Da qualche tempo Netflix sembra aver voglia di giocare a fare MUBI, e se trecento milioni di persone finiranno a vedere Jean Coctaeu frugando tra i suggerimenti di Squid Game, sarà solo un punto a favore dei programmatori.
Il debutto del francese si inserisce nella già encomiabile rassegna di classici d’oltralpe caricati nell’ultimo mese – ma qui si è oltre: Il Sangue di un Poeta non è un classico qualunque, ma un caposaldo del cinema sperimentale e d’avanguardia, debutto di un genio assoluto del Novecento che alla settima arte avrebbe regalato almeno altri tre capolavori.
Qui, il poeta divenuto regista dialoga ancora con una dimensione infantile, sognante e puramente espressiva del cinema, evidente derivazione di un surrealismo poetico con i suoi riferimenti in Man Ray, Luis Bunuel e Germaine Dullac. Chissà che presto non tocchi a loro.
Candidato al titolo di più bel film di Eastwood dello scorso decennio, Richard Jewell uscì nel momento più sbagliato per il suo autore.
Nel 2019, la “rimozione” collettiva del regista e della sua opera lo aveva ormai allontanato dai radar dell’establishment: per quanto convenzionale e commercialmente appetibile, film non incassò niente, e vinse ancora meno.
Eppure, è il miglior cinema civile che possa esistere, punto di arrivo di quell’intervento sulla realtà storica attraverso la finzione avviato da American Sniper e giunto qui a compimento.
Richard Jewell è ad oggi l’unico, vero capolavoro cinematografico “trumpiano”: non, ovviamente, in senso propagandistico, ma in qualità di manifesto umorale e disperato dei suoi USA “deplorables”. Grassi, destrorsi, asessuati, patetici e tagliati fuori da ogni spazio di rappresentazione culturale e politica: gli americani di cui il mondo ama ridere, mai così seri, mai così veri.
Giochi Proibiti – René Clément (1952)
Come a resuscitare l’ancestrale polemica tra formalisti e contenutisti, l’arrivo online di René Clément pare corrispondere ideologicamente a quello, altrettanto sorprendente, di Cocteau.
Oggi, dibattiti teorici di questo tenore paiono roba d’altri secoli (ed effettivamente lo sono), ma nel dopoguerra ne andava della definizione ultima del mezzo: restituire la realtà, o alterarne l’essenza attraverso la macchina da presa?
Il cinema post-neorealista di Clément e Bresson nasceva (anche) come reazione a quella concezione di immagini manipolate propria dell’avanguardia sovietica e degli sperimentalismi francesi. Una filmografia di avversione aperta verso ogni “trucco”, con la missione di abbattere per quanto possibile ogni barriera con il reale.
Di Clément, Giochi Proibiti resta il film più famoso e importante, capolavoro sull’infanzia dell’uomo e del cinema come tecnica.