Richard Benson: leggenda della chitarra o mito del trash? E perché non entrambi?

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Richard Benson lascia di certo dietro di sé più di un’unica eredità

Al cinema rimane famosa la sua apparizione nel film Maledetto il Giorno Che t’ho Incontrato di Carlo Verdone, in cui interpreta sé stesso. Nel frattempo la sua influenza si estende in direzioni inaspettate: bisogna infatti ricordare che tra i suoi allievi alla chitarra c’è in questo periodo anche Federico Paciotti, poi co-fondatore (e membro attuale) dei Gazosa.

Ed è al cambio di millennio che la figura di Richard inizia ad assumere connotati meno “seriosi” e più eccentrici, attirandogli via via l’attenzione di un tipo di pubblico molto diverso. Non più metallari curiosi di sapere la sua sul nuovo improponibile album di Steve Vai, ma giovani vagabondi del web in cerca di nuovi contenuti viral.

Tempo la metà degli anni ’10, e i suoi tormentoni diventano universalmente noti. Oggi citare “la betulla, la canfora, il fico sacro” equivale a dire “Martin Garrix 130” oppure “Ragazzi sono veramente euforico”. Questo l’ambito nel quale Richard viene riscoperto, arrivando però a vivere una inaspettata “seconda vita”.

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E di vite in realtà ne ha vissute tante il musicista inglese naturalizzato romano, nonostante i problemi di salute ed economici che in tarda età iniziano ad affliggerlo. Mentre quindi l’uomo si trasforma in leggenda, e la rete fa quello che decadi di onorata carriera non sono riuscite a fare, Richard diviene eroe ma anche poi martire dello spettacolo e dell’intrattenimento italiano.

Il paradosso che lo vuole ricordato per poche scenette trash e non per un’eccellenza musicale assoluta è lo stesso che paradossalmente lo salva dall’oblio e lo consegna ora alla storia. Se ne va quindi una figura titanica, che ha dato del suo meglio anche quando ha dato del suo “peggio”. E che ora tutto il pubblico, in toto, ricorderà con un affetto davvero speciale.

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