Tornano i Ministri con un nuovo album. Canzoni che raccolgono le riflessioni di due anni difficili.
I Ministri non hanno mai smesso di suonare e in questi anni di pandemia hanno continuato a scrivere e registrare musica. Nel 2021 hanno pubblicato l’EP Cronaca Nera e Musica Leggera. I 4 brani proposti nell’EP, in particolare il singolo Peggio di niente, gettavano le basi per un nuovo lavoro più completo e riflessivo intitolato Giuramenti.
Il titolo Giuramenti è da leggere come il proposito di consolidare il legame indissolubile tra i Ministri e la musica. Possiamo considerarla una rilettura in chiave adulta dei tre ragazzi che si ripetono il mantra “suoniamo per non lavorare mai”. L’album comprende circa 35 minuti di musica ed è composto da una scaletta di 9 canzoni.
L’approccio stilistico appare come un’evoluzione naturale dei Ministri di Fidatevi e Cultura Generale. La band alterna sapientemente le sonorità del rock alternativo con qualche sfumatura grunge e riff orecchiabili che ammiccano al pop. Fin dalle prime note si coglie l’esigenza e il desiderio dei Ministri di continuare a esibirsi sui palchi e di suonare dal vivo.
Il sentimento alla base del disco sembra voler portare l’ascoltatore dalla critica ruvida e cruda della società moderna (più evidente nell’EP che ha preceduto Giuramenti) a un’analisi introspettiva che a tratti sfocia nella disillusione. I Ministri hanno quarant’anni e dopo un biennio di complessità e separazione decidono di raccogliere le loro riflessioni in questo breve album.
I testi sembrano tutti connessi da una sottile linea di malinconia e amarezza, che lascia però qualche spiraglio alle speranze e a quel futuro che, in fondo, rimande pur sempre “una trappola”.
La copertina del disco segue la tradizione ormai consolidata, iniziata nel 2013 con Per un Passato Migliore, di inserire il disegno di un animale totem. Nel caso di Giuramenti la scelta è ricaduta sull’aquila.
Scatolette apre con una panoramica su rimpianti, sensi di colpa, paure e tentazioni.
L’album inizia con un pezzo lento, Scatolette è una ballad dal sapore amaro. Nel pezzo emerge la difficoltà di comunicare, in un mondo dove sembra impossibile separarsi dalla superficialità e dalla forza del denaro. “Al tuo progresso non c’è più rimedio” e adattarsi senza perdere pezzi d’animo è una sfida ogni giorno più ardua.
Alziamo il volume e laviamoci il cervello coi Documentari.
Il rock e le ritmiche sostenute e travolgenti dei Ministri fanno la loro comparsa nella seconda traccia intitolata Documentari. Dalla Cronaca Nera e Musica Leggera si cerca una via di fuga. Il lavaggio del cervello, la distrazione continua, riempire i buchi con qualcosa purché non ci faccia pensare. È questa l’unica soluzione possibile?
Non avere paura e non temere le Vipere del tuo cortile.
Un altro pezzo che si apre con la calma di un arpeggio e la voce di Divi che ci culla con parole amare e dirette. A tratti Vipere ricorda Una Palude, ma non ne raggiunge la forza comunicativa e l’originalità. Traspare un senso di impotenza e di rassegnazione che si conferma come sottotrama importante dell’intero album, ma forse possiamo salvarci insieme perché “siamo piccoli ma siamo tanti”.
Numeri è il primo singolo pubblicato per anticipare Giuramenti.
Piccoli imprenditori, dipendenti o ostaggi, l’aria è in esaurimento. Il mondo del lavoro, la ruota da criceto sulla quale spesso ci si ritrova senza neanche ricordare come si è arrivati lì. Numeri è però anche un grido di speranza e di resistenza al dolore. Siamo spesso causa dei nostri mali, ma non è troppo tardi per scendere in strada e far sentire la propria voce.
Esploratori racconta l’amore, i sogni, il viaggio e la paura del ritorno
“Il mondo finisce qui” e per quanto allontanarsi possa dare sollievo, alla fine tutto ritorna e il cerchio si chiude. C’è l’amore con le sue speranze, che non sempre si vedono realizzate. Esploratori forse è meno originale di altri pezzi dell’album, ma ha comunque un testo efficace e significativo.
Domani parti è un inno nostalgico perfettamente riuscito.
Una base d’altri tempi le cui sonorità trasmettono un sentimento di nostalgia sin dalla prima nota, ed ecco che parte uno dei brani meglio riusciti del disco: Domani parti. La disillusione è dipinta da scene di amara dolcezza e la semplicità del ritornello, che ruota intorno al titolo “domani parti, domani parti, di che cos’altro potrei parlarti”, è disarmante. I sogni e le ambizioni di giovani pieni di speranza finiscono per dissolversi nel triste inseguimento di “treni passati che rincorriamo invece che darci per vinti”.
L’amore emerge tra le note e il ritmo di Ci eravamo detto.
E poi arriva un pezzo quasi romantico, che trasforma per un attimo i Ministri in una versione old dei Pinguini Tattici Nucleari. Ci eravamo detti è un classico pop-rock sull’amore che cerca, forse con un pizzico di furbizia, di strappare una lacrimuccia a chi esce da una relazione.
Arcipelaghi riprende viaggio, illusione e speranza con toni leggermente diversi.
Il disco ha pochi e solidi concetti di base e per questo verso la fine tende a diventare un po’ ripetitivo. Arcipelaghi è orecchiabile, ma non fa breccia nel cuore dell’ascoltatore, forse proprio perché quasi tutto quel che dice è già stato toccato e sviluppato nei testi dei brani precedenti.
Comete chiude con dolcezza un disco imperfetto ma di valore.
“Amare è un talento, potrei non averlo. Potrei fallire facendo del mio meglio”. In Comete, i Ministri trovano la conclusione con la delicatezza necessaria. Toccano le corde giuste e danno un ultimo colpo all’anima di chi si sente come le “comete che volano basse”. Il pezzo si apre lento e va in crescendo con delle gradevoli parentesi strumentali dove la band ci ricorda alcuni dei punti di forza dei dischi precedenti. Si giunge poi agli ultimi secondi, dove un semplice giro di accordi di chitarra permette alla band di congedarsi con leggerezza dagli ascoltatori.