Yellowjackets è una serie prodotta dalla Showtime Networks e scritta e ideata da Ashley Lyle e Bart Nickerson. La prima stagione, da poco rilasciata su Sky e NOW e passata piuttosto in sordina, racconta la tragedia della squadra femminile di calcio che da il titolo alla serie e dell’incidente aereo che le vede coinvolte.
Una serie brillante, intrigante con moltissime strizzate d’occhio a serie più celebri a cui non resterete indifferenti, anche grazie a una colonna sonora made in anni ’90 che riesumerà molti ricordi e le ottime prestazioni delle protagoniste, fra cui Christina Ricci e Juliette Lewis.
Yellowjackets: la trama
New Jersey, 1996. La squadra femminile di calcio delle Yellowjackets si qualifica per le nazionali e, sfruttando la possibilità di viaggiare con l’aereo privato di una di loro, parte alla volta di Seattle. Durante il volo l’aereo precipita nei boschi selvaggi e sterminati dell’Ontario. Le protagoniste sedicenni si ritrovano catapultate immediatamente in una realtà crudele e ostile, dove la sopravvivenza è l’unica priorità .
Già dai primi episodi è possibile riconoscere le personalità più dirompenti nel gruppo, le quali capiscono subito che prendere la leadership è fondamentale per le circostanze. Allo stesso tempo, grazie ai salti temporali presenti in tutti gli episodi, possiamo vedere le versioni adulte delle sopravvissute fare i conti con il futuro che le ha attese, dopo i 19 mesi trascorsi nella natura selvaggia.
Si percepisce infatti che se le quattro protagonista della storia devono fare i conti con i loro demoni personali (più o meno consapevoli di averli), la comunità si approccia a loro con quella morbosa curiosità che si riserva a chi rimane coinvolto in una storia della tinte fosche.
Rimane infatti un mistero costante, nella verticalizzazione della trama, quello che le protagoniste hanno passato, affrontando scelte primordiali per riuscire a sopravvivere a una foresta inclemente e un inverno che non intende favorirle in alcuna maniera.
Se Shouna si è adattata a una dimensione casalinga piuttosto piatta e banale, con un marito assente e una figlia detestabile, Taissa ha mantenuto il suo spirito competitivo affinato nei boschi. Ha bruciato i traguardi e raggiunto, una volta diventata adulta, obiettivi ragguardevoli, puntando niente meno che alla carriera politica.
Al contrario di Natalie, i cui demoni personali hanno avuto la meglio e che ha fatto avanti e indietro dalle cliniche per anni, tentando di riuscire a liberarsi di droghe e alcool.
All’inqueitante Misty va il premio resilienza, essendosi ritagliata una vita eccentrica e monotona allo stesso tempo, dove le sue morbose manie di controllo possono essere esercitate indisturbate.
Scoprire cosa è successo nei boschi e come hanno fatto a salvarsi le sopravvissute rimane il mistero di cui è intrisa la prima stagione di Yellowjackets, soprattutto contando gli elementi horror sparsi durante tutto il racconto.
La recensione
La prima stagione della serie si presenta immediatamente come accattivante e coinvolgente, avvalendosi di quegli inneschi narrativi tipici delle storie di sopravvivenza che richiedono scelte estreme. Le protagoniste giovani e ben raccontate portano nei boschi i loro bagagli emotivi e le loro insicurezze, e inevitabilmente devono fare i conti con le dinamiche tese create da quelle delle altre ragazze.
Proprio come i protagonisti di Lost le ragazze devono riuscire a sopravvivere destreggiandosi tra queste due dimensioni: quella feroce della natura più cruda e quella spirituale, che sembra voler impedire loro di lasciare quelle terre nemiche, in ogni modo.
Ognuna di loro leggerà questa realtà attraverso il filtro della propria personalità . Quella più razionale e concreta di Taissa rifiuterà ogni singolo episodio inquietante che capita a ognuna di loro, rifiutando che ci sia una seconda spiegazione che non preveda la suggestione e la suscettibilità del gruppo.
Una narrazione già vista, ma che funziona in maniera ottima
Ci sono anche molte atmosfere alla Il Signore delle mosche in Yellowjackets, tipiche di una storia che vede dei protagonisti adolescenti in balia delle loro emergenze ormonali, di una natura abbandonata e dell’urgenza di sopravvivere, che spingerà le protagoniste a compiere gesti estremi, mettendo da parte le regole della civiltà , pur di sopravvivere al giorno seguente.
Nota di merito per la scelta delle protagoniste, da una Christina Ricci sempre efficace, nei panni della frizzante e inquietante infermiera Misty che, da sfigata del gruppo, diventa membro essenziale durante la tragedia, essendo l’unica con conoscenze mediche valide.
Melanie Lynskey e la sua Shouna si sono appena portate a casa un Critic Choice Award bello fresco, per la sua interpretazione nella serie, avendo garantito al suo personaggio un’anima fintamente dimessa e banale, pronta a sfoderare (letteralmente) i coltelli, quando la necessità lo richiede.
Juliette Lewis risulta come sempre perfetta nel dare spessore a personaggi travagliati e complessi, in continua lotta con i propri demoni personali, come è già riuscita a fare in passato, con molti ruoli della sua carriera divenuti iconici.
La seconda stagione di Yellowjackets è doverosa e già in cantiere. Non vediamo l’ora di ricevere le risposte rimaste in sospeso nell’ultimo episodio dello show, dove la suspense accompagna risvolti decisamente inaspettati, sui destini delle quattro ragazze.