Willie, il giardiniere della scuola di Bart, viene dalla Scozia (dalla Sardegna in italiano); è analfabeta, sgraziato, iracondo ed impulsivo. Rappresenta, come Cletus ma in un modo un po’ diverso, lo stereotipo del lavoratore di casta bassa privo di istruzione ed abituato ad una vita grama e priva di soddisfazioni della quale però è soddisfatto, semplicemente perché non ne ha mai conosciuta un’altra.
Eppure anche lui, seppur occasionalmente, trova il modo di uscire dal suo piccolo mondo e di prendere parte ad alcune delle avventure della famiglia dei gialli, spesso al fianco di Bart oppure di Lisa. La sua si dimostra in tal senso un’umanità essenziale, primeva quasi, che trascende ogni pretesa di civiltà ma, non per questo, si ritrova nel carattere di un uomo “cattivo”.
7. Ned Flanders
Il perfettino, chiesarolo, devoto ed irreprensibile Ned Flanders. Il tanto odiato vicino di Homer che, nella sicurezza della sua fede e nel suo modo di vivere preciso e metodico pare privo di difetti. Naturalmente non lo è, e lo si scopre molto presto. Anche Flanders, a suo modo, è umano: prova paura, inadeguatezza, rabbia.
Scopriamo che si tratta del frutto inatteso di un’educazione eccessivamente permissiva, quella impartita (o meglio, mai impartita) dai genitori hippie perdigiorno. Risultato: il loro esatto contrario. Ma anche Flanders, come gli altri personaggi qui elencati, ha molto più da esprimere che preghiere e “ciao-ciao-ino”. E ha tutto il modo di dimostrarlo.
6. Clancy Wiggum
Il commissario Winchester (Wiggum in originale) è l’illustrazione di tutto ciò che non va con la polizia americana (e non solo con quella). Inefficenza, incapacità, pigrizia e corruzione segnano la sua carriera come agente e come capo delle forze dell’ordine di Springfield, rendendolo una macchietta comica e poco più.
Winchester è preda e vittima dei suoi stessi difetti, che sommergono una personalità altrimenti bonaria e, fondamentalmente, onesta. Ne abbiamo la prova quando aiuta la madre di Homer, Mona, a fuggire dal signor Burns come ringraziamento per aver indirettamente curato, negli anni ’60, la sua asma.
Forse il “nonno” per eccellenza dell’animazione, di sicuro una delle prime figure che vengono in mente quando si dice la parola “vecchio”. Nonno Simpson era un’icona in quanto boomer (pur non essendo in effetti “boomer”, ma ancora più vecchio) già negli anni ’90. Celebri i suoi sproloqui sui tempi andati, le sue storie infinite senza capo né coda e il suo modo di vivere sconclusionato.
In particolare, Abe Simpson rappresenta la vecchiaia in tutti i suoi aspetti, specie quelli più temuti. Ha solo memorie confuse di un tempo andato e convive con ogni possibile malattia, costituendo nel contempo un “peso” per la sua famiglia e per gli altri con tutti i derivanti sensi di colpa. E la sua stessa esistenza è anche un monito: tutti noi, un giorno, potremmo diventare così.
4. Milhouse Van Houten
Il miglior amico di Bart (chiamato come il secondo nome di Richard Nixon) è il simbolo di ciò che negli Stati Uniti si chiama lo “sfigato”: brutto, occhialuto, insicuro, malaticcio, fastidioso, secchione ed occasionalmente pure effemminato. Ma la forza del personaggio sta proprio nel riuscire a superare tutti questi preconcetti su di lui e nel vivere la sua vita a discapito dell’etichetta che gli si appiccica addosso.
Milhouse cerca infatti, con ogni azione, ogni scelta e ogni anelito, di dimostrare di non essere nato solo per essere uno “sfigato”, appunto. Che poi fallisca sempre, dimostra solo che per tutti c’è speranza: perché poi ci riprova, per quanto in modo patetico e frustrato. In lui vivono i sogni degli ultimi e dei reietti nella loro lotta per un sospirato riscatto.
3. Seymour Skinner
Il direttore Skinner nasce come stereotipo del preside scolastico: vecchio, noioso, rigido, tediosamente attaccato alle regole e alla disciplina. Ma, nel corso della serie, scopriamo tantissime cose di lui, cose che lo rendono un personaggio di enorme spessore. Sopravvissuto al Vietnam e ad un’adolescenza alla James Dean, vive oppresso dai soprusi della inarrestabile madre Agnes e dell’incontentabile sovrintendente Chalmers.
Le cose più importanti su di lui le impariamo nell’osservare la complessità della sua nemesi con Bart, il suo perfetto opposto che, in quanto tale, lo completa. Bart è tutto ciò che Skinner avrebbe potuto essere e vale anche il contrario: perciò il preside non rappresenta una figura negativa, ma semplicemente incompleta. Un’incompletezza che però, spesso e volentieri, rivela tanti lati buoni e sinceri.
Apu è, come dice lui stesso, un “americano indiano”. Rappresenta la figura dell’immigrato clandestino che vive il suo personale sogno americano, tra luci e ombre: finisce con l’essere il proprietario di un anonimo minimarket e per molti è difficile, in lui, vedere più di questo. Ma a Springfield Apu non trova solo un lavoro: trova una vita, forse un tipo di vita che, in India, non avrebbe mai potuto avere.
Ha degli amici, Homer, in primis; una moglie, Manjula; e una nidiata di figli che non si possono contare sulle dita di una sola mano. Meglio ancora: attraverso diversi e difficili passaggi, Apu diviene “americano” a tutti gli effetti. Quando si parla di lui, se pur alla leggera, si parla di argomenti scottanti: integrazione, discriminazione, razzismo. E si va oltre: si può. La storia di Apu lo dimostra.
1. Montgomery Burns
Il signor Burns è l’archetipo perfetto del magnate d’altri tempi: avaro, isolato, meschino, ridicolmente retrogrado e maligno, rappresenta il volto più spietato e caricaturale del capitalismo americano, quello che si può far risalire alla fortuna di John D. Rockefeller. In questo senso, il personaggio è fusione e parodia di varie figure simili e attinenti: Ebenezer Scrooge, Charles Foster Kane e persino Zio Paperone.
Anche in questo caso, l’importanza di questa figura non va troppo spiegata: le sue azioni parlano per lui. Il signor Burns è interessato sempre, più che al profitto, alla propria posizione privilegiata e a ciò che, del suo patrimonio, lo può distinguere e separare (salvare?) dalla plebaglia. In altre parole, non è cattivo: è semplicemente ricco, in tutte le peggiori accezioni possibili del termine.