Che cos’è Matrix? Era il 1999 e Morpheus lo spiegò, in maniera indiretta, a tutti noi, seguendo pedissequamente la sceneggiatura firmata dai (allora) fratelli Wachowski. Uno script che di fatto fu una vera rivoluzione per il cinema tutto. Vent’anni dopo circa, ecco arrivare il quarto capitolo, Matrix Resurrections (qui la nostra recensione), un film dal forte respiro teorico che merita una spiegazione che va oltre il giudizio estetico.
Attenzione: da qui in poi ci saranno inevitabili spoiler su Matrix Resurrections
A Matrix Love Story
È necessario quindi partire dalla stessa domanda del 1999: che cos’è Matrix, oggi? Per spiegare la complessità di questo quarto film, si deve fare un salto nel passato, focalizzandoci sui due protagonisti assoluti del film, ossia Neo e Trinity. Ambedue deceduti sul finire di Matrix Revolution, tutti quanti si sono chiesti come fosse possibile che i due si trovassero ancora in vita.
Un quesito rispettabile che trova risposta a circa metà del film, dalle parole dell’affascinante villain di turno, l‘Analista, magistralmente interpretato da Neil Patrick Harris. E che diventa riassumibile in una locuzione latina: amor vincit omnia.
Durante questo costante confronto, che si ripropone in loop (come un deja vu?), Matrix Resurrections ci elenca tutte le interpretazioni che sono state affibbiate alla trilogia. Dalla critica al capitalismo fino all’allegoria sulla transizione di genere. Interpretazioni che di fatto sembrano essere quasi un accanimento terapeutico per creare un sequel tanto obbligato quanto non necessario.
Dobbiamo fermarci un momento e ascoltare le parole dell’agente Smith sotto le mentite spoglie del CEO della società di videogame. E ancora, fare un passo indietro e tornare indietro nel tempo.
È infatti sotto agli occhi di tutti la piega che il cinema mainstream di oggi sta prendendo. Sono molti i casi in cui vengono riesumati franchise che calcano la mano (color verde dollaro) sulla pruriginosa nostalgia degli spettatori. E salvo rarissimi casi, i risultati non sono mai all’altezza. Eppure, come una calamita, continuano ad attrarre nelle sale gli spettatori, pur con cocenti stroncature sulle spalle.
Raschiare il fondo del barile dunque, in attesa di un’eventuale benevola resurrezione che spesso sortisce effetti più catastrofici che positivi. Da un lato prettamente cinematografico, un flop su tutti i fronti. Da un lato legato alla fruizione, ad un abbrutimento endemico dello spettatore.
Proprio qui Matrix Resurrections calca la sua mano (color verde Matrix). Tutto ciò che si dirama dopo la prima parte del film non è altro che la rappresentazione dell’effetto nostalgia che si ritorce contro tutto e tutti. Sul finire del film, infatti, possiamo vedere come Lana Wachowski abbia brillantemente scelto il “suo” bullet time per convertire in immagine questa teoria, cuore pulsante del film.
Nel tentativo di salvare Trinity, Neo diventa vittima del bullet time, quella tecnica che tante volte lo aveva salvato nei precedenti capitoli e che, giocoforza, aveva reso celebre la trilogia su un piano squisitamente tecnico.
Ciò che dunque lo spettatore si sarebbe aspettato, ossia un rifacimento di quell’equazione action che aveva reso celebre il franchise di Matrix, viene volontariamente disatteso. Lana Wachowski cerca quindi di sollecitare una reazione quasi di sdegno, ribaltando e decostruendo quell’immaginario specifico legato a Matrix.
Decostruirsi e decostruire: la resurrezione è qui
Ecco quindi dove si trova la chiave di volta di Matrix Resurrections: la decostruzione. Solamente attraverso quest’ultima si può effettivamente dare qualcosa di concreto e reale allo spettatore, distogliendo il suo sguardo passivo dal piattume della nostalgia che sta invadendo il cinema mainstream.
Una tirata d’orecchie che però riguarda il fruitore fino a un certo punto. Come detto sopra, quella mezz’ora metacinematografica lascia ben poco spazio a interpretazioni e immaginazione. È chiaro l’intento di puntare il dito contro tutto l’apparato di produzione cinematografica che, a corto di idee valide, si limita a rimanere nella safe zone della nostalgia guardando al portafogli con un certo timore.
Un timore che appiattisce tutto ciò che circonda il cinema. Ci auguriamo che questa Resurrezione riesca a compiere la Rivoluzione tanto auspicata da Matrix.