Caparezza – La Mia Parte Intollerante, testo e significato della canzone [VIDEO]

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La Mia Parte Intollerante è uno dei testi più potenti mai scritti da Caparezza. Ecco perché

La Mia Parte Intollerante, singolo di Caparezza del lontano 2006, non è forse una delle migliori canzoni mai scritte sul tema del bullismo. Si tratta infatti di un brano metaforico e complesso, come al solito colmo di metafore e allegorie, che rappresenta l’idea della rivalsa di un individuo debole in un mondo violento.

L’idea di una “parte intollerante” come di una personalità nascosta e celata che i soprusi portano ad emergere è quella che si lega alla poetica di Michele Salvemini, rappresentante qui più che mai degli ultimi e degli esclusi. Esploriamo il testo della canzone, per cercare di capire come questo avviene.

“3°B di un I.T.C.
Una classe di classici figli di…
Ho dubbi amletici tipici dei 16
Essere o non essere patetici?”

Partiamo subito con il contesto. Capa si immagina di essere un adolescente in una classe di un Istituto Tecnico Commerciale: il tipo di scuola generalmente destinato ai lavori più umili e meccanici e che, perciò, accoglie tipologie di persone molto poco intellettuali. In altri parole: “Figli di…”. Il protagonista, in quanto particolarmente acuto e “diverso da loro”, viene regolarmente ritenuto patetico.

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Vediamo qui tra le righe un classico esempio del sottile citazionismo di Caparezza: dubbi Amletici – essere o non essere… patetici. Nei versi successivi il personaggio descrive sé stesso come lo stereotipo del secchione, con occhiali spessi che, come sempre accade con i bulli, attirano naturalmente maltrattamenti quando non direttamente botte.

“Eh si, ho gli occhiali spessi, vedessi
Amici che spesso mi chiamano Nessy
Indefessi mi pressano come uno stencil
Bud Spencer e Terence Hill“

“Repressi con grossi limiti ma imbottiti di bicipiti
Da divi che invidi, vengono i brividi
Se per fare i fighi lasciano lividi”

Si espande il tema della violenza, che passa dalla mitizzazione di figure come quelle del mitico duo cinematografico italiano (tutto pugni e cazzotti) alla sua funzione come mezzo di autoaffermazione. Chi è inutilmente e continuamente violento, come i classici bulletti di scuola, lo è spesso nel disperato tentativo di nascondere le proprie stesse insicurezza.

Molto acuta la strofa successiva, che esclude il nostro da ogni giro di amicizia in questo ambiente in quanto nei suoi interessi non rientrano “pallone, figone e vesti buone”; potremmo aggiungere i motori, per essere completi. Il protagonista arriva a paragonarsi al Cyrano, figura mansueta e debole, e a Totò, che qui serve come metafora per indicare qualcuno che si attira le risate.

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“Non vivo di pallone, non parlo di figone
Non indosso vesti buone
Quindi sono fuori da ogni discussione”

“No, non mi conoscono ma tirano
Le loro nocche sul mio profilo da Cyrano
Se sei violento, tutti qua dentro ti stimano
Se sei mite, di te ridono come di Totò”

“Però chi è mansueto come me, sa che
Quando le palle si fanno cubiche
Come un kamikaze che si fa di sakè
Metto a fuoco intorno a me”

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