Opera Buffa è uno dei grandi album di Francesco Guccini da riprendere subito in mano
Francesco Guccini è senza dubbio uno dei cantautori più importanti della storia della musica italiana. Con la sua voce unica e la sua capacità di spaziare dai toni seri a quelli scherzosi, la sua musica è stata (ed è ancora) amata da molte generazioni.
Nel corso della sua lunga carriera Guccini ha realizzato parecchi album di alto livello. Oggi vogliamo concentrarci su uno dei nostri preferiti: Opera buffa.
Nelle parole di Guccini, Opera buffa è “un disco nato per caso, ma non a caso. L’idea c’era da tempo, una specie di “altra faccia di…”, o fermare in un certo modo qualcuna di quelle serate “dal vivo”, col pubblico attore che parla e ride e io che gigioneggio, recito, mi diverto».
Un disco che ripropone i temi meno impegnati e più “leggeri” e comici, che spaziano dalla parodia e l’irriverenza alla canzone popolare. Un Guccini come raramente si era sentito, se non in alcuni brani dell’inizio carriera come L’antisociale, qui al suo meglio.
Si tratta di un album registrato perlopiù dal vivo, tra le serate al Folkstudio di Roma e l’Osteria delle Dame di Bologna. I brani sono stati registrati durante in live, ma sono poi state fatte delle sovraincisioni in studio successivamente.
Ecco una breve analisi di Opera buffa e delle sue canzoni, un ascolto imprescindibile per conoscere Francesco Guccini.
Oh, la stringo forte in una spastica carezza e nello spasimo una costola si spezza, ma che m’importa, poichè sono quasi un mito questo è il minimo tributo che una donna pagar dè… Sono fatale: olè!
L’album si apre con Il bello, un tango in cui Guccini prende di mira il bello da balera, in gran tiro e cavalcante la rombante Gilera. È un attacco ad un certo tipo di mascolinità fatale (oggi diremmo tossica), ai tombeur des femmes di periferia.
Narrate le gesta mirabolanti del nostro eroe della sala da ballo della provincia italiana, Guccini chiude la canzone con una freddura, mantenendo sempre il tono scherzoso che contraddistinguerà l’intero album.
2) Di mamme ce n’è una sola
Ero molto giovane, però, e… no, da questo periodo però viene tutta la mia conoscenza di canzoni di… direi, d’epoca. E anch’io ho concepito un certo periodo in cui ho scritto canzoni di questo genere. E’ stata una specie di crisi, no? E una di queste è una canzone che… così, direi, risolve un annoso problema, cioè quello che riguarda la mamma…
Di mamme ce n’è una sola(ma caro figliolo, di babbo uno solo non sempre ce n’è, come non mancherà di specificare Guccini) è una canzone che ridicolizza la classica canzone italiana sanremese, ed in particolare al suo prototipo, Son tutte belle le mamme del mondo di Giorgio Consolini.
Iniziano i commenti vocali di Guccini, a spezzare il ritmo musicale, che contraddistinguono tutto l’album. Le canzoni sono infatti spesso introdotte o commentate dal cantautore, come nell’estratto con cui abbiamo aperto il capitolo.
La canzone tratta in modo pietoso il sentimentalismo melancolico di quel tipo di canzone, dalla nostalgia per il proprio “casolare”, deridendo l’amore (che rischia di virare in un sentimento incestuoso) verso la madre.
3) La genesi
Una canzone molto più… più seria e più impegnata, oserei dire impegnatissima, una canzone che mi è stata ispirata, a me succede poche volte, però questa canzone mi è stata ispirata direttamente dall’alto.
Con La genesi Guccini entra nel campo della parodia. Si tratta infatti di una rilettura in chiave ironica (e divertentissima) della nascita del mondo secondo la religione cristiana. Il tema della religione è affrontato con grande ironia dal cantante, nella traccia più lunga dell’album, in cui alterna canzone e parlato.
Il brano è un condensato di cultura popolare, dall’Enel che viene chiamato per “fare la luce“, il “libretto rosso” scritto da Lucifero (in chiaro riferimento a quello di Mao) e la TV, dalla cui scossa nasce per caso l’universo.
E portarono al vecchio quello che c’ era rimasto… c’era un po’ di formaggio e due scatolette di Simmenthal, cioè lui li mise assieme e poi…