Annette: Recensione del musical di Leos Carax con Adam Driver #TSFF21
Il Trieste Science + Fiction Festival 2021 presenta l'anteprima italiana di Annette, delirante musical di Leos Carax con Adam Driver e Marion Cotillard, premiato al Festival di Cannes. La nostra recensione.
Selezionato come film di apertura del Festival di Cannes, dove Leos Carax è stato premiato per la Miglior regia, arriva ora in anteprima italiana al Trieste Science + Fiction Festival 2021 il delirante musical Annette, con Adam Driver e Marion Cotillard, al cinema dal prossimo 18 Novembre.
In 37 anni di attività Leos Carax ha firmato solo 6 lungometraggi, quasi tutti oggetto di culto, come i leggendari Rosso sangue (1986) Gli amanti di Pont-Neuf (1991) e Holy motors (2012). Anche solo per questo, ogni sua nuova sperimentazione, ogni sua nuova incursione in territorio cinematografico è attesa alla stregua di un evento messianico.
La genesi di Annette è stata per altro oltremodo travagliata. Alla fine del 2016 si diffonde la notizia che Leos Carax e gli Sparks sono a lavoro sulla sceneggiatura di un musical con protagonisti Adam Driver, Rooney Mara e Rihanna. Quest’ultime lasciano il progetto, subentra Simon Helberg di The Big Bang Theory, mentre il ruolo di co-protagonista passa prima a Michelle Williams, poi definitivamente a Marion Cotillard.
Nel frattempo la produzione viene prorogata in funzione degli impegni di Adam Driver sul set di Star Wars. A montaggio ultimato, la pandemia rimanda ulteriormente l’uscita del film, che giunge infine al Festival di Cannes 2021, accolto con il dovuto sconcerto, come si conviene a un Musical strambo, bizzarro e anti-mimetico, firmato da un autore che non ha nessun interesse a piacerci.
Henry McHenry (Adam Driver) è uno stand-up comedian di grande successo, celebre per il suo sarcasmo tagliente e l’attitudine provocatoria di un nichilista assoluto. Ann (Marion Cotillard) è invece una delle soprano più famose al mondo. Ogni sera, lei sale sul palcoscenico inscenando trionfalmente la propria morte, lui cerca di sedurre il pubblico, perché muoia dalle risate.
Il loro amore fa impazzire i social e le riviste di gossip. Poco dopo il matrimonio dell’anno, segue la nascita della piccola Annette, che presto rivelerà un dono e un talento del tutto fuori dal mondo.
Quando una serie di donne accusano pubblicamente Henry di violenze e abusi, Ann inizia a dubitare di aver sposato un estraneo. Un drastico calo della sua notorietà come comico contribuirà a rivelare il lato più oscuro, ferale dell’uomo.
Annette: Recensione in anteprima
È la stessa voce di Leos Carax in apertura di Annette ad ammonire severamente il pubblico. Qualora vogliate cantare, applaudire, piangere ridere o sbadigliare, siete pregati di farlo solo e unicamente nella vostra testa. Quella che viene richiesta è la vostra completa concentrazione, insieme al più assoluto silenzio.
Un incipit decisamente chiaro e un preludio apertamente tranchant, che non lascia margine d’interpretazione. Annette sarà allora un film che distorce sistematicamente, puntualmente tutti gli standard del musical e del melodramma, cercando il disagio più che l’emozione, l’inquietudine più dell’applauso.
Leos Carax prosegue secondo la direttrice che sembra caratterizzare tutta la sua storia di ricerca cinematografica. Ovvero, giocare con la nostra percezione del sublime e dell’orrido, celebrando la deformità, la diversità e la stranezza, fino a destrutturare perfino i più popolari tra i generi, il musical e la stand-up comedy.
In sinergia con i fratelli Ron e Russell Mael, fondatori nel 1972 della rock band Sparks, il cineasta esaspera allora la natura artificiale, anti-realistica di quei versi cantati da una elegante cantante d’opera e un attore comico, solito andare in scena vestito solo di un accappatoio verde, un paio di boxer e dei mocassini di cuoio.
Se la coppia si mostra improbabile, non è che l’inizio. Quello che si candida come Musical più assurdo di sempre prenderà il suo titolo dal nome di una neonata realizzata in CGI. Un bambolotto con le giunture a vista, le orecchie grandi, i capelli rossi e i tratti volutamente irregolari di un elfo abbozzato al computer, prodotto e vittima del narcisismo imperdonabile dei suoi genitori.
Il regista e questo bizzarro ensemble ci sfidano così a rinunciare ad ogni aspettativa, per guardare direttamente negli occhi l’Abisso. E se lo scopo del gioco era chiaramente pungolare lo spettatore, condurlo oltre i confini soliti dell’esperienza cinematografica, Leos Carax si conferma il più crudele, ineffabile, perfetto tra i direttori d’orchestra.