Dario Argento: la Guida definitiva al cinema del maestro del brivido

In attesa dell'ultimo film del maestro Dario Argento, Occhiali Neri, dal 24 febbraio al cinema, ripercorriamo la storia del maestro del thriller.

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Profonde Tenebre Rosse

A distanza di sette anni l’uno dall’altro, con le due Matri a dividere, Dario Argento diede vita a Profondo Rosso e Tenebre. Il primo è storia. Al punto che in Giappone, Suspiria fu venduto col titolo di Profondo Rosso 2, sebbene si trovasse su altri lidi. Il secondo, invece, resta sempre fin troppo ai margini rispetto ad altri titoli del regista.

Eppure questi due titoli tornano ampiamente utili per mostrare l’uso della soggettiva e della cieca follia dell’assassino. Una firma autoriale e onirica mai vista prima d’ora nel genere giallo. Ma andiamo in ordine, rigorosamente cronologico.

In Profondo Rosso, vediamo molto rispetto il background dell’assassino. Anzi, lo vediamo in faccia sin da subito, perfettamente mimetizzato con lo sfondo. E ancora lo vediamo negli occhi, mentre si trucca con una matita nera. In una stanza altrettanto nera, buia, priva di luci. C’è un tavolo, ci sono bambole e biglie che la macchia da presa segue mentre rotolano. E infinte, pugnali e coltelli.

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il dettaglio dell’occhio durante la sequenza menzionata in Profondo Rosso

Messaggi subliminali, apparentemente slegati dalla narrazione, ma che colpiscono dritto al punto. Scene che restituiscono una sensazione di disagio, proprio grazie all’uso di una soggettiva che di fatto inaugura il film e anticipa il primo omicidio. Non di minor importanza i flashback che mostrano il locus amoenus della casa familiare, in pieno Natale, macchiarsi di un omicidio.

Proprio il flashback ci collega a Tenebre. Neanche il tempo di mettersi seduti che subito osserviamo i guanti neri dell’assassino sfogliare e leggere il libro che dà il titolo al film. Successivamente, con una fotografia sovraesposta (che caratterizza l’intero film a differenza del buio di Profondo Rosso), assisteremo ad un’altra semi soggettiva, dove Eva Robins si vendica di quello che si suppone essere l’assassino.

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Il tacco rosso della Robins in Tenebre

In una spiaggia, la Robins viene schiaffeggiata. Conseguentemente, circondata da aitanti giovani, infilerà un tacco a spillo nella sua bocca. Un incubo ricorrente nella mente dell’assassino, un rimosso che ritorna e che gli divorerà la psiche portandolo ad una cieca e inquietante follia omicida.

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Tenebre però ha il merito di una sequenza particolare, quella del duplice omicidio girata con una louma, una gru sulla quale viene montata la macchina da presa. Con il tema musicale del film, osserviamo un comunissimo palazzo dove c’è appena stato un litigio. Da lì, si torna sugli esterni, osservando con questo long take l’abitazione delle due future e inconsapevoli vittime.

Una soggettiva irreale che scavalca l’intera palazzina per poi fermarsi su una finestra con la serranda abbassata. E da lì, i famigerati guanti neri fuori campo che brandiscono delle tenaglie per forzare l’ingresso. Due minuti e venti secondi circa che culmineranno con un omicidio geniale nella sua costruzione.

L’assassino entra in campo con un solo braccio, nel momento esatto in cui la sventurata Mirella D’Angelo si sta cambiando una maglietta. Incastrata in essa, il killer squarcerà il bianco della maglietta, come una tela, per poi reciderle la gola.

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Mirella D’Angelo che incontra la morte in Tenebre

Ecco dunque un esempio fondamentale ed inquietante di come l’assassino si aggiri sempre come una presenza oscura. Una presenza che va oltre le leggi della fisica e dei fenomeni a noi percettibili, amplificando il senso di disagio nello spettatore.

Architetture d’Argento

Un’altra caratteristica dei film di Dario Argento è riscontrabile nei luoghi. Memorabili le architetture barocche di Suspiria, volutamente ingrandite per dare una dimensione più fiabesca al film. Ancor di più l’uso del quartiere liberty di Roma, Coppedè, così come l’autoritario piazzale CLN di Torino.

Luoghi che il cinema neorealista aveva ben delineato e reso familiare al pubblico di sala, come fa notare Pierpaolo De Sanctis in Argento Vivo. Tuttavia, Argento rimodella e distrugge questa familiarità, donandogli una caratteristica perturbante nel senso più freudiano del termine.

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Una decostruzione di immaginari, dunque, attraverso gli spazi comuni e riconoscibili da tutti. La casa, da sempre luogo di istituzione familiare e safe-zone, diventa un posto maledetto e stregato, anche nel senso più letterale del termine, andando a considerare Suspiria e Inferno.

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David Hemmings che scopre il macabro disegno in Profondo Rosso

È nella casa che si consuma la tragedia di Profondo Rosso, è nella casa chela salvezza da un dobermann che sembra posseduto è solamente apparente in Tenebre. Ed è sempre nella casa che si consumano i più efferati omicidi. Un posto dove si dovrebbe essere al sicuro che diventa il più temibile in assoluto.

La scelta di Dario Argento legata al voler decostruire certi canoni ed istituzioni rappresenta suo malgrado la soluzione a quella definita da Jean Baptiste Thoret “sindrome di Blow Up“, nel saggio ad egli dedicato nel 2002. “Non basta più vedere per comprendere, ora bisogna analizzare, decostruire” (trad. Roy Menarini in Argento Vivo).

Scrivere la Storia raccontando la Paura

La prolifica carriera di Dario Argento, nonostante qualche scivolone, resta comunque impressa nella storia. È stato detto molto sul suo cinema, ma forse non ancora abbastanza. Oltre ogni lettura possibile, la potenza dei film del regista romano, che tornerà con Occhiali Neri tra pochissimo tempo, è proprio quella legata al suo costruire opere d’arte mai banali nella loro costruzione.

Ogni visione permetterà di scoprire qualcosa di nuovo, di rileggere un suo film e magari ribaltarne un significato specifico o più generale. Anche in quei film che a detta di molti non sono all’altezza del genio. Film che forse troveranno una riabilitazione collettiva o forse no. Ma poco importa. Ciò che è sotto gli occhi di tutti (o almeno di quelli che non li coprono) è che Dario Argento ha fatto la storia raccontando le paure di tutti.