Negli ultimi dieci anni avrete sentito questi termini ovunque: indie pop e indie rock. Ma che cosa cambia davvero tra un genere e l’altro? Cerchiamo di capirlo
Indie rock e indie pop sono due generi musicali, o due stili se preferite, che hanno preso piede nell’arco delle ultime due decadi. Due termini che tutti utilizzano, spesso impropriamente, ma che non si possono non sentire spesso quando si parla di musica mainstream.
Ma che cosa significano davvero? O meglio, qual’è la reale differenza tra la variante “rock” del genere e quella “pop”? Cominciamo dalla cosa ovvia: “indie” significa “indipendente”, o “independent” in inglese.
Si parla perciò indicativamente di indie quando si parla di realtà discografiche produttivamente di nicchia e perciò appunto “indipendenti” dalle grandi major della musica. Cosa che, di per sé, porta per gli artisti una maggiore libertà creativa, non dovendo sottostare nella loro attività a strette logiche di mercato.
In questo senso, di “indie” si parla perlomeno dagli anni ’80. L’indie rock viene dalle realtà produttive DIY (Do It Yourself) che prendono piede negli Stati Uniti sull’onda musicale naif di matrice punk che spinge moltissimi musicisti a fare una musica libera da regole e imposizioni.
In questo periodo il termine è più una etichetta associata a gruppi legati in varia misura alla scena punk e new wave ma che adottano un approccio personale e ricercato nella loro musica. Si parla per esempio degli R.E.M., dei 10,000 Maniacs, o degli Smiths.
Sotto l’ombrello indie ricadono anche le band post-hardcore come Minutemen, Hüsker Du, Meat Puppets, ed alternative come Dinosaur Jr., Pixies e Replacements. Finchè, nel 1986, il New Musical Express pubblica la famosa raccolta C86, da molti identificata come il punto di nascita dell’indie pop.
Il divario tra le varianti rock e pop dell’indie prende un po’ avvio da qui, anche se in maniera più concettuale che altro. Fondamentalmente: i gruppi indie rock espongono un suono più “duro” e chitarristico, mentre quelli indie pop si esprimono in maniera più morbida ed elegante.
Quest’ultimo è il caso di molte band che compaiono nella compilation, anche se il nome più famoso a figurarvi, quello dei Primal Scream, percorrerà poi ben altre vie musicali. Giungono gli anni ’90 e i gruppi alternative diventano mainstream, come per esempio gli stessi R.E.M..
A quel punto indie diviene sinonimo di underground; un termine per indicare le band che rimangono fieramente legate alla propria realtà e lontano dai riflettori. Si parla della scena shoegaze, ma anche di band come Pavement e persino dei lavori di Beck.
Sul finire degli anni ’90 il genere si radicalizza nei lavori di gruppi in seguito emancipatisi come i Neutral Milk Hotel, i Modest Mouse, gli Spoon, i Built to Spill, i Guided By Voices. Ma è solo dopo il 2000 che l’indie vero e proprio entra nel mainstream.