Tick, Tick…Boom! è l’esordio alla regia di Lin-Manuel Miranda, che già a Broadway è stato interprete della piéce di cui il film è una trasposizione. L’attore protagonista è Andrew Garfield, che nei panni di Jonathan Larson ha dato vita ad una performance davvero degna di nota. Il film, prodotto da Ron Howard, non ha avuto distribuzione nelle sale italiane, ma è disponibile su Netflix dal 19 novembre.
Trama
Tick, Tick…Boom! è un rock monologue in cui Jonathan Larson versò tutta la frustrazione del fallimento della sua prima opera, Superbia. Alla vigilia dei suoi 30 anni, non è ancora riuscito ad ottenere il posto che gli spetta nell’olimpo del teatro newyorchese. Un musical rimasto incompiuto di fatto fino alla sua morte, che diventa il pretesto per inscenare la sua vera, prima sfida, a Broadway.
L’incontro con Steven Sondheim, compositore e paroliere di West Side Story venuto a mancare proprio di recente, i conflitti irrisolti con la sua compagna, la malattia e la morte dei suoi amici. Sono tutti elementi sullo sfondo dell’eterno dramma esistenziale della dannazione del genio. Tick, Tick…Boom! è la narrazione della superbia, di quell’ambizione che ti divora fino ad ucciderti, o forse a salvarti. Un racconto autobiografico che con questo film assume i connotati di un magnifico omaggio alla vita del compositore di Rent.
Cast
Andrew Garfield: Jon
Vanessa Hudgens: Karessa Johnson
Alexandra Shipp: Susan
Robin de Jesús: Michael
Joshua Henry: Roger
Judith Light: Rosa Stevens
Bradley Whitford: Stephen Sondheim
Noah Robbins:Simon
Joanna P. Adler: Molly
Beth Malone: Se stessa
Trailer
Tick, Tick…Boom! – Recensione
You’re…your….you…..you’re. Chi sei, ti definiscono la paura o l’amore? Come in un’ampia metonimia, l’intera esistenza di un autore e il suo destino si sublimano in quell’unica canzone impossibile da scrivere. Il brano che rappresenta il punto culminante dell’opera con cui si presenterà sulla scena di Broadway, quel Superbia che diventa uno specchio della sua realtà in cui amori e affetti lentamente si allontanano, spinti via da quell’aspirazione che è più forte di ogni compromesso.
È questo il fulcro di Tick, Tick…Boom!, folgorante one-man-show in cui Larson snocciolava le sue ansie esistenziali seduto dietro un pianoforte. Alternando momenti musicali ad autentica stand up comedy, gettò il suo personalissimo guanto di sfida a quella Broadway che non ancora era pronta a comprendere il suo genio.
Probabilmente non c’era altro modo di raccontare la vita di Jonathan Larson che non fosse la forma del musical. Il film si struttura quindi come una variazione su Tick, Tick…Boom!, che non era propriamente un musical nel senso più classico del termine. Quel rock monologue è senza dubbio il testo fondamentale per comprendere la vita e l’opera del compositore di Rent. Per cogliere quanto della sua storia ci fosse in quello sguardo intriso di umanissima realtà, per apprezzare l’essenza di quella vie bohème che altra non è se non la vita dell’underground artistico newyorchese.
Se Rent resta il suo capolavoro, Tick, Tick…Boom! è sicuramente la sua opera più geniale, e l’occasione colta da questo film è quella di espandere il copione della piéce, facendogli guadagnare nuove dimensioni e piani di lettura.
Le metamorfosi di un musical
Abbiamo quindi due diversi livelli di messa in scena, che si riflettono anche in precise scelte linguistiche. Da un lato infatti l’originale Tick, Tick…Boom! rivive in quel 4:3 che solo nel finale cede alla tentazione delle immagini di repertorio, lasciando in tutti gli innesti Andrew Garfield istrionico protagonista del brillante melologo.
Allo stesso tempo però Lin-Manuel Miranda decide di ricostruire sullo scheletro dell’opera la struttura di un vero e proprio musical, moltiplicando le scene, le coreografie e le voci e restituendole tutta la freschezza di un dissacrante affresco della brulicante vita di Broadway, dei suoi protagonisti, delle sue maschere e della sua Storia.
Caratterizzazioni rapide e incisive arricchiranno il coro di comparse che gravita intorno a Larson-Garfield, in quello che di fatto è molto più che un musical, molto più che una parafrasi di Tick, Tick…Boom!. Scegliendo quest’opera fondamentale, fortemente autobiografica, il film trasfigura in un omaggio magnifico, in cui il continuo cortocircuito tra le differenti finzioni e realtà ci dona la formula di un biopic estremamente originale.
D’altronde l’incipit è chiaro: Tutto quello che state per vedere è vero, tranne le parti che Jonathan ha inventato. Si perdono i confini tra la verità e la menzogna, si rompono gli schemi per uscire dalla narrazione tradizionale del biopic. Lo scintillante inganno di Broadway che deforma e ridefinisce i punti di vista, e valica i confini debordando dallo schermo.
Tick, Tick…Boom!, e la prova di Andrew Garfield
Andrew Garfield in questo senso confeziona una performance che gli spalanca le porte della stagione dei premi. Tante realtà attraversa Tick, Tick…Boom!, tanto è ampio la gamma recitativa del protagonista. Così troviamo nel Larson che porta in scena Tick, Tick…Boom! un Garfield brillante, capace di rievocare davvero il ricordo di questo gigante del teatro.
Allo stesso tempo, però, in netta antifrasi, in quel musical della realtà che fa da contrappunto troviamo un protagonista tormentato, sul cui volto si imprime l’ossessione trasformandosi in nevrosi. Denominatore comune di questa prova eccellente sono le qualità canore e performative di Andrew Garfield, che fa brillare di nuova luce le canzoni di quest’opera troppo a lungo oscurate da quelle di Rent.
In un’opera del genere senza dubbio i numeri musicali abbondano, ma la loro profonda coesione con la drammaturgia rende ogni canzone perfettamente incastonata nella partitura del film. Una musica che esce continuamente dai piani di ascolto, facendosi diegetica o puramente ingannevole secondo le logiche tipiche del musical, rafforzandone la struttura.
Complice sicuramente in questo caso l’esperienza del regista, che ha vissuto il palco nei panni di Jonathan Larson portando in scena proprio Tick, Tick…Boom!. Senza dubbio padroneggiava i segreti di un personaggio così complesso, da poterlo rendere in un’opera altrettanto articolata. La regia che ha confezionato è quindi tutta funzionale al respiro di questo doppio musical, assecondandone i ritmi soprattutto nelle scelte di montaggio, estremamente riuscite.
What does it take to wake up a generation?
Ma Lin Manuel-Miranda, dalla conoscenza profonda di Jonathan Larson e della sua opera, sa bene cosa significhi rapportarsi ad un classico eterno. D’altronde si può misurare lo slancio di un uomo a diventare un classico dalla sua volontà di vivere fuori dalla propria epoca. Non solo per come ha ridefinito le regole del teatro musicale, riecheggiando ancora oggi negli esempi più limpidi del musical contemporaneo. Si pensi a La La Land, e a quell’ambizione che è il nucleo della rottura di Mia e Sebastian esattamente come lo spettro che infestava la vita di Larson.
Jonathan Larson era un autore che portò nel teatro la verità della vita, esattamente come lui la viveva e come si muoveva intorno a lui. Una vita policroma, spesso feroce, ma sempre autentica. Sono gli anni in cui l’AIDS è ancora un mostro totalmente incomprensibile, e gli omosessuali individui contro cui puntare il dito per individuare i colpevoli. Anni di grandi incertezze e drammi sociali, che nelle opere di Larson diventano protagonisti, motori invisibili e fulcro centrale delle vicende. L’amore e l’amicizia non hanno mai, in Tick, Tick…Boom! così come in Rent, la patinata tenerezza della fiaba, ma conservano tutta la brutalità di un irrinunciabile realismo.
I sottotesti politici di cui questo film si nutre non vanno quindi assolutamente visti come superflui atti di accusa, ma devono essere riconosciuti come la dedica più bella ad un uomo che attraverso la sua arte si faceva lucido interprete del suo tempo. What does it take to wake up a generation? è allora un urlo a squarciagola che cerca nei frammenti di una realtà contraddittoria le proprie verità. E questa è senza dubbio l’eredità più grande che Tick, Tick…Boom! si è promesso di tramandare.