Horizon Forbidden West: un sequel importante e ambizioso | RECENSIONE

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Horizon Forbidden West si dimostra più che all’altezza del primo capitolo, Horizon Zero Dawn; e si spinge anche molto oltre

Le aspettative per Horizon Forbidden West, l’atteso seguito di Horizon Zero Dawn ad opera Guerrilla Games, erano davvero molto alte. E, per quanto ci riguarda, sono state pienamente soddisfatte. Le avventure di Aloy proseguono attraverso panorami mozzafiato, attraverso vicende avvincenti e toccando sempre temi importanti.

Confermate quindi le prime impressioni “a caldo” sul nuovo titolo della saga, che in effetti fin dai primi minuti di gioco si annuncia ambizioso, temerario persino, ma sempre deciso a riprendere tematiche e motivi da Zero Dawn. Gli elementi giusti vengono arricchiti ed esplorati ulteriormente, mentre nel suo complesso il gioco si rivela state-of-the-art e perfettamente moderno per il 2022.

Cerchiamo di capire quindi, al netto di un’esperienza (quasi) del tutto positiva, che cosa Forbidden West ha da offrire al gamer contemporaneo e perché merita di essere annoverato tra i migliori open world next gen e in circolazione. Ecco la nostra recensione ufficiale di Horizon Forbidden West.

Il gameplay

Partiamo col dire quello che tutti avranno già osservato: Horizon Forbidden West non è un gioco rivoluzionario. Non è groundbreaking. Non presenta dinamiche di gioco incredibili e, di fatto, non vi si ritrova nulla o quasi di originale rispetto ad altri titoli open world recenti quali Ghost of Tsushima.

Il punto è che quello che deve funzionare, funziona. La mappa è davvero ampia, le attività sono infinite, le missioni secondarie tantissime; Aloy può esplorare rovine, volare a cavallo di una macchina, studiare i modi migliori per potenziare le armi, aiutare frotte di persone in difficoltà o passare il tempo a giocare a Batosta Meccanica, un minigioco da tavolo in-game appassionante e basato sulla strategia.

Le parti migliori: i combattimenti con le macchine. Battaglie dalle molte possibilità, affidate all’iniziativa del player, alla sua astuzia, determinazione e capacità. L’introduzione degli stati elementali, la complessità dei comportamenti dei nemici e la varietà dell’ambiente creano contesti d’azione sempre diversi e coinvolgenti.

Il setting

Il gioco è ambientato nei territori degli odierni stati americani Utah, Nevada e California, attorno all’anno 3041. Come in Zero Dawn (ma molto di più) rivediamo molti monumenti realmente esistenti in un contesto post-apocalittico, come il Golden Gate di San Francisco. Particolarmente spettacolare è una Las Vegas futuristica ed olografica, osservabile anche da grande distanza.

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Come sempre la lore del gioco è espansa dai “punti dati”, registrazioni audio e testuali risalenti al passato, che giocano intorno alla narrazione dell’era dell’apocalisse e degli eventi immediatamente precedenti. Gli spettri tecnologici del mondo perduto ricorrono ovunque, dai “cadaveri” delle macchine di Faro alle scatole nere degli aerei militari da esse distrutti durante l’operazione Vittoria Eterna.

Però, a differenza di quanto avviene in Zero Dawn, qui Aloy non è più spettatrice passiva bensì fruitrice attiva di queste vestigia. Le macchine di mille anni prima non sono più solamente scheletri misteriosi a cui guardare con timore e misticismo; al contrario, sono risorse preziose da comprendere e di cui impossessarsi per agire sul presente.

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La trama e le tematiche

Le tematiche principali, già annunciate dai trailer vari, riguardano la distruzione del pianeta e la necessità, per l’umanità, di collaborare per evitarla. Dicasi: global warming; ma non solo. I conflitti interni alla tribù Tenakth ci riportano anche al tema della guerra e non sarebbe troppo sbagliato tracciare un parallelo con il conflitto contemporaneo in Ucraina (anche se ovviamente il gioco è uscito prima).

