Strofe: Roberto Vecchioni – Luci a San Siro, il significato della canzone

Luci a San Siro è probabilmente il più grande successo di Roberto Vecchioni, che racconta il difficile rapporto tra musicista e pubblico.

Roberto Vecchioni; Luci a San Siro
Roberto Vecchioni - CREDITS: Flickr/Andrea Sartorati
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Roberto Vecchioni è uno dei cantautori più influenti nella scena italiana. Il professore milanese, anche se spesso meno citato di altri colleghi, ha attraversato 6 decenni di musica, portando la sua grande cultura nella musica.

Luci a San Siro è senza dubbio la sua canzone più nota, spesso conosciuta anche da chi di cantautorato non è nemmeno troppo appassionato. Un motivo è sicuramente l’iconica scena di Tre uomini e una gamba e la visibile commozione di Giovanni alle note e alle parole di Vecchioni.

Il brano, oltre ad un’ode alla propria città (e al quartiere di San Siro) è una risposta alle critiche (e al tempo stesso una critica) di quegli anni sui cantautori, e in generale sui cantanti, spesso non più giovanissimi, che continuano a cantare di amori inventati (e “da buoncostume”) per compiacere il proprio pubblico.

Vecchioni si difende da queste accuse, ricordando il proprio amore giovanile nelle notti milanesi e un tempo, quello della gioventù, che provoca una forte nostalgia, ma che sa che non potrà mai tornare.

Il testo originale sarebbe dovuto essere molto più esplicito, ma venne censurato per il linguaggio troppo colorito, con chiari riferimenti alla prostituzione e ad atti sessuali considerati troppo scabrosi per il tempo. Ecco il testo di Luci a San Siro e il suo significato.

Hanno ragione…

Hanno ragione, hanno ragione
mi han detto è vecchio tutto quello che lei fa
parli di donne da buoncostume
di questo han voglia se non l’ha capito già
Vecchioni inizia dando ragione alle critiche che abbiamo anticipato. Erano anni di forte subbuglio nel mondo musicale (e non solo), con le contestazioni sempre più forti ai concerti e un clima non certo disteso.
e che gli dico? guardi non posso
io quando ho amato, ho amato dentro gli occhi suoi
magari anche fra le sue braccia
ma ho sempre pianto per la sua felicità
Qui inizia a ricordare il proprio amore, fonte di ispirazione “sincera” secondo il cantautore, che si difende quindi dal giudizio di una parte di pubblico. Si tratterebbe della famosa Adriana, vicina di casa di cui Vecchioni fu innamorato in gioventù e con cui fu fidanzato per 4 anni.
Luci a San Siro di quella sera
che c’è di strano siamo stati tutti là
ricordi il gioco dentro la nebbia
tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là
Ma stai barando, tu stai gridando
così non vale è troppo facile così
trovarti, amarti, giocare il tempo
sull’erba morta con il freddo che fa qui
Questo è senza dubbio il verso più famoso (e spesso discusso) del brano. È soprattutto il riferimento a San Siro (il quartiere? Lo stadio? L’ippodromo? La montagnetta?) a non essere chiarissimo. Secondo alcuni si tratterebbe dello stadio, nel cui parcheggio andavano le coppie ad amoreggiare, lasciando le luci dell’auto accese per segnalarne la presenza.
Per altri sarebbe l’ippodromo, o ancora la collina. Resta un riferimento vago, di cui forse solo Vecchioni sa la vera origine (e la storia che, probabilmente, si cela dietro ad essa).

Il tempo scorre (anche per Vecchioni)

Roberto Vecchioni
Vecchioni in concerto a Verona nel 2011. CREDITS: Flickr/Andrea Sartorati
Ma il tempo emigra, mi han messo in mezzo
non son capace più di dire un solo no
ti vedo e a volte ti vorrei dire
ma questa gente intorno a noi che cosa fa
fa la mia vita, fa la tua vita
tanto doveva prima o poi finire lì
ridevi e forse avevi un fiore
non ti ho capita, non mi hai capito mai
Il tempo delle luci a San Siro qui finisce, ed inizia quello dell’età adulta, delle responsabilità, del cambiamento. Con esso finisce anche l’amore giovanile, tanto rimpianto dal cantante, tra le incomprensioni di un amore che termina troppo presto e che sarà oggetto di dolce ricordo (anche in altri brani).
Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni
che più ne scrivi più sei bravo e fai dané
tanto che importa a chi le ascolta
se lei c’è stata o non c’è stata e lei chi è
fatti pagare, fatti valere
più abbassi il capo e più ti dicono di sì
e se hai le mani sporche che importa
tienile chiuse nessuno lo saprà
Questa strofa è invece uno slancio critico verso l’industria musicale, verso i produttori che spingono per scrivere sempre di più, ma anche verso i cantanti “senza ispirazione” che scrivono solo per compiacere il pubblico su amori mai esistiti.
Milano mia portami via
fa tanto freddo e schifo e non ne posso più
facciamo un cambio prenditi pure quel po’ di soldi
quel po’ di celebrità
ma dammi indietro la mia seicento
i miei vent’anni ed una ragazza che tu sai
Qui la malinconia diventa dominante. Il desiderio, impossibile, di tornare “quelli di quei tempi là” (come cantava Guccini in Eskimo). È il rimpianto per l’amore vero perduto e per gli anni della spensieratezza, che fanno il posto al freddo e allo schifo di oggi.
Milano scusa stavo scherzando
luci a San Siro non ne accenderanno più
Subito dopo però, in chiusura del brano, si manifesta l’impossibilità di un ritorno ai tempi passati, con un perentorio “luci a San Siro non ne accenderanno più”, che spegne i giochi e riporta l’oscurità sul passato e le sue gioie.

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