La stagione cinematografica successiva al neorealismo ha costruito canoni completamente nuovi. Ci ha regalato autori che rappresentano dei cardini del nostro cinema. Tra questi possiamo ricordare pilastri come Liliana Cavani, Francesco Rosi, Pierpaolo Pasolini ed Elio Petri. Senza dimenticare i grandi registi di genere come Mario Bava, Lucio Fulci, Dario Argento e Sergio Leone. Non ultimi “chiudono la fila” i mostri sacri del cinema visionario e personale come Michelangelo Antonioni e Federico Fellini. Oltre ai nomi citati si deve obbligatoriamente inserire quello di Bernardo Bertolucci.
Bertolucci cresce a Parma nei primi anni ’50 con il desiderio di seguire le orme paterne e comporre poesie per vivere. La tendenza a uno stile lirico rimarrà nella sua sensibilità ed entrerà ampiamente nella sua produzione filmica. Decide di dedicarsi al cinema grazie alla collaborazione con l’amico Pierpaolo Pasolini.
Fine conoscitore dell’animo umano e della storia del nostro paese, Bertolucci era sempre alla ricerca di un cinema impegnato e insieme di stampo umanistico. Il suo stile raffinato e introspettivo strizza l’occhio al cinema d’oltralpe. Ha abbracciato tematiche universali espresse attraverso storie intime.
Non si può dimenticare quanto Bernardo Bertolucci abbia donato al cinema e quanto abbia influenzato le successive generazioni in patria e all’estero. Per questo abbiamo selezionato cinque opere fondamentali per comprendere il cinema dell’autore emiliano.
1) Il conformista, 1970
Commissionato dalla Paramount Pictures, allora nota in Italia come Mars Film, è tratto dall’omonimo capolavoro di Alberto Moravia. Quando ricevette la proposta, Bernardo Bertolucci non aveva ancora letto il romanzo. Scoprendone il potenziale in appena un mese scrisse la sceneggiatura de Il conformista.
Il noto attore francese Jean-Louis Trintignant viene scelto per interpretare l’ambiguo protagonista, Marcello Clerici, un insegnante di filosofia che nel 1938 decide di dare una svolta alla propria vita. Entra così a far parte della polizia politica fascista e lavora come spia allo scopo di reperire informazioni per il regime.
Attraverso dei flashback conosciamo il difficile passato del giovane Marcello, vittima di un tentativo di violenza sessuale. Quando gli viene commissionato un nuovo lavoro la sua morale si trova a un bivio. Deve uccidere un docente di filosofia, antifascista stabilitosi in Francia. Straziato dai dubbi, si reca con la moglie (Stefania Sandrelli) a Parigi, dove deciderà da che parte stare.
Il regista descrive il protagonista con perizia antropologica. Non abbandona mai il suo personaggio, sul quale è fissata la macchina da presa. Marcello è alla ricerca dell’eponimo conformismo. Afferma a più riprese di voler entrare in quella normalità che ha da sempre sognato, spezzata da un’infanzia anormale. Per farlo è disposto a compromettersi col regime.
La diegesi è illuminata dalla fotografia di Vittorio Storaro, che crea dei quadri di immane bellezza e simmetria. Viene messa in luce proprio la morale cieca del protagonista. Il ritmo, posato, descrive personaggi nella loro credibilità, non come mostri, ma umani, deboli e pronti al compromesso.
2) Ultimo tango a Parigi, 1972
Film che ha suscitato scandalo, elemento che ne ha sicuramente favorito la fama. Ultimo tango a Parigi contiene infatti scene ritenute all’epoca inaccettabili per il loro contenuto esplicito. Venne ritirato dalla Cassazione, che cercò senza successo di distruggerne tutte le copie.
La storia fu concepita da Bernardo Bertolucci come la rappresentazione di una sua fantasia sessuale. Racconta di due sconosciuti che intraprendono una relazione prevalentemente sessuale. Paul (Marlon Brando) e Jeanne (Maria Schneider) sono due personaggi disperati. Vagano per le strade di Parigi come anime in pena.
Entrambi trovano nuova linfa vitale nell’incontro reciproco. Ma il rapporto si esplica solo attraverso incontri sessuali dettati dalla trasgressione. Sembra essere questa la loro unica soluzione per sfuggire alla desolazione del mondo.
Il film, per quanto volutamente scabroso e anticonvenzionale, eccelle in ambito stilistico. Riesce in maniera poetica a rappresentare il “male di vivere”, non a caso situato a Parigi, di un personaggio allo sbando. Grazie a interpreti d’eccezione Bertolucci ci permette di conoscere il mondo attraverso il suo sguardo, disilluso e disincantato.
Grazie a primi piani serrati e un singolare attaccamento ai personaggi, l’opera riesce a penetrare all’interno delle loro esistenze. Il ritmo è posato e la narrazione è rarefatta, come se fossimo spettatori di un sogno, duro come la realtà.
3) Novecento, 1976
Novecento è un’opera colossale, della durata di 5 ore, che mette in scena la storia di una famiglia (e la lotta di classe) attraverso un intero secolo. L’idea di Bertolucci è quella di raccontare una storia dallo stile hollywoodiano, coniugandolo con il realismo socialista del cinema sovietico.
L’esperimento è decisamente riuscito, raccontando attraverso flashback la storia di Olmo e Alfredo, due uomini nati lo stesso giorno e cresciuti insieme, ma di diversa estrazione sociale. Il film seguirà le loro vite, filtrate attraverso la grande storia del secolo. Bertolucci si serve di un cast leggendario, con Robert De Niro, Gérard Depardieu, Burt Lancaster, Donald Sutherland, Aida Valli e Stefania Sandrelli.
Anche da qui si nota il respiro internazionale del progetto, che puntava a realizzare un’epopea moderna, un racconto popolare (fortemente influenzato dal clima del “compromesso storico” di Berlinguer) per raccontare la storia italiana attraverso quella dei protagonisti emiliani, a partire dalla ricostruzione del celebre quadro Il quarto stato.
Uno dei film più belli di Bernardo Bertolucci, un’opera colossale e fondamentale del cinema italiano.