I 13 Migliori Film del 2000 da vedere assolutamente [LISTA]

Il terzo millennio coincide con uno sviluppo tecnologico senza precedenti, cui il cinema non fa eccezione. Ecco 13 film senza tempo del 2000.

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5) Il gladiatore (2000), Ridley Scott

Il gladiatore (2000) - Ridley Scott
Russel Crow in Il gladiatore di Ridley Scott

Siamo nel 180 d.C. Il generale Massimo Decimo Meridio (Russel Crowe) conquista la fiducia dell’imperatore Marco Aurelio (Richard Harris) sconfiggendo i Marcomanni in Germania. Il sovrano decide quindi di designarlo come successore, in quanto il figlio naturale Commodo (Joaquin Phoenix) è ancora troppo giovane. Ma questi decide di ribellarsi alla decisione del padre…

Il gladiatore ha segnato il rilancio del kolossal hollywoodiano dopo il picco raggiunto dal genere tra gli anni Cinquanta e Sessanta. La produzione si è ispirata a numerosi dipinti e documenti storici per un’accurata ricostruzione archeologica delle location. A fronte di un budget di 103 milioni di dollari, il film ha saputo quadruplicare gli incassi, registrando un incredibile successo planetario. Inoltre, l’anno dopo, l’Oscar lo ha decretato come miglior film del 2000.

Russel Crowe, premiato con l’Oscar, è il protagonista di una vicenda che rievoca gli squilibri del controverso periodo imperiale romano. I meriti di un generale declassato a gladiatore da un potere corrotto si oppongono all’avidità imperiale di un individuo abietto. Ma di Commodo resta memorabile l’interpretazione di Joaquin Phoenix, meritevole di una candidatura all’Oscar. Da ricordare anche la partecipazione di Oliver Reed, morto di infarto durante le riprese; a lui è stato dedicato il film.

Stilisticamente, Ridley Scott abbonda con i campi lunghi e lunghissimi per calare lo spettatore nelle cupe atmosfere dell’Impero romano. Le scene d’azione, soprattutto con riguardo alla battaglia iniziale, risultano tuttora spettacolari. Il regista incontra poi anche la CGI per ultimare le scene del personaggio di Proximus, interpretato dallo scomparso Oliver Reed. Commenta il film una colonna sonora indimenticabile.

6) Memento (2000), Christopher Nolan

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Guy Pearce in Memento

Leonard Shelby (Guy Pierce) ha perso la moglie, stuprata e uccisa da due uomini incappucciati. Nonostante sia riuscito ad ucciderne uno, il secondo lo ha stordito con un colpo alla testa, causandogli un’amnesia anterograda. L’uomo non è capace di ricordare cose nuove per più di 15 minuti, e si serve dunque del proprio corpo ricoperto di tatuaggi e di post it per ricordarsi della sua missione, ovvero quella di ricercare l’uomo ancora in libertà.

Nel 2000, dopo il già discreto successo nell’ambiente dei festival di Following, il giovane Christopher Nolan si prepara a farsi conoscere a tutto il mondo con quello che rimane ancora oggi uno dei suoi migliori film. La storia originale di Memento, insieme ad un’eccellente interpretazione di Guy Pearce e alla regia già matura di Nolan ha reso il film un classico istantaneo, che regge il confronto con le produzioni successive del regista britannico.

In particolare è già evidente il particolare uso del tempo da parte di Nolan, che ha fatto della manipolazione spazio-temporale uno dei suoi marchi di fabbrica. Qui, all’origine del fenomeno, troviamo la freschezza di un film che si sviluppa come un enigma, di cui lo spettatore (tanto quanto il protagonista) è poco o nulla informato, giocando con il tempo e la conoscenza dei fatti.

Un secondo film di grande successo, anche grazie ad un montaggio di altissimo livello ed un soggetto, scritto dal fratello di Nolan, particolarmente originale e che già contiene una dichiarazione di intenti da parte del regista, che svilupperà sempre più le questioni estetiche e tematiche nei suoi film successivi.

[Fabio Menel]

7) Requiem for a Dream (2000), Darren Aronofsky

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Requiem for a Dream di Darren Aronofsky

New York. Harry e Tyrone (Jared Leto e Marlon Wayans) dipendenti dall’eroina puntano a rendersi autonomi, iniziando a commerciare al dettaglio eroina, insieme alla ragazza di Harry (Jennifer Connelly). Nel frattempo la madre di Harry viene invitata per apparire in TV, iniziando una dieta ferrea per dimagrire. Le cose, però, non andranno per il verso giusto…

Requiem for a Dream è il secondo film di Darren Aronofsky, autore di culto del nuovo millennio che deve la sua prima fortuna proprio a questo film. Il regista è abile nel costruire un film in cui più storie scorrono parallele, nel chiaro intento di mostrare come tutti noi siamo dipendenti da qualcosa, estendendo sempre più il confine del concetto di “drogato”.

Dai ragazzi dipendenti dall’eroina alla madre dipendente dalla TV (e ben presto dalle anfetamine per dimagrire prescritte dal medico) il passo è breve, suggerito spesso per immagini prima ancora che reso ancora più chiaro dai dialoghi. La caduta (fall), dopo l’ascesa del primo capitolo (summer) è inevitabile, fine ad arrivare al triste epilogo (winter).

Stilisticamente Aronofsky si serve di un montaggio frenetico, specialmente nelle sequenze che mostrano l’atto dell’assunzione delle rispettive “droghe”. I dettagli e i primissimi piani, velocissimi, di queste brevi sequenze hanno il risultato di mostrare la frenesia del momento, tanto quanto la sua ripetitività e ritualità.

