Ecco la nostra classifica dei migliori album internazionali pubblicati nel 2021
Il 2021 è terminato, ed è il momento di tirare le somme: quali sono stati i migliori album musicali pubblicati a livello internazionale in questa concitata annata? Ecco la nostra lista dei 50 titoli migliori da noi selezionati, con brevi riassunti per ogni disco, i link alle relative recensioni e i collegamenti Spotify per ogni album. Se vi siete persi qualcosa, potete recuperare subito tutto quanto.
50. Doja Cat – Planet Her
Il terzo album di Doja Cat è l’ormai tradizionale e per certi versi programmatico ricorso al pop/R&B ultra-moderno e super-validante di matrice neo-femminista, che porta la cantante ad esprimere tutta la sua femminilità specialmente e soprattutto tramite l’affermazione esasperata (musicale e non) della propria sessualità. Per questo motivo ci troviamo di fronte ad un disco seducente, che affascina e cattura i sensi; ma è anche (per fortuna) un lavoro coloratissimo e multi-sfaccettato, che lascia aperte molte più porte di quel che potrebbe sembrare.
49. Parannoui – To See the Next Part of the Dream
Se nel 2021 dovete ascoltare un solo album shoegaze, fate in modo che sia questo. L’anonimo artista coreano s’è fatto notare in fretta con un lavoro imponente colmo di influenze pop punk e che richiama le più classiche atmosfere del genere di “quelli che si fissavano le scarpe”, distorsioni e contrasto melodia/noise in primis. Un exploit memorabile e uno dei momenti davvero ragguardevoli nella musica di questa annata.
48. Snail Mail – Valentine
Il secondo album di Lindsey Jordan porta la cantautrice americana direttamente in cima alla lista dei nomi da tenere d’occhio tra quelli emersi dai meandri del bedroom pop anni ’10. Anche lei, come diversi suoi colleghi e colleghe (Soccer Mommy per esempio) si evolve incorporando elementi del rock alternative anni’ 90 verso una musica cantautoriale matura, essenziale e fortemente convincente.
47. Lil Nas X – Montero
Che nel 2021 ad impugnare lo scettro di più seguito cantante pop rap sarebbe stato Lil Nas X, già si sapeva. Nel posto giusto al momento giusto, il rapper conserva dei cliché del genere solo quel che gli consente di esserne legittimato come rappresentante, gettandosi per il resto a capofitto in arrangiamenti trap elettronici che mettono la melodia e il ritornello al primo posto, sempre. Un esordio convincente, ma saprà l’artista tenere il passo?
Che Finneas O’Connell sia un produttore e autore abilissimo e pieno di idee ormai lo abbiamo capito. Ciò detto, c’è da riconoscere che per qualche motivo l’artista sembra ancora deciso a tenere il meglio delle sue capacità per sfruttarle nei lavori con la sorella (più in basso, in questa stessa classifica) e seguitando a guardare ai suoi lavori da “solista” solo come una specie di divertissement. Uno svago. Ottimamente riuscito, ma sempre un po’ uno svago.
Con il suo quinto album James Blake non arretra di un passo dall’eccellenza compositiva e d’arrangiamento che da sempre caratterizza i suoi lavori. Meno glitch, meno elettronico, più soul (e un po’ rap) qui Blake seguita ad esplorare le reali dimensioni della sua insicurezza, aggiornate ad un’era nella quale essere introversi equivale ad una condanna. Lo scotto da pagare, ovvio, è una musica elettronica di qualità sempre inarrivabile.
44. Silk Sonic – An Evening with Silk Sonic
Bruno Mars e Anderson. Paak uniscono le forze per un superduo che esplora le sonorità classiche funk/soul anni ’70 in una tracklist che mira alla riscoperta di certe radici della black music (che del resto nessuno dei due ha mai ignorato). Il disco è semplice ed efficace, richiamando i suoni di Marvin Gaye, Curtis Mayfield e Isaac Hayes ma con tutta la freschezza degli inediti.
