Riscopriamo tutto il meglio che Sanremo ha avuto da offrire fin qui sotto la conduzione di Amadeus, concentrandoci però sulle canzoni DAVVERO belle
Uno degli errori che più spesso si commettono nel seguire Sanremo sta nell’ostinarsi a confrontare le canzoni in gara con brani di estrema qualità ed artisti assolutamente intoccabile. Il ritornello è per esempio: “Vuoi mettere con De André?” Risposta: no, non vogliamo mettere. Perché non ha senso, e non ne vale la pena.
“Perché Sanremo è Sanremo” si diceva un tempo, e vuol dire una cosa specifica: il Festival rappresenta una realtà musicale a sé stante, che intende sì rappresentare e dare spazio a varie sfaccettature musicali del paese; ma intende anche intrattenere, divertire, sedurre e produrre semplicemente qualche bel tormentone da canticchiare sovrappensiero per mesi.
Seguendo questa logica, i brani di alto livello a Sanremo sono da considerarsi NON tanto le composizioni ambiziose, raffinate e impegnate; quanto piuttosto quelli più memorabili, anche perché assurdi, atipici, incisivi, imprevedibili e orecchiabili MA nel contesto del Festival. Chi ancora guarda Sanremo solo per lamentarsene e aspettandosi di sentire Creuza De Mä, non ha capito nulla di tutto questo.
Ripassiamo, quindi, i quindici brani (cinque per ciascuna edizione) da ricordare e da riascoltare tra quelli che sono stati presentati finora durante la nuova “era” inaugurata dalla direzione artistica di Amadeus. Una direzione che, come sappiamo, ha cambiato un po’ tutto e lascia aperte molte domande ma anche molte possibilità per il futuro.
Il 2020, lo sappiamo, è stato… l’anno che è stato. Per fortuna Sanremo è venuto subito prima del virus e, con tutti gli eventi che sappiamo, ci ha regalato la forza di sopravvivere per tutta un’annata d’inferno. Alla sua prima conduzione e direzione artistica, Amadeus ha dimostrato di poter essere in grado di creare un Festival incredibile, eclettico, divertente e coinvolgente.
Gli highlights: ovviamente Achille Lauro con i suoi costumi e le sue provocazioni LGBTQ+; e la celeberrima lite Morgan/Bugo, uno degli eventi portanti della cultura (pop) italiana degli anni ’20. Naturalmente, era solo l’inizio (anche se non lo sapevamo). Il 2021 avrebbe portato il tutto molto più in là.
Achille Lauro – Me Ne Frego
Come non cominciare da lui? Achillone nazionale aveva già partecipato a Sanremo nel 2019 ma diciamo che tutto il suo potenziale non si era ancora dischiuso. Ed è successo invece nell’istante preciso in cui, arrivando sul palco dell’Ariston, s’è calato il costume per esibire la sua celebre tutina glitter. E la canzone è partita: “Ci son cascato di nuovo…” Un pezzo perfetto, pop e anni ’80, su un amore malato.
Antonio Diodato – Fai Rumore
La canzone vincitrice dell’edizione 2020 è stata una che effettivamente se l’è meritato. Un grande brano per un grande interprete, un pezzo del tutto Sanremese ma che funziona specialmente grazie alla voce potente ed inarrestabile di Diodato. Non una vittoria rivoluzionaria, ma un brano davvero buono che entra di diritto nella storia del Festival.
Dopo aver partecipato come ospite di Daniele Silvestri nel 2019, Rancore ha portato il suo rap impegnato e allegorico sul palco di Sanremo dall’alto di quindici anni di esperienza. La canzone è stata scritta da lui e da Dardust, e non servirebbe dire altro: produzione allucinante, testo poetico come non mai e il carisma eccezionale di un gigante della musica italiana.
Pinguini Tattici Nucleari – Ringo Starr
In molti ancora non perdonano la “svolta pop” dei Pinguini Tattici Nucleari, ma di certo non si può negare che per il clima di Sanremo una canzone come Ringo Starr sia stata perfetta. Una bella parabola itpop sull’essere ultimi, sull’arrivare dopo e sull’affrontare inadeguatezza ed insicurezza, ma cantando sempre con allegria. Ipocrita? Sarà anche, ma nel 2020 un pezzo del genere serviva davvero.
Bugo e Morgan – Sincero
Siamo onesti: fino alla serata del 7 febbraio, questa canzone non l’aveva notata nessuno. Poi, in seguito alle circostanze che sappiamo, tutti l’hanno sentita e risentita. E c’è poco da dire: è bella. Un brano che parla dell’ipocrisia, delle convenzioni sociali e della repressione dell’individualità, ironicamente poi commento anche dell’incidente stesso avvenuto tra i due cantanti.