I Black Country, New Road sono ora orfani del loro frontman; e nel frattempo, si confermano il gruppo sperimentale più acclamato d’Europa
Il secondo album dei Black Country, New Road nel giro di un anno arriva in un periodo molto particolare per la band. Pochi giorni prima della pubblicazione, infatti, il frontman, cantante e chitarrista della formazione, Isaac Wood, ha deciso di abbandonare. Una scelta inaspettata e che ha lasciato basiti fan ed appassionati in tutto il mondo.
Si viene quindi a creare una situazione particolare: i sei componenti rimasti si ritrovano con all’attivo due degli album più acclamati nel panorama sperimentale degli ultimi anni (questo compreso, ovviamente), ma orfani di un “volto” e forse di una direzione. Cosa accadrà ora? Verrà assunto un nuovo vocalist? Sarà uno dei componenti rimasti ad assumersi il ruolo di cantante principale?
Domande da porsi, visto che Ants from Up There, il loro nuovissimo album, non sfigura affatto rispetto al lavoro dell’anno scorso, For the First Time. Ancora un disco di art rock derivante da improvvisazioni e tecnicismi non (eccessivamente) cervellotici, con accenti jazz, elementi di teatro rock, psicologia cantautoriale e una bella e decisa inflessione, in diverse tracce, alla Arcade Fire.
Se Chaos Space Marine rimane sicuramente la traccia di maggior impatto della tracklist, i livelli più alti si raggiungono certamente nella cavalcata di sette minuti The Place Where He Inserted the Blade, degna dell’autorialità più ambiziosa e raffinata della scena di oggi. In generale, il disco si presenta come più posato e meno concitato del precedente.
Per contro, i passaggi più lenti e trascinanti appaiono curati e studiati nelle minime sfumature, costruendo un suono strutturato e stratificato che riesce al contempo a mantenersi semplice, evidenziando tutti i layer dei dialoghi musicali tra gli strumentisti. In altre parole: ascoltando i brani si possono immaginare i precisi movimenti dei musicisti mentre li suonano; non una facile impressione da comunicare solo via cuffie, per questo genere.
In sostanza, i Black Country, New Road si confermano “la” band sperimentale per eccellenza degli anni ’20, portando un suono maturo, consapevole, anarchico ma anche in qualche modo trionfale, che mira davvero in alto e non vuole farsi mancare nulla. Il destino della formazione è in dubbio dopo l’uscita di Wood, ma qui potrebbe partire la vera sfida: andrà peggio? O magari meglio?