Lorde ritorna nel suo terzo album con un folk / new age (da noi definito: Enya on the Beach) che guarda alla positività e alla rinascita personale e spirituale. Il sole è la luce interiore di una crescita individuale che la cantante intraprende con l’ausilio degli arrangiamenti eleganti di Jack Antonoff, su toni delicati, sussurrati e oltremodo positivi.
42. Arca – Kick III
Difficile scegliere tra i tre album pubblicati dalla imprevedibile Arca nel 2021, ma proprio dovendo di sicuro è il primo dei tre, Kick III, a dover essere selezionato. Un passo avanti (e anche di lato) per la produttrice venezuelana, che continua a far vedere a tutti come sia possibile produrre oggidì un’elettronica autenticamente originale, tremendamente bizzarra e piacevolmente assurda.
41. Magdalena Bay – Mercurial World
Mica Tenenbaum e Matthew Lewin sono i Magdalena Bay: i nuovi eroi ufficiali della neo-psychedelia synth, che occhieggia a Tame Impala e a tutta quella musica dai tratti ipnotici che sa di esotismo e anche di produzione astutamente complessa. Per loro, a giudicare dalla riuscita di questa collezione di canzoni orecchiabilissime e coloratissime, la strada sembra ora tutta in discesa.
Lo scatenato duo canadese torna in pista aggiornando il proprio caratteristico stile stoner ad un nuovo album che si concentra sulle idee e dà meno spazio alla forma. Risultato: un rock anacronistico ma non per questo inessenziale, che anzi mostra tutta la caratura di un suono sviluppato e maturato nel tempo.
Ancora una volta, le folli produzioni hip-hop di Kevin Abstract trascinano la sua masnada di ragazzacci in un mondo musicale che del rap mantiene la forma per convenienza ma si presenta in realtà sfaccettato e multiforme come mai prima. La realtà dei BROCKHAMPTON seguita in breve a figurare come una delle più imprevedibili e incidenti nell’intero panorama musicale.
Il nuovo disco dei Godspeed si prefigura come un gigantesco ed imponente manifesto politico, che le ricercate costruzioni post-rock delle quali ben li sappiamo capaci commentano con tutta l’imponenza e la sicurezza di una band sulla scena ormai da decadi, sicura della propria posizione e delle proprie convinzioni. Che, certo, si possono anche non condividere; ma il post-rock, certo, quello c’è tutto.
Gli ormai veterani Pond (9 è il loro nono album) sono giunti ad un punto della carriera nel quale divertimento sembra essere la parola d’ordine. Sono affermati e ciò consente loro di non prendersi sul serio e di sciorinare con disinvoltura suoni moderni e competenti colmi di sfoghi lirici ironici ma anche attenti. Che li si definisca elettronici, psichedelici, indie o pop, la loro realtà musicale è ormai una garanzia.
36. Lucy Dacus – Home Video
Nessuna sorpresa nel fatto che, dopo Phoebe Bridgers e Julien Baker, anche Lucy Dacus sia riuscita a conquistarsi una posizione importante sulla scena del nuovo cantautorato femminile. E, come nel caso delle due colleghe, anche lei propone una musica di livelli eccelsi, intelligente e ricercata specialmente nelle riflessioni liriche e che negli arrangiamenti esprime specialmente fragilità e compostezza. La musica “seria” per eccellenza.
35. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert
Little Simz seguita a profilarsi tra i nomi di punta del rap britannico. Nel 2021 lo fa con un disco ambizioso, che tradisce una certa grandeur d’arrangiamenti persa in un eclettismo che la porta dai suoni etnici della nativa Africa ai passaggi classicheggianti del più pomposo Ye. Il tutto in una sincerità espressiva senza freni ma mai poco fantasiosa o coinvolgente.
Quando una artista giunge ai livelli di popolarità e di successo che ha raggiunto Adele, ogni album può rivelarsi un potenziale passo falso. Aspettative e pressione giocano sempre a sfavore ed è facilissimo deludere fan, pubblico e critica. Ma, ancora una volta, Adele ha saputo tornare in scena (dopo anche diversi anni) con un disco disinvoltamente valido, dall’alto di un pop soul sempre pieno, orecchiabile e ben pensato, mettendo la sua voce al primo posto (com’è giusto) ma senza far mancare melodie ed arrangiamenti intriganti in una tracklist che alla sua figura artistica rende piena giustizia.
