Il Mio Nome è Mai Più è il celebre singolo contro la guerra scritto nel 1999 da Lorenzo Jovanotti, Luciano Ligabue e Piero Pelù
Era il 17 giugno del 1999 ed un inedito trio – formato da Ligabue, Jovanotti e Piero Pelù, irruppe sulla scena musicale italiana, cantando “Il mio nome è mai più”. Il titolo, in apparenza così enigmatico, nascondeva un messaggio ben preciso. Il mio nome è mai più è l’equivalente della parola guerra, che sarebbe dovuta sparire dal nostro dizionario per non essere “mai più” pronunciata.
Ad ispirare il trio fu la guerra scoppiata nella ex Jugoslavia nel 1991 e durarono per circa un decennio, provocando dolore, morti, distruzione.
“Io non lo so chi c’ha ragione e chi no Se è una questione di etnia, di economia, Oppure solo pazzia: difficile saperlo. Quello che so è che non è fantasia E che nessuno c’ha ragione e così sia, E pochi mesi ad un giro di boa Per voi così moderno”
“C’era una volta la mia vita E c’era una volta la mia casa C’era una volta e voglio che sia ancora. E voglio il nome di chi si impegna A fare i conti con la propria vergogna. Dormite pure voi che avete ancora sogni, sogni, sogni”
Inizia così la celebre canzone. I tre artisti, quindi, hanno iniziato ponendosi dal lato delle “vittime” della guerra, che hanno visto i loro progetti volare via, la loro vita distrutta e che non hanno più la capacità neanche di sognare.
“Eccomi qua, seguivo gli ordini che ricevevo C’è stato un tempo in cui io credevo Che arruolandomi in aviazione Avrei girato il mondo E fatto bene alla mia gente E fatto qualcosa di importante. In fondo a me, a me piaceva volare…”
“C’era una volta un aeroplano Un militare americano C’era una volta il gioco di un bambino. E voglio i nomi di chi ha mentito Di chi ha parlato di una guerra giusta Io non le lancio più le vostre sante bombe, Bombe, bombe, bombe, bombe!”
Nella terza e nella quarta strofa, invece, i tre artisti cambiano prospettiva e si pongono dal punto di vista dei soldati invece. Ma non li reputano mai colpevoli, anzi. Parlano delle loro aspettative inattese, della loro volontà di servire il loro Paese tramutata poi in uno spargimento di sangue ed in una guerra che, forse, neanche loro reputano comunque giusta.
“Io dico si dico si può Sapere convivere è dura già, lo so. Ma per questo il compromesso è la strada del mio crescere. E dico si al dialogo Perché la pace è l’unica vittoria L’unico gesto in ogni senso Che dà un peso al nostro vivere, Vivere, vivere. Io dico si dico si può Cercare pace è l’unica vittoria L’unico gesto in ogni senso Che darà forza al nostro vivere.”
Quando i tre scrissero il brano, come abbiamo detto, era il 1999, quindi mancavano pochi mesi all’inizio del nuovo millennio, eppure la “cosiddetta società civile” faticava ad evolversi. In particolare, i tre fanno riferimento all’intervento militare della NATO. Nel 1999, infatti, si contavano ben 51 guerre che misero in ginocchio le popolazioni locali.
Il trio, però, conclude dicendo che la sua è una posizione del tutto apolitica, che vuole restare sempre “super partes” e non prendere alcuna “posizione di genere”.