Pavel Durov e il fratello Nikolai hanno fondato Telegram nel 2013
Oggi tutti o quasi usiamo Telegram: è una delle app di IM più diffuse assieme a WhatsApp. Quello che forse però in molti non sanno è che dietro la creazione del popolare servizio di messaggistica istantanea si cela una storia di resistenza e di ribellione; resistenza nei confronti, niente meno, che di Vladimir Putin.
Un personaggio che ha dimostrato e sta dimostrando ora più che mai tutte le peggiori sfaccettature dell’abuso di potere, politico e istituzionale. Lo sa bene Pavel Durov, nome fondamentale del panorama social media del paese. Proprio lui ha lanciato VK, il social network russo per eccellenza (il loro Facebook), che lo ha presto portato però ad incorrere nelle ire del dittatore russo.
VK ha reso Durov ricco, non come Zuckerberg ma sulla buona strada. Ma l’imprenditore ha deciso di mettere i bastoni tra le ruote al governo di Putin; che, a partire dal 2012, ha iniziato a chiedergli di chiudere i gruppi che organizzavano marce di protesta a Mosca e a Kiev, e a domandare la condivisione dei dati personali degli utenti.
Durov ha detto no e lo ha fatto nel momento (per lui) sbagliato. Nel 2014 è scoppiato il conflitto in Crimea, che fa da preludio all’attuale guerra. VK è stato acquisito da una società facente capo a Alisher Usmanov, un oligarca uzbeko grande alleato proprio di Putin. A quel punto Durov, assieme al fratello Nikolai, non ha potuto far altro che capire che aria tirava, e lasciare il paese.
Oggi è cittadino francese, vive nell’isola caraibica di Saint Kitts e Nevis e guida Telegram, la sua risposta alla censura russa in stile Putin. Infatti Durov è un convinto assertore della libertà di parola raggiungibile tramite la tecnologia; cosa fino a dieci o quindici anni fa ancora impossibile a farsi.
E nel contesto del più recente conflitto gli effetti in merito si sono visti, ma da ambo le parti. Durov ha infatti dichiarato di aver pensato di chiudere Telegram sia in Russia che in Ucraina, spaventato dalla possibilità di disinformazione e propaganda pro-russa diffusa sui vari canali. Canali che del resto, come sappiamo, anche qui hanno contribuito in gran parte alla crescita di complottismo e movimento no-vax.
Il paradosso è che Telegram viene visto spesso, proprio in virtù della sua struttura (niente algoritmi, niente pubblicità, canali gestiti da privati) come un “porto sicuro” per un’informazione libera. Cosa che però, come abbiamo visto, dal 2014 al 2022 ha assunto tutt’un altro significato: informazione libera significa, purtroppo, anche disinformazione libera.
Detto questo, Durov si erge ancora come simbolo di resistenza e di intolleranza nei confronti del regime (anche mediatico) imposto da Putin in Russia. Telegram è utilizzato da tutta la resistenza Ucraina, compreso Volodymyr Zelensky, per comunicare liberamente e a tutto il mondo ciò che sta accadendo nel paese per colpa, appunto lui, di Vladimir Putin.