The Witcher 3 è l’acclamatissimo titolo CD Projekt Red che ha reso il personaggio di Geralt un’icona del fantasy moderno
Sì, è proprio lui: Geralt di Rivia, lo strigo protagonista della beneamata saga di The Witcher. Armatura e spadone alla mano, capelli bianchi al vento e voce roca e impassibile, l’eroe strappato ai suoi affetti da bambino e cresciuto come cacciatore di mostri (a pagamento) è il protagonista anche di questo videogioco, come dei due precedenti: The Witcher 3, The Wild Hunt.
Perché parliamo proprio di questo? Perché si tratta del titolo che, più dei prequel, ha definitivamente messo la casa polacca CD Projekt Red “on the map” per quanto riguarda la produzione di videogiochi moderni e ambiziosi. Non a caso, in seguito, sempre loro si sono poi dedicati al mastodontico (e inizialmente purtroppo malriuscito) Cyberpunk 2077.
Riprendendo vicende e personaggi dal grande universo creato dallo scrittore Andrzej Sapkowski, ma spingendosi oltre la fine della saga letteraria, il gioco provvede ad esplorarne ulteriormente frammenti e motivi con un’accuratezza unica. A cominciare dalla natura open map del gameplay, che consente di esplorare interi regni e territori immensi in un’infinità di dettagli.
Nel gioco la guerra tra l’impero di Nilfgaard e i regni del nord prosegue, ma a Geralt come al solito importa poco; quello che per lui conta, ancora una volta, è ritrovare la sua preziosa Ciri, la ragazza dotata di straordinari poteri alla quale è legato da un misterioso e magico destino. In ballo ci potrebbe essere qualcosa di molto grosso, stavolta: infatti la Caccia Selvaggia si è scatenata e semina morte e distruzione.
Si tratta di grotteschi cavalieri provenienti da un’altra dimensione, che compaiono all’improvviso e uccidono quasi per diletto. Difficile, visto come diffondano freddo e ghiaccio in ogni apparizione, non vederci un parallelo con l’esercito degli estranei di Game of Thrones. Comunque, Geralt è deciso a risolvere il problema ma potrà farlo solo con l’aiuto di Ciri.
Per trovarla dovrà viaggiare tra grandi città in stile medievale e paludi abbadonate, castelli abitati da spettri e isole irraggiungibili, foreste grottesche e montagne innevate. Nella più fiera tradizione fantasy, scontrandosi con schiere di mostri repellenti, lo strigo si farà strada con armi e magie, tra maledizioni e scontri di inaudita violenza, fino a raggiungere il suo obiettivo.
I punti forti del gioco sono tanti, ma si deve partire sicuramente dalla fittissima trama di vicende, primarie e secondarie, tra le quali Geralt deve navigare. E sempre, facendosi guidare dalla bussola della sua morale, non si troverà di fronte ad un’unica scelta o a possibilità univoche. Ma, come nei libri (e nella serie), la sua onestà e il suo senso di giustizia saranno sempre messi a dura prova.
The Witcher 3 e le mille storie
In questo senso il racconto di The Witcher 3 si presenta come davvero completo, facendo vivere allo strigo avventure di ogni tipo. Indagini su omicidi o furti; persone o anche mostri in difficoltà da aiutare; torride storie d’amore (specie con le due storiche “fiamme”, Yennefer e Triss); tornei di carte, cacce al tesoro, intrighi politici; scambi di favori, imbrogli, inganni. Chi più ne ha, più ne metta.
Proprio da questa enorme trama composta da tantissime piccole storie di cui Geralt è il filo conduttore, emergono le vere dimensioni del gioco. Che non sono tanto quelle percorribili a piedi (o a cavallo del fedele Roach), bensì quelle che viaggiano sul filo di dialoghi e azioni che esplorano ogni estensione delle vicende umane possibile in un mondo come quello di The Witcher.
Ovviamente questo nulla toglie alla complessità di un gameplay che fa perno anche su equipaggiamento, esperienza, loot ed esplorazione, come ogni RPG che si rispetti. Tra un intrigo e l’altro, c’è sempre tempo per farsi largo in una caverna abbandonata, affrontare un grottesco vampiro, rubare il suo tesoro e magari, tornati in città, incassare la ricompensa per la sua taglia.
Nel mentre, Geralt si ritrova in mezzo ad una serie di vecchi amici, che possono sempre essere anche nemici e ai quali si deve affidare suo malgrado: immortale, potente, fortissimo sì; ma persino lui, da solo può poco o nulla. Rivediamo quindi Dandelion (Ranuncolo, Jaskier nella serie); Yennefer, di fatto co-protagonista per buona parte della storia; e naturalmente Ciri, che è anche giocabile.
Ma ricompaiono anche l’imperatore Emhyr van Emreys; la spia machiavellica Dijkstra; e i vecchi compagni strighi, a partire dal mentore storico di Geralt, Vesemir. Questi e tanti nuovi personaggi contribuiscono alla costruzione di un panorama multicolore e sfaccettato, che trova anche degna continuazione nella particolarità delle vicende esplorate nei due DLC: Hearts of Stone e Blood and Wine.
Per anni, The Witcher 3 è stato il gioco open world (“map”) fantasy per eccellenza, con grafiche eccezionali, realismo esasperato e motivi estremamente credibili quali elementi di pregio. Poco ancora oggi contano le critiche minoritarie rivolte al gioco, che spesso si concentrano sul combat system (povero, ma spesso ritenuto tale perché inutilmente paragonato ai Souls) e sul sistema di salvataggio.
Le vere potenzialità della saga comunque non stanno tanto nella piacevolezza di un gameplay seppur scorrevole e dalle infinite possibilità. Ma, come si diceva, nell’acume con il quale il mondo “umano” di gioco viene espanso ed esplorato, ripreso del resto con successo anche nell’omonima serie con Henry Cavill. Un prodotto quindi ancora oggi leggendario, di culto e amato da tutta l’ultima generazione di gamer.