33. Inhaler – It Won’t Always Be Like This
L’esordio della band irlandese è esattamente quello che prometteva di essere: un disco di rock autentico, vecchio stile e convincente, che intende dare una bella spolverata ai cliché del genere senza pescare per forza dalla piscina del post-punk o tornare sui passi dell’indie. Certo, difficile dimenticare che Elijah Hewson è il figio di Bono Vox e, una volta compiuta l’associazione, ancor più difficile non paragonare il gruppo agli U2. Ma se il paragone è da fare, in questo caso è comunque sicuramente positivo.
L’esordio della giovanissima OliviaRodrigo ha convinto tutti, specie chi da lei non si aspettava questo sfogo adolescenziale venato di sarcasmo, cinismo e rassegnazione. Il suo genere si piò chiamare sour pop: non è dark come quello dell’ultima generazione e non è celebrativo o dance come quello delle grandi stelle emancipate della musica da hit. È una cosa a parte perché Olivia è una cosa a parte.
31. Fred Again – Actual Life (April 14 – December 17, 2020)
Fred Again è uno dei pochi artisti rivelatisi in grado, in un periodo cruciale, di interpretare musicalmente le sofferenze del 2020 senza perdersi in retorica (anche sonora) e traendo invece spunti spontanei dal vissuto delle varie quarantene. Forse questo suo album d’esordio non lancia un messaggio importante né fornisce spiegazioni, ma un’elettronica così profonda e metaforica si sente molto di rado.
30. Alfie Templeman – Forever Isn’t Long Enough
Il giovane e talentuoso Alfie Templeman si fa notare sempre più con uno stile indie funk fantasioso ed eclettico che tradisce un’urgenza artistica incontenibile: il ragazzo è come un pittore che sparge casualmente colori vividi su tutta la tela, e non importa che forme creino, purché facciano male agli occhi. La sua musica è così: male agli occhi ma bene, molto bene alle orecchie.
29. The War on Drugs – I Don’t Live Here Anymore
Da più di un decennio ormai la musica dei The War on Drugs è garanzia di un rock pulito, attento, ambizioso ma anche fortemente intenso. E, ancora una volta, le premesse non vengono smentite. La formazione seguita a sfornare lavori di altissimo livello, che si fanno notare specialmente grazie alle profonde atmosfere sonore finemente ricamate e sottilmente esplorate. I Don’t Live Here Anymore è l’ennesima conferma delle capacità della band.
Qualcuno aveva qualche dubbio sul fatto che anche questo nuovo album degli IDLES sarebbe stato un capolavoro? Noi no. E infatti, ancora una volta la scatenata band riesce a ridefinire i confini del proprio stile pur restando tra i ranghi canonici di ciò che il post-punk tende sempre ad esprimere: critica, insofferenza, rabbia e disillusione. Ma in Crawler c’è ben di più, tra lavori di chitarra intensi e ritmiche audaci, liriche parossistiche e suoni rock che un giorno saranno giudicati immortali.
27. Japanese Breakfast – Jubilee
Con il suo terzo album la cantautrice coreana (non giapponese) Michelle Zauner arriva a proporre uno stile raffinato e seducente che cade da qualche parte tra l’indie autoriale e il pop alternativo. Un disco diretto, che non si perde nel bisogno di trasgressione e di autoaffermazione ma lascia tutto lo spazio a suoni intelligenti, caldi, moderni e a loro modo sempre sensuali.
I Grouplove sono un altro di quei gruppi che, per qualche ragione incomprensibile, il grande pubblico sembra deciso ad ignorare. Male, particolarmente in questo caso perché nel 2021 la band ha deciso di trasformarsi… nei Pixies. Proprio così: il loto ultimo album suona come i più classici Pixies: un alt rock ricco di trovate e spunti parossistici, che solo di facciata conserva gli strascichi dell’indie pop al quale eravamo abituati. Una rivoluzione inattesa, ma benvenuta.