A più di dieci anni di distanza, Skyrim continua ad essere il gigante dell’open world con il quale ogni nuovo gioco si deve confrontare
“Ehi tu, finalmente hai aperto gli occhi“. E così ha inizio, direbbe qualcuno. Parliamo ovviamente di Skyrim, il quinto gioco della saga Elder Scrolls portata avanti dalla osannata casa Bethesda. Un titolo che fin dalle premesse si preannuncia gigantesco, mastodontico, ambizioso e colossale. E lo è.
Prendendo il meglio dai capitoli precedenti della saga, in particolare Morrowind (2002) ed Oblivion (2006), il nuovo gioco, pubblicato nel 2011, espande la colossale lore fantasy della saga oltre ogni aspettativa. E la storia del (customizzato) protagonista, il Sangue di Drago, dell’Impero e di Ulfric Manto della Tempesta vi giocano solo una piccola parte.
Talmente immenso è il mondo di gioco, a cominciare dalla famosa e spaziosissima mappa, che le possibilità di azione sono pressoché infinite. In questo senso, Skyrim anticipa e fondamentalmente realizza per la prima volta e su scala così ampia l’idea di una realtà single player open world completamente immersiva, cosa che altri giochi (come The Witcher 3) faranno a questi livelli solo anni dopo.
Che cosa significa: significa che fin dai primi momenti di gioco si può scegliere di ignorare completamente la main quest e dedicarsi a qualunque attività possibile, costruendosi una propria carriera o anche una propria vita nei più svariati meandri dell’enorme regno e delle sue provincie.
A chi non è capitato di ritrovarsi improvvisamente trasformati in un lupo mannaro nel bel mezzo di un villaggio? O dispersi negli infiniti cubicoli labirintici di una antica città dei nani? E che dire del traumatico ed inaspettato risveglio nella catapecchia nel bel mezzo del nulla, intrappolati dalla terrificante Confraternita Oscura?
Ma c’è molto altro: dai combattimenti nei terribili e oscuri (per quanti tutti un po’ somiglianti) dungeon con i non morti draugr alle avventure ladresche con la Gilda dei Ladri (magari ai danni del buon vecchio Madesi); ma c’è anche chi preferisce avere una casa tutta sua, decorarla come si deve e magari adottare dei bambini e darsi alla vita quieta.
Un gioco diventato un cult per tutti i motivi possibili: giusti e sbagliati
Naturalmente i momenti “must” sono gli stessi per tutti: la scalata dei settemila gradini verso il rifugio dei misteriosi Barbagrigia, per esempio; o la permanenza nele miniere delle prigioni di Markarth. Insomma, di vicende da vivere ce ne sono davvero un’infinità e a tutt’oggi sorprende quanto e a che livello il gioco abbia da offrire.
Ma ad essere completamente onesti il successo e l’eredità di Skyrim, in quanto titolo videoludico di culto, non sono da ricercarsi solo ed esclusivamente nella sua riuscita come gioco open world. Perché sono tanti altri gli elementi caratteristici del titolo (e di altri prodotti Bethesda, come la saga di Fallout) ad aver conquistato i giocatori in modi del tutto particolare.
Non parliamo tanto degli ormai classici sistemi di esperienza, dagli alberi delle abilità ai metodi di equipaggiamento ed incanto delle armi e le migliori strategie per salire di livello. Ma di tutta una serie di motivi di gioco che, più “sottili” e meno eclatanti, non di meno con gli anni sono divenuti parte della cultura pop.
A partire dall’altra, classica citazione del gioco che tutti conoscono: “Un tempo anch’io ero un avventuriero, finché non mi sono beccato una freccia nel ginocchio“, ripetuta fino allo sfinimento da ogni guardia di ogni città. Ma vogliamo anche parlare di come, in mancanza di pozioni curative e di mana per gli incantesimi, spesse volte ci si ritrovi a trangugiare tutto il cibo disponibile (formaggio soprattutto) per recuperare HP?
O vogliamo parlare degli orsi, nemici famigerati e temibili, nel gioco, più degli stessi draghi? Per non dire dei numerosi e anche celebri bug e glitch, inevitabili in un lavoro tanto sproporzionato. Avete mai visto, in Skyrim, il cielo scambiarsi di posto con il mare? O i classici NPC che, senza alcuna ragione, iniziano ad ascendere al cielo di punto in bianco fino a scomparire alla vista? Noi sì.
E ci sono anche i difetti “previsti” in-game: il criticato combat system per esempio; le quasi inutili cavalcature; i dungeon fatti a stampino (ne parlavamo); insomma, un insieme gargantuesco di esperienze videoludiche fuse insieme e, con gli anni, diventate collettivamente oggetto di culto. Perché potrà essere invecchiato, potrà avere tutti i difetti del mondo ma diciamolo: nessun gioco è e sarà mai come Skyrim.
The Elder Scroll: Skyrim | Testato su PlayStation 4