Aloy, in quanto erede di Elizabet Sobeck, è la persona giusta per diffondere una presa di coscienza globale e, con fermezza di carattere ed intenti, unire i popoli della Terra al di là delle loro differenze in modo da affrontare, tutti uniti, minacce apocalittiche. Che è esattamente, né più né meno e senza ormai spazio per alcuna retorica, ciò che sarebbe necessario fare nel mondo reale, proprio adesso.

In questo senso il gioco funziona benissimo nel rendere la gravità della situazione sul pianeta e la misura dell’idiozia alla base di divisioni ipocrite e superflue. Lo prova anche il miscuglio, di caratteri, culturale ma anche etnico, dei vari comprimari che Aloy riunisce attorno a sé in una vera e propria squadra che va a rappresentare la speranza ultima ed incrollabile della specie umana: quella di sopravvivere.

I personaggi

Un punto particolarmente forte del gioco risiede proprio nello spessore conferito ai personaggi, i comprimari di Aloy che la assecondano e la accompagnano nelle sue imprese. Non più solo “sidekick”, ma veri e propri individui con dubbi, risentimenti, obiezioni, debolezze e reazioni. Particolarmente pregevole la costruzione di Beta, la “sorella” di Aloy; e quella della fredda ed astuta villain, Tilda van der Meer.

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Mentre i rapporti tra i personaggi lasciano spazio anche a momenti di amicizia (e amore), il legame che unisce i protagonisti vuole simbolizzare l’idea di un’umanità, come si diceva poc’anzi, davvero unita; negli intenti, se non politicamente o a livello sociale. Nonostante le loro differenze, Erend (un Oseram), Varl (un Nora), Kotallo (un Tenakth), Zo (una Utaru) e Alva (una Quen) agiscono tutti insieme.

Caso a parte, e sempre molto interessante, quello dell’enigmatico e machiavellico Sylens, che sembra sempre un passo avanti ad Aloy e a tutti quanti. Qual è davvero il suo scopo finale? Intende davvero soltanto “aumentare la sua conoscenza”? In ogni caso per ora sembra aver deciso di stare dalla parte dei “buoni”; ma più in avanti quasi sicuramente avrà da rivelare altre sorprese.

I difetti

In definitiva, pur con i suoi limiti e al di là di ogni pretesa, Horizon Forbidden West si può dire un gioco sicuramente riuscito. Concludiamo segnalando alcune delle (poche) cose che per il momento non funzionano, o poco convincono. A partire ovviamente dai numerosi bug che, come in ogni grande produzione tripla A, ci si aspetta vengano risolti e corretti con le future patch.

Un altro aspetto forse poco esaltante del gioco sta forse negli infiniti dialoghi che è possibile intraprendere con ogni minimo ed insignificante personaggio secondario, il quale spesso procede a raccontare tutta la storia della sua famiglia in opzioni di conversazione davvero poco dinamiche e che nulla (o poco) hanno a che vedere con la trama.

Seguono altri piccoli difettucci come i “muri invisibili” (ancora, davvero, nel 2022?), il doppiaggio in italiano non sempre eccelso (solito problema di sync con i movimenti delle labbra) o le dinamiche di nuoto, esaltate al lancio ma davvero poco entusiasmanti. In conclusione però: tolti questi piccoli nei, Horizon Forbidden West ha tutto quello che serve per essere un gioco moderno, completo e riuscito.

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Horizon: Forbidden West | Testato su PlayStation 4

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VOTO
9.6
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Andrea Campana
Scrivo di musica, cultura, arte, spettacolo e cinema. Ho pubblicato su SentireAscoltare, OndaRock, Cinergie, Digressioni, Radio Càos, Rock and Metal in My Blood.
horizon-forbidden-west-recensione-scimmiaHorizon Forbidden West prende tutto ciò che aveva il predecessore e lo porta all'ennesimo livello. La trama parla di un problema attualissimo e lo fa circondata da un ambiente di gioco incredibile, raccontato tramite i riti e le usanze delle varie tribù. Il non plus ultra di questo genere di open world.