Perché Harry Potter e il calice di fuoco è il punto di svolta della saga

Il quarto capitolo delle avventure di Harry Potter rappresenta un vero e proprio snodo narrativo all'interno della saga: vi spieghiamo perché

Harry Potter e il calice di fuoco
Harry Potter e Cedric Diggory parlano del Torneo Tremaghi
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Su Italia 1 continua la maratona dedicata alla saga di Harry Potter: stasera in tv alle 21.14 andrà infatti in onda Harry Potter e il calice di fuoco, che non rappresenta solo il quarto capitolo della serie, ma anche il punto di svolta della saga, quello che cambia del tutto le carte in tavola.

Il quarto capitolo della saga, infatti, rappresenta un prima e un dopo nelle avventure del mago di Hogwarts: si lascia alle spalle le atmosfere leggere e quasi fiabesche dei primi film per tuffarsi a capofitto in un mondo dover a farla da padrone è tanto la paura quanto la consapevolezza della perdita e del lutto.

Un cambiamento che era già iniziato – in ambito cinematografico, non letterario – con Il prigioniero di Azkaban, grazie alla regia di Alfonso Cuaròn e alla sua scelta di lambire ogni fotogramma con una fotografia grigia e cupa che lasciava già presagire i difficili tempi che si affacciavano all’orizzonte del maghetto.

Venne chiesto a Cuaròn di occuparsi anche della regia del quarto film, ma il regista rifiutò, ancora impelagato con la post produzione del terzo capitolo. La regia così passò a Mike Newell, che aveva il compito di restituire l’anima da “punto di svolta” di quello che è uno dei migliori film della saga.

Ma a cosa è dovuto questo carattere da film di passaggio in Harry Potter e il calice di fuoco? Cerchiamo di analizzare gli aspetti più importanti.

La doppia anima del film

Harry Potter e il calice di fuoco si presenta agli occhi degli spettatori come un film dalla doppia anima, che prevede picchi di commedia prima che la tragedia irrompa a cambiare per sempre l’atmosfera all’interno delle mura di Hogwarts.

Per la maggior parte del tempo Mike Newell cerca di dosare questi due aspetti facendo pendere l’ago della bilancia verso i toni leggeri di quella che potremmo definire una commedia teen.

Come è stato raccontato anche all’interno della reunion (leggi qui la nostra recensione), il quarto capitolo della saga era destinato a raccontare anche il livello più “adolescenziale” della vicenda, anche a causa della crescita degli attori protagonisti, che a loro volta stavano attraversando l’adolescenza.

Questo fa sì che la prima parte del film sia piena di elementi tipici delle narrazioni teen, con tanto di ballo studentesco – Il ballo del ceppo -, attacchi di gelosia verso gli studenti esteri e tutta una serie di situazioni quasi normali, tipiche insomma dei ragazzi di quell’età.

Dall’abito di Ron per la festa, alle lezioni di danza con la McGrannitt, passando addirittura per la scena in cui Piton se la prende con Ron e Harry durante una lezione in cui parlano troppo, l’allure generale è quella di un mondo leggero, dove niente di brutto può accadere.

La prima parte di Harry Potter e i doni della morte è volutamente divertente, con delle scene che sono state dirette e pensate proprio per far ridere, come nel caso della rissa dei gemelli Weasley, invecchiati a causa del loro tentativo di mettere il proprio nome all’interno del calice di fuoco.

Questo perché – proprio come accade nella vita – la tragedia e la paura possono colpire in ogni momento, senza dare alcun indizio. La vita di Harry cambia nel momento di massimo successo all’interno delle prove scolastiche e di colpo il film – che fino a quel momento era stato divertente, leggero, tranquillo – si tinge di tonalità cupe, di grigi che riempiono lo schermo, e di quel senso di perdita che, d’ora in poi, non abbandonerà mai Harry.

La prima parte del film è ancora legata ai primi tre, alla meraviglia di Harry nello scoprire un mondo che non smette mai di sorprenderlo: dalla scena del labirinto, del cimitero e, soprattutto, della morte di Cedric Harry, così come lo spettatore, si inoltra invece in una versione dark della storia, dove crescere significa anche accettare l’inevitabile.

Voldemort e Cedric: il punto di svolta di Harry Potter e il calice di fuoco

Ma è proprio nella parte finale che questo quarto capitolo della saga rappresenta quel nodo di svolta, quel punto che sancisce l’esistenza di un prima e dopo nelle vicende di Harry.

Il primo elemento da considerare è, naturalmente, il ritorno di Voldemort. Se, fino a questo momento, il Signore Oscuro era apparso come una presenza appena fastidiosa, facile da sconfiggere, in Il calice di fuoco il Male smette di essere un concetto astratto e diventa reale, concreto, con fattezze umane e serpentesche al tempo stesso.

La minaccia ora è ancora più reale e Harry Potter è costretto a comprendere in questo modo che il tempo dei giochi e della leggerezza è finito e che la resa dei conti è molto più vicina di quanto potesse immaginare.

Ma forse, in questo senso, è ancora più significativa la morte di Cedric Diggory, interpretato da un allora sconosciuto Robert Pattinson, che ora si sta preparando a diventare il prossimo Batman.

Al di là dei genitori di cui non aveva memoria, fino a questo momento Harry – che pure è cresciuto da orfano in una famiglia che non lo ha mai davvero amato – non ha mai provato sulla propria pelle cosa significhi perdere qualcuno.

La morte di Cedric è così un trauma vero e proprio: Harry impara non solo a perdere qualcuno a lui vicino, ma soprattutto impara in fretta a dover affrontare l’idea che le persone possano morire a causa sua.

La scena della morte di Cedric è straziante, non tanto per la morte del ragazzo, ma per la reazione che Harry ha quando riporta il corpo del compagno di classe a Hogwarts e gli fa scudo col suo corpo, senza riuscire a staccarsi da lui, come se volesse difenderlo dopo essersi reso conto di non avere il controllo, di non poter proteggere gli altri dalla sua “maledizione” di dover fronteggiare Voldemort.

Ed ecco che Il calice di fuoco rappresenta la svolta della saga, nel momento in cui fa entrare la morte nel mondo di Harry. E, se si fa attenzione, da questo momento Harry perderà sempre qualcuno nei capitoli successivi della saga.

Dirà addio a Sirius Black nel quinto episodio, a Albus Silente nel sesto, nel settimo perderà Edvige e Dobby e, nell’ultimo capitolo, perderà le ultime due figure mentori: da una parte Lupin e dall’altra Severus, che ha sempre coperto le spalle al ragazzo senza chiedere nulla in cambio e ottenendo solo odio.

Con Harry Potter e il calice di fuoco entra così in scena la componente della perdita e del lutto, degli addii gridati contro l’ingiustizia di una guerra in cui Harry è trascinato suo malgrado.