[Fabio Menel]

8) In the Mood for Love (2000), Wong Kar-wai

Blossoms; In the mood for love
In the Mood for Love di Wong Kar-wai

Hong Kong, 1962. Chow Wo-Man (Tony Leung) si trasferisce in un nuovo appartamento. Esattamente lo stesso giorno si trasferisce nella casa accanto Su Li-Zhen (Maggie Cheung). Sconosciuti fino a quel momento, scopriranno dopo qualche tempo che i rispettivi coniugi sono fuggiti insieme. I due inizieranno a domandarsi cosa fare e, conoscendosi sempre più, nascerà una complicata storia d’amore.

In the Mood for Love è molto probabilmente il capolavoro di uno dei più grandi autori viventi, il cinese (ma operante ad Hong Kong) Wong Kar-wai. Il regista firma un film sentimentale, come del resto ci ha abituati fino ad ora, raccontando al tempo stesso la storia d’amore tra i superlativi Tony Leung e Maggie Cheung e un frammento molto importante della storia di Hong Kong.

Qui il regista raggiunge forse la perfezione, in un racconto dallo stile asciutto, essenziale e allo stesso tempo caldo e ricco di sentimento, senza scadere mai nel melenso. Una perfezione che si vede anche visivamente, dagli splendidi slow-motion ricchi di pathos ad un uso estremamente calibrato della macchina da presa, mai invasiva, ma sempre collocata nel punto giusto. Nota di merito anche alla splendida colonna sonora, dal tema originale alle canzoni di Nat King Cole.

In the Mood for Love è sicuramente, ancora oggi, uno dei film più belli di questo millennio, apprezzato e sempre più conosciuto anche dal pubblico occidentale grazie alla redistribuzione dei film di Wong Kar-wai nei cinema dello scorso anno. Un film magnetico, da cui è impossibile non restare infatuati, che vorremmo non finisse mai.

[Fabio Menel]

9) Battle Royale (2000), Kinji Fukasaku

Battle Royale (2000) - Kinji Fukasaku
Battle Royale di Kinji Fukusawa

In un futuro imprecisato di una nazione asiatica non meglio definita dilaga sempre di più la criminalità giovanile. Per impartire una disciplina più incisiva, le autorità hanno quindi varato il BR act. Secondo tale legge, il gruppo di studenti delle superiori sorteggiato a caso dovrà partecipare a una crudele lotta per la sopravvivenza…

Anni dopo aver innovato lo yakuza movie, Kinji Fukusaku firma uno dei blockbuster più violenti mai apparsi sul grande schermo. L’immortale soggetto di Battle Royale, spietato gioco mortale di “tutti contro tutti”, ha ispirato numerosissimi film e videogiochi. Oltre alla componente splatter, il coinvolgimento di più personaggi permette uno studio psicologico dei singoli individui, anche per motivarne le azioni nello svolgimento della competizione.

Il mondo distopico in cui è ambientato il film declina il tema dell’educazione. Da un lato, gli adulti, incapaci di dialogare con i più giovani, ritenuti irrecuperabili, li abbandonano indifesi alle insidie del mondo. Dall’altro, invece, i giovani rifiutano essi stessi un dialogo, cedendo alla propria impulsività pur di prestare ascolto ai più grandi. Oltre alla lotta generazionale, Battle Royale mostra i drammi sentimentali e relazionali tra i vari ragazzi e i propri fantasmi.

Kinji Fukusaku può dare libero sfogo al proprio stile violento, pur sempre mantenendo una certa classe e perizia tecnica. Il verde rigoglioso della vegetazione dell’isola teatro delle vicende è contrapposto alla morte portata dalla competizione. Ai claustrofobici campi lunghi e lunghissimi si oppongono piani più ravvicinati ai vari ragazzi. Da menzionare la partecipazione di Takeshi Kitano nel ruolo di Kitano: che sia un velato riferimento al controverso Takeshi’s Castle?

10) Yi Yi – e uno… e due… (2000), Edward Yang

Yi Yi - e uno… e due… (2000) - Edward Yang
Yi Yi di Edward Yang

La famiglia Jian appartiene al ceto medio della società taiwanese. Il matrimonio di uno dei membri, all’inizio del film, è la scintilla da cui parte l’intreccio del film, che riguarda i vari rapporti tra famiglia e persone esterne. Da storie sentimentali naufragate a società sul lastrico, Yi Yi cattura la quotidianità taiwanese attraverso tre generazioni.

Il film per certi versi condivide con Wong Kar-wai il racconto di una Taiwan sempre più sviluppata e occidentalizzata. Già in Taipei Story (1985) Edward Yang criticava il rigore del confucianesimo, mostrando personaggi eccessivamente ancorati alla tradizione. In Yi Yi, invece, l’attaccamento eccessivo alle consuetudini è presente nella sottotrama dell’azienda, che non intende aprirsi alle nuove frontiere tecnologiche.

Yi Yi racconta di una società in preda a un’angoscia esistenziale, comune per tutte le tre generazioni. Gli anziani sentono il peso della vecchiaia e rimpiangono i tempi andati. Gli adulti avvertono l’onere della responsabilità, sia in ambito lavorativo che sentimentale, non riuscendo a gestire i propri rapporti. Infine, i bambini avvertono il senso di competizione per ottenere il rispetto necessario a non essere più scherniti.

Il ritmo lento e ponderato è ripreso da uno stile altrettanto asciutto. Edward Yang realizza quasi solo inquadrature fisse e il fotografo Wei-han Yang incornicia i personaggi all’interno di muri o porte aperte. Lo spettatore preferisce scrutare di nascosto le vicende dei personaggi, per il terrore di potersi rispecchiare e provare gli stessi sentimenti. La solennità stilistica è innalzata dal una colonna sonora desunta dagli spartiti di Bach e Beethoven.