Flume torna con un disco allo stato dell’arte per l’elettonica, ma che poco lo proietta in avanti sulla scena
Sembra un po’ una copertina di Captain Beefheart quella che ci introduce a Palaces, il nuovo disco dello schivo e carismatico produttore elettronico Flume. Quasi una cover che vuole anticipare l’ingresso in un mondo musicale anarchico, imprevedibile, strano e multicolore. Peccato, però, che sia un’impressione ampiamente sbagliata.
Intendiamoci: il lavoro di Flume è sempre di qualità e quando si parla di elettronica “indie” moderna, cioè fuori dalle file dell’EDM, il suo nome va sempre fatto a fianco di quelli di Bonobo, Four Tet, Toro y Moi, Caribou e via dicendo. Ma ciò non toglie che questo Palaces, nonostante l’aspettativa regalata di un disco dai toni accesi e fantasiosi, regali sostanzialmente quel che di norma ci si può aspettare da Flume.