Riassumere le controversie di questo film in poche righe è impossibile. Prima, le proteste di alcuni manifestanti che imbrattarono le locandine del film fuori dai cinema, poi, ad un mese dall’uscita nelle sale, il sequestro dello stesso. E il via a processi infiniti che si conclusero solo quattro anni dopo la prima uscita, che comunque subì tagli su tagli.
Ben 326 metri di pellicola tagliati, il che lo rende tra i film (se non il film) più censurati della storia. E ad oggi, Cannibal Holocaust rimane ancora bandito in Inghilterra, inserito nella lista dei Nasty Movies poiché eccessivamente violento.
Morituris, Raffaele Picchio, 2011
Rimanendo in Italia, impossibile non menzionare il sadico torture porn firmato Raffaele Picchio, ultimo film italiano a non ricevere il nullaosta per la distribuzione in sala. Un film nichilista dove non esistono buoni o cattivi, ma solo vittime e violenza. La fotografia oscura accentua la potenza delle scene di tortura che potrebbero far coprire gli occhi anche a spettatori non così suscettibili.
Un film horror a dir poco travagliato dove il regista ha sfidato ogni regola, trovando i nasi storti dei commissari di revisione cinematografica. Morituris al momento resta reperibile solo in home video, con versioni integrali e ovviamente censurate. Tuttavia, scordatevi la proiezione pubblica nelle sale. Per la legge italiana non sarà mai possibile.
Rimanendo sui lidi dei mancati nullaosta, ecco l’immancabile Totò Che Visse Due Volte. La Commissione bloccò l’uscita del film per le motivazioni più disparate, a partire dal contenuto eccessivamente blasfemo degli episodi, accomunati da una Palermo post apocalittica e carica di personaggi a dir poco grotteschi.
La situazione si sbloccò poco dopo, in appello, ma non bastò a riabilitare il film. Pur uscendo nelle sale, Totò Che Visse Due Volte subì una campagna di boicottaggio molto pesante da parte di associazioni cattoliche e politici appartenenti a partiti conservatori. Inoltre, la commissione di cui sopra, tentò addirittura una via legale abbastanza surreale, denunciando per vilipendio e truffa i due registi, che però ne uscirono indenni.
The Bunny Game, Adam Rehmeier, 2010
Una trama ridotta all’osso per un film low budget. Tredicimila dollari per raccontarci la storia di Bunny, una prostituta tossicodipendente rapita e torturata da un camionista. Poco più di un’ora e dieci di film in cui si vedono nefandezze di ogni sorta.
Interamente girato in bianco e nero, forse per tentare di sfuggire alla censura, The BunnyGame non si avvale di alcun effetto speciale. Le scene di sesso, e soprattutto di violenza, sono vere. Così come le bruciature di sigaretta della sventurata attrice o gli sfregi sul suo corpo. Scene che hanno costato la trasmissione nella puritanissima Inghilterra, definendo il film “inaccettabile per il pubblico“.
Saw VI, Kevin Greutert, 2009
Strano a dirsi, ma un film horror che possiamo definire ben lontano dall’essere bello ebbe non poche controversie su territorio europeo. Tutti conosciamo l’infinita saga che vede Jigsaw ed eredi vari come sadico antagonista di chi non apprezza la vita. E tutti sappiamo che salvo qualche raro esempio, questa saga è davvero poco allettante.
Eppure, il sesto capitolo di Saw ebbe vita difficilissima in quel della Spagna, che si beccò l’equivalente americano del Rated X, la massima censura riservata ai film di stampo pornografico. Viene da chiedersi cosa abbia portato a questa drastica scelta, visto che il film in questione non è né più né meno violento di tutti gli altri precedenti. Misteri della censura.