Con il suo nuovo album Sam Fender si conferma come uno dei migliori cantautori contemporanei
Se ancora non lo avete recuperato o non lo avete scoperto, fatelo subito. Si chiama Sam Fender, ha 27 anni e viene da North Shields, in Gran Bretagna. Il suo stile: heartland rock. Ossia: un rock emotivo e ispirato che parla di persone comuni (e di lui stesso) nelle varie esperienze della vita.
Nel genere da lui proposto, in particolare, è molto difficile non rileggere il Bruce Springsteen più classico. L’aura di Fender è quella del cantante generazionale che, con la sua potente voce, offre interpretazioni e inni di sfogo agli ascoltatori di un’età , la sua (i millennial, anche titolo di una sua bella canzone) in cerca di significati e di un futuro invisibile.
Seventeen Going Under è il suo secondo album: un disco pieno di canzoni che echeggiano l’importanza di canti da stadio ma trovano ispirazione nella grigia realtà suburbana inglese. Il cantante esprime un esistenzialismo rock d’altri tempi sulla base di un’energia chitarristica nostalgica e un vigore giovanile piegato ad una certa malinconia d’insieme.
Parliamo per esempio di brani come Aye, Long Way Off e The Leveller. Su questo tipo di composizioni, più cupe e taglienti, Sam Fender dà il suo meglio. Ma c’è spazio anche per la fantastica e filosofeggiante Mantra, forse la sua miglior canzone finora a livello di qualità . Per chi poi apprezza canzoni più semplici, celebrative e dirette, vale la pena di soffermarsi su Getting Started e Spit of You.
In definitiva, Sam Fender propone quel tipo di rock che potrebbe tranquillamente fare la felicità di chi da anni (o decenni) attende con ansia il ritorno di un profeta del genere. Certo, nella sua musica non c’è nulla di realmente nuovo; ma la sua ispirazione comunica tantissimo e non vediamo l’ora di scoprire cos’avrà in serbo per noi in futuro.