album e molto altro, creando una parabola unica ancora oggi molto importante e da (ri)scoprire a 23 anni dalla sua morte.
Via del campo è sicuramente uno dei brani più celebri ed amati. La canzone, uscita nel 1967 in Vol.1 e poi in singolo nello stesso anno (non a caso insieme a Bocca di Rosa), ha come tema la prostituzione e l’idea di amore e sessualità del cantautore genovese.
Il brano, ambientato negli ambienti decisamente popolari (per non dire degradati) di Genova, innalzando la prostituta dalla figura e restituendole una dignità inaspettata.
Ecco il testo di Via del campo e il suo significato.
Via del Campo, c’è una graziosa…
Via del Campo, c’è una graziosa Gli occhi grandi color di foglia Tutta notte sta sulla soglia Vende a tutti la stessa rosa
Via del campo è una strada realmente esistente a Genova, nel quartiere di Prè. Si tratta di uno dei famosi carruggi genovesi, i vicoli che attraversano il centro storico della cittadina ligure.
Lì, sulla soglia della casa, De André ci racconta di una prostituta che attende tutta la notte, in attesa dell’arrivo dei clienti.
Via del Campo, c’è una bambina Con le labbra color rugiada Gli occhi grigi come la strada Nascon fiori dove cammina
Nella seconda strofa Faber parla di una bambina che vive in strada, molto probabilmente estremamente povera. Il verso finale, come nella strofa precedente in cui la donna vendeva la propria rosa (il proprio fiore più prezioso), ribalta il senso della strofa, che da un possibile pietismo verso la sua condizione di povertà vira verso ben altro.
Quel Nascon fiori dove cammina ridona nobiltà alla sua povertà, alla vita di strada, vista come autentica e “fertile”. Un’idea su cui Fabrizio De André torna più volte e a lui molto cara, contrapposta alla sterile vita contemporanea.
Via del Campo, c’è una puttana…
Via del Campo, c’è una puttana Gli occhi grandi color di foglia Se di amarla ti vien la voglia Basta prenderla per la mano
E ti sembra di andar lontano Lei ti guarda con un sorriso Non credevi che il paradiso Fosse solo lì al primo piano
De André torna sulla figura della prostituta, descrivendola romanticamente e senza usare termini che possano giudicare la donna ed il suo mestiere. Il cantautore genovese ha un’idea di amore libero, di un paradiso terreno fatto di materialità da raggiungere facilmente prendendo la mano della donna.
Faber, come spesso ha fatto racconta gli ultimi, i più poveri, nobilitandoli con termini poetici ed esaltandone l’autenticità immediata.
Via del Campo, ci va un illuso A pregarla di maritare A vederla salir le scale Fino a quando il balcone è chiuso
La figura dell’illuso, vero e proprio intruso in Via del Campo, arriva sul finale del brano. Si tratta di un uomo che non ha capito le “regole del gioco”, che si è innamorato di una donna che non può avere come moglie, in quanto libera (e nobile in quanto tale).
Ama e ridi se amor risponde Piangi forte se non ti sente Dai diamanti non nasce niente Dal letame nascono i fior Dai diamanti non nasce niente Dal letame nascono i fior
Nell’ultima strofa troviamo uno dei versi più forti della canzone (ma potremmo dire dell’intera produzione di Fabrizio De André). Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior da una chiara idea delle convinzioni di Faber sulla vita autentica della vita di strada, della fertilità di ciò che viene dal basso (il letame) in contrapposizione alle sterile ricchezza e allo sfarzo (i diamanti).
In questi ultimi versi il cantautore esplicita perfettamente questa sua idea, in una canzone che resta patrimonio della musica (e della letteratura) italiana del novecento.