Marx Può Aspettare ha riportato un Marco Bellocchio in gran forma all’essenza più diaristica del proprio cinema: ed ecco che il maestro emiliano si riaffaccia anche in streaming, con il must Buongiorno Notte.
Per anni unico o quasi lavoro di Bellocchio ad aver goduto di una certa visibilità commerciale (anche grazie al fortunato “grande tema” di turno), il film del 2003 solleva una questione importante: quanto è tollerabile che il dramma storico e dunque collettivo sia piegato, riadattato e reso funzionale a un discorso intimista, dunque privato – che ribalti la dimensione di cronaca in favore (come sempre in Bellocchio) di un discorso di famiglie, memoria e generazioni?
Vicolo cieco: da I Pugni in Tasca in poi, per Bellocchio la Storia non è in fondo mai uscita dai corridoi e le cucine della casa paterna – e ancora lì si muove anche il sequestro Moro. Caposaldo anomalo della gloriosa New Italian Epic che nei 2000 andò a rimestare con violenza nel passato degli anni di piombo, e di cui rappresenta forse il contributo più singolare.
Ace Ventura: Missione Africa – Steve Oedekerk (1995)
Avanguardia pura del comico espressa nella griglia normativa del più commerciale dei format hollywoodiani. Il dittico di Ace Ventura non manca certo in visibilità, ma ogni occasione è buona per ripassarne il clamoroso secondo capitolo.
Missione Africa è il lavoro che ha spinto la plasticità fisica di Carrey a punti ma i più esplorati (anche per volontà dell’artista), sradicando la matrice di parodia-hardboiled del non eccezionale primo capitolo verso un baccanale di demenza e contorsioni al limite dell’umano.
Il risultato è la full Carrey experience, ovvero la cosa più vicina mai partorita a un cartoon di Tex Avery o Hanna & Barbera in carne ed ossa: espressione performativa di un corpo filmico in grado di piegare materialmente le leggi del buon gusto e del buon senso della commedia. Scene su scene impossibili da spiegare, che la macchina da presa sola sa riscoprire logiche nella loro assurdità.
Tutta la Vita Davanti – Paolo Virzì (2007)
Per quanto di precariato e disoccupazione si continui a straparlare, non sono molti i film italiani ad aver elaborato il tema da una prospettiva critica, se non tragica, rifiutando l’appoggio offerto dalla sdrammatizzazione monicelliana.
Tra i pochi ad aver affrontato a visto aperto il trauma generazionale della subalternità economica e lo spettro della povertà, senza o quasi cercare scorciatoie nella battuta di costume, c’è Palo Virzì; il suo Tutta La Vita Davanti ne resta uno dei lavori migliori, benedetto da un successo notevole già ai tempi dell’uscita, e da uno sforzo corale tra i più imponenti a memoria recente.
Tra le star, almeno due giovani nomi che nei quindici anni successivi si sarebbe imparato a conoscere bene: Elio Germano, vincitore quello stesso anno del suo primo David in Mio Fratello è Figlio Unico, e Michela Murgia, autrice del testo “rivelazione” alla base, cui ancora oggi deve la carriera.