Pink Moon: la luna rosa e inarrivabile di Nick Drake
Era il 1972: un tempo molto diverso da oggi. Un tempo nel quale c’era spazio per eroi solitari e autentici come Nick Drake. Non che lui abbia mai voluto esserlo: era solo un cantante che, come tanti, cercava disperato rifugio nella sua musica. E che alla fine non ha purtroppo trovato, ma lasciandolo per fortuna comunque a molti di noi.
In gran parte ignorato dal pubblico e poco capito dai critici dell’epoca, nei suoi ultimi anni Drake ha smesso di esibirsi dal vivo e si è ritirato a vita privata, lasciandosi lentamente andare. Scomparso quasi nel silenzio, è stato riscoperto negli anni successivi con il suo ultimo album, il suo lascito: Pink Moon.
Quella metaforica luna rosa che, per gli ascoltatori moderni, è diventata simbolo e sinonimo di una musicalità unica. Elaborata tra il soul e il jazz, ma molto più essenziale in questo disco che nei due precedenti (Five Leaves Left, 1969; e Bryter Layter, 1971); una musica colma di emozioni, struggente poesia ed autentica sofferenza artistica che a chi ascolta giunge con un’onestà disarmante.
Lo provano le liriche, essenziali e dirette, della bellissima Road: “Puoi dire che il sole brilla se davvero vuoi / Io posso vedere la luna e sembra così chiara / Puoi prendere una strada che ti porti alle stelle, ora / Io posso prenderne una che mi faccia sopravvivere”. Drake canta con voce bassa e calda, quasi forzatamente calma, su melodie semplici ed incredibilmente coinvolgenti.
L’essenzialità degli arrangiamenti, quasi esclusivamente affidati ad un’unica chitarra acustica, fa da specchio alla necessità espressiva del cantante, di carattere a questo punto fragile e contemplativo al tempo stesso. Poche canzoni, meno di mezz’ora di album: un capolavoro dall’inizio alla fine. In sostanza, uno dei lavori musicali più umani ed intensi mai pubblicati.