Arriverà in sala il prossimo 7 ottobre L’uomo che vendette la sua pelle, il film di Kaouther Ben Hania presentato alla 77a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
La trama si concentra su Sam Ali (Yahya Mahayni) un ragazzo siriano pieno di passione che è costretto a fuggire dalla sua casa in Siria, mentre la guerra imperversa sulle strade.
Lo scopo è quello di raggiungere l’amata Abeer (Dea Liane) in Europa, ma Sam rimane bloccato in Libano, in attesa di un visto che gli permetterebbe di realizzare il suo desiderio. Nel frattempo, però, Abeer viene data in sposa a un altro uomo, mentre Sam cerca di sopravvivere a Beirut con mezzi di fortuna.
Mentre aspetta una svolta nella sua attesa, Sam conosce Jeffrey Godefroi (Koen De Bouw) un artista d’arte contemporanea e la sua assistente Soray (Monica Bellucci). I due lo convincono a stringere uno strano accordo: Sam si farà tatuare la schiena, diventando esso stesso un’opera d’arte da mostrare nei musei. Quello che ottiene in cambio è un permesso di soggiorno per l’Europa e del denaro. Ma le cose non sono così semplici come il ragazzo aveva pensato. Perché non sempre l’arte