Il sergente Yuen (Chow Yun-fat), soprannominato “Tequila”, sta conducendo un’importante indagine su un traffico di armi. Durante un tentativo di arresto presso una casa del tè, il collega Benny (Bowie Lam) perde la vita e Yuen intende vendicarlo. Gettandosi a capofitto nell’indagine, “Tequila” fa la conoscenza di un ambiguo membro della triade (Tony Leung)…
Risulta difficile stabilire il miglior lavoro di uno dei più grandi maestri dell’azione orientale. Infatti, prima di imbarcarsi in produzioni non sempre brillanti negli Stati Uniti, John Woo ha saputo conferire diverse sfumature al genere. Per esempio, The Killer (1989) è un action noir, mentre Bullet in the Head (1990) un action bellico con marcati tratti psicologici.
Hard Boiled, poliziesco d’azione, vanta l’interpretazione di due figure preminenti del cinema di Hong Kong: Chow Yun-fat e Tony Leung. Il primo, apparso in diversi film di John Woo, è un’icona del cinema d’azione orientale, grazie anche al regista Ringo Lam (ricordiamo City on Fire, 1987). Il secondo, invece, ha acquisito fama mondiale grazie soprattutto al regista Wong Kar-wai, in particolare per In the Mood for Love (2000). Occorre menzionare anche Anthony Wong, altro attore pluripremiato in patria.
La grandezza di Hard Boiled deve poi molto allo stile di John Woo, Leone d’oro alla carriera nel 2010. Da sempre attento all’eleganza dell’azione e mai scadente nel trash, il regista ha raggiunto l’apice nella sequenza all’ospedale. Al suo interno è presente una sparatoria filmata in long take per un totale di 2 minuti e 49 secondi. Si tratta di una delle scene più lunghe fino ad allora mai girate senza stacchi nel cinema d’azione.
06) Once Upon a Time in China (1991) – Tsui Hark
Foshan, fine Ottocento. La situazione diviene tesa non appena alcuni marinai inglesi, credendo erroneamente di essere attaccati, fanno fuoco sul pubblico di una manifestazione. Spetta quindi al maestro di arti marziali Wong Fei-hung (Jet Li) l’arduo compito di contenere i colonizzatori. Intanto, però, la criminalità dilaga e un nuovo minaccioso combattente (Shi-kwan Yen) fa il suo ingresso nel villaggio…
Once Upon a Time in China è il capostipite di una fortunata saga di arti marziali proveniente da Hong Kong. Come suggerisce il titolo originale, Wong Fei-hung, essa è ispirata alla vita del medico e artista marziale omonimo (1847-1925). Si tratta di una eroe folklorico cinese realmente esistito, che, come Ip Man, gode di grande popolarità per la sua strenua difesa dei più deboli. Si sa però ben poco sulla vita, ma il film in esame ne offre un ritratto più solenne rispetto alla caricatura fornita da Jackie Chan in Drunken Master.
Il personaggio è interpretato da Jet Li, che grazie alla serie ha potuto ottenere la fama internazionale, che lo ha portato anche a Hollywood. L’incredibile abilità dell’attore nell’Hung Gar, uno stile del kung fu, ne ha fatto presenza fissa della saga, a eccezione dei capitoli 4 e 5. Tra il 1991 e il 1997, infatti, il franchise di Once Upon a Time in China vanta 6 film (tra i registi figura anche il compianto Benny Chan) e una serie televisiva.
Tsui Hark, anche scrittore e produttore della maggior parte dei capitoli, crea peculiari coreografie di combattimenti spettacolari. Le due sequenze più suggestive dirette dal regista sono senza dubbio l’assalto iniziale e il combattimento di Wong contro “Iron Vest” Yim. Nel primo, Jet Li deve combattere contro diversi nemici armati di lance, mentre nel secondo rimane indimenticabile la parte sulle scale a pioli.
07) Hero (2002) – Zhang Yimou
Nel Periodo degli Stati Combattenti (453 a.C.-221 a.C.), la Cina è divisa in 7 regni in guerra tra loro. Il sovrano del regno di Qin (Daoming Chen) intende ottenere il comando di tutti gli altri e perciò è spesso vittima di attentati. A causa di ciò, il reggente risiede in un palazzo ampio e vuoto. L’enigmatico Senza Nome (Jet Li), però, riesce a ottenere un incontro ravvicinato con il sovrano…
Dopo diversi drammi storici, il regista Zhang Yimou si cimenta con successo nel wuxia, rilanciato nel 2000 da La tigre e il dragone (Ang Lee). Si tratta di un genere tipicamente cinese, paragonabile al “cappa e spada” ma avente come protagonisti eroi folkloristici della cultura nazionale. Il grande successo del film, nominato anche all’Oscar al miglior film straniero, portò il regista a firmare ulteriori titoli, tra cui La foresta dei pugnali volanti (2004) e La città proibita (2006).
I cinque “eroi” del film sono Senza Nome, Neve Che Vola (Maggie Cheung), Spada Spezzata (Tony Leung), Luna (Zhang Ziyi) e Cielo (Donnie Yen). Hero raduna quindi un cast stellare, riconfermando Jet Li come icona del cinema d’azione orientale. Si tratta di un vero e proprio ritorno della cinematografia cinese ad un genere che a lungo era rimasto in vita soltanto grazie ai registi di Hong Kong.
Zhang Yimou crea delle suggestive composizioni cromatiche per alimentare il lato meditativo del film. Al nero associato all’intreccio principale si intrecciano più colori relativi ai vari capitoli della narrazione. Infatti, il rosso accompagna il primo racconto di Senza nome, il bianco e il marrone il secondo; il blu quello del re; il verde quello di Spada Spezzata. La convergenza al nero racchiude stilisticamente il concetto di tiānxià, secondo cui la Cina sarebbe stata unificata sotto un “unico cielo”. Esattamente come il desiderio del sovrano di Qin.
08) Ong-Bak – Nato per combattere (2003) – Prachya Pinkaew
Un gruppo di criminali di Bangkok ruba la testa della sacra statua di Buddha dal villaggio thailandese di Ban Nong Pradu. Gli abitanti cadono in disperazione per l’atto sacrilego commesso. Ma accorre in loro aiuto Ting (Tony Jaa), che si offre per viaggiare fino a Bangkok in modo da recuperare l’anatema. Ting è infatti l’unico del villaggio a conoscere l’arte del muay boran, da cui discende il muay thai…
Ong-Bak, che significa “testa mozzata”, in riferimento al sacrilegio iniziale inferto alla statua del Buddha. L’atto suggerisce il tema cardine del film, ossia la contrapposizione tra tradizione e modernità. Il villaggio, che raccoglie devoti abitanti cresciuti con valori sani e nella frugalità, è contrapposto agli eccessi e ai crimini di Bangkok. Ciò non significa che la modernità sia condannata, ma piuttosto che si sia dimenticata delle proprie origini, abbandonandosi unicamente agli aspetti peggiori del capitalismo.
Il personaggio di Ting è interpretato da Tony Jaa, nome molto importante nel cinema d’azione orientale. Grazie anche alla regia e alle straordinarie coreografie di Panna Rittikrai, Jaa ha dimostrato di saper padroneggiare il muay thai. Inoltre, la prestanza fisica dell’attore ha regalato momenti acrobatici veramente ipnotici. E come dimenticare i profondi occhi neri sempre glaciali in combattimento ma ricamati su un viso dall’aspetto fanciullesco.
Come anticipato, il regista Prachya Pinkaew riesce a realizzare una messa in scena spettacolare che non tradisce l’aspetto più profondo. Risultano emblematiche in tal senso due scene. Nella prima, Ting scappa da una banda che dà la caccia al compaesano George (Petchtai Wongkamlao) facendo parkour nelle centro di Bangkok. Nella seconda, Ting sconfigge diversi avversari in un incontro clandestino e viene investito da una pioggia di monete (il premio delle scommesse). Ecco che la sua innocenza deve scontrarsi con il materialismo mondano.