Ennio è il documentario di Giuseppe Tornatore presentato in concorso alla 78esima della Mostra del Cinema di Venezia. Le voci delle persone che hanno avuto la fortuna di conoscere il Maestro si intrecciano a quella di Ennio Morricone, che in una lunga intervista snocciola la sua vita e la sua carriera in un’opera che è insieme un’appassionata lezione di Cinema e il commosso omaggio alla memoria di questo pilastro della musica contemporanea. Il film è stato distribuito da Lucky Red come evento il 28 e il 29 gennaio, per poi uscire nelle sale italiane il 17 febbraio.
Trailer
Ennio: la recensione
Tic, toc. Tic, toc. Non è un film di Michael Haneke quello a cui stiamo assistendo, negli interni dell’appartamento di un uomo anziano che fa ginnastica. Tic, toc. Tic, toc. I suoi movimenti misurati sono immersi nel silenzio, strappati alla quotidianità di un uomo che non ne avrebbe mai fatto mostra in pubblico. Tic, toc. Tic, toc. Il silenzio infonde a questa scena un clima iniziatico, misterico, ricordandoci il paradosso sotteso all’arte compositiva, che è poi quello della creazione stessa. Tic. Il silenzio come principio. Toc. Il silenzio come abisso. Il silenzio come condizione indispensabile, il silenzio come terrore della fine e del nulla. Tic, toc.
D’altronde sappiamo benissimo come la sua arte si sia declinata in ogni possibile aspetto della composizione, senza alcuna barriera di classe e definizione applicativa. Il filo comune si mantiene quell’ardita sperimentazione sul suono, sul timbro come elemento materico, e l’incessante ricerca, la costante volontà di superare l’ultimo punto fissato.
La dimensione di questo nutrito mosaico è allora perfetta per tratteggiare un affresco che sia il più ampio e dettagliato possibile. Ciò che emerge è quindi un omaggio incrociato, in cui si intrecciano inesorabili Storia e storie, immagini di repertorio e interviste recenti. Il progetto di Tornatore ha proporzioni titaniche, ed è davvero nel corso degli anni che si è delineato ed è stato portato a termine. Ciò che oggi risuona quindi come un commiato postumo è in realtà la sintesi di anni e anni di lavoro, in cui Tornatore ha raccolto con pazienza e devozione l’incommensurabile eredità dell’amico fraterno, inserendosi in maniera sommessa e silenziosa nel ritratto.
Inevitabilmente quindi è nel montaggio che Ennio trova la sua forma di espressione prediletta. Non solo nel continuo fluire tra i registri, muovendosi tra frammenti di concerti e interviste, film e testimonianze raccolte dagli archivi della BBC, della RAI e dell’istituto Luce. Alcuni dialoghi impossibili, eterei campi e controcampi, esistono solo grazie alla magia del cinema, che tiene uniti attraverso lo spazio e il tempo voci, sorrisi, lacrime e sguardi. I ghigni di Ennio sul racconto di qualche suo tiro burlone, o l’incipit di Abbronzatissima cantato in un irrealizzabile duetto tra Morricone e Edoardo Vianello.
Farsi suono e inseguirsi
Dall’altra parte dello schermo c’è infatti, costante come una melodia infinita, la voce di Ennio in persona, che snocciola nel corso delle tre ore la quasi totalità della sua storia artistica e umana. Un vero e proprio contrappunto quindi, arte che Morricone amava e alla quale non aveva mai rinunciato in nessun luogo in cui versò la sua sapienza. Una trama in cui si moltiplicano i punti di vista, quasi orchestrati da Morricone, che ci conduce all’interno del proprio mondo sonoro.