L’Animal Collective ritorna alle origini con un album psichedelico, stratificato ed intrigante
Animal Collective: da ormai vent’anni questo nome è una garanzia quando si parla di art indie. Per il loro primo album in sei anni (se si esclude l’esperimento visual di Tangerine Reef, senza Panda Bear), i quattro scelgono un ritorno ai loro suoni più classici e sperimentali. Time Skiffs, questo il titolo del loro nuovo lavoro, è un concentrato di tutti gli elementi che hanno sempre reso valido il loro sound.
Panda Bear, Avey Tare, Geologist e Deakin collaborano alla perfezione come i quattro angoli di un quadrato. I musicisti bilanciano le proprie idee e le fanno collimare tutte a metà strada. Un processo evidentemente democratico, da “collettivo” propriamente detto, e che regala perciò un panorama sonoro intriso di invenzioni valide e di costruzioni ambiziose.
Ma non è tutto. Da una parte infatti i quattro guardano alla nostalgia per quella psichedelia “pallida” e un po’ acustica del loro periodo anni ’00, prima del successo di Merriweather Post Pavilion (2009). Dall’altra non mancano dipinti sicuri, disinvolti e “pop” che si sposano meglio con le loro produzioni più recenti; e un ponte si crea con il psych indie pop di Painting With (2016).
Canzoni come Dragon Slayer, Car Keys e We Go Back potrebbero funzionare quindi benissimo in una playlist con Tame Impala, Foster The People e Glass Animals. Laddove altri brani, come Cherokee e Strung with Everyhing, rivelano una voglia di sperimentare d’altri tempi e una volontà di perdersi ancora, dopo vent’anni, in passaggi ipnotici ed atmosferici.
Time Skiffs non è quindi tanto un ritorno al passato per la storica band; quanto, piuttosto, il segnale di un volere comune nel trovare un equilibrio tra tutti i loro volti. Ne esce un disco diretto a pochi e a tanti insieme; per il pubblico di nicchia che è cresciuto con il verbo indie, ma anche per chi sia desideroso soltanto di ascoltare produzioni sempre ricercate e peculiari, anche nel 2022.
Un ritorno quindi da acclamare per il quartetto, che dà riprova delle proprie capacità in uno spazio creativo libero e scevro dalla nomea “hipster” con la quale veniva spesso dipinto dieci anni fa, nel periodo di massimo successo. L’Animal Collective è quindi libero di mettere di nuovo la musica al centro della propria attività; e senza più nulla da dimostrare ma con, da qui in avanti, solo tanti bei dischi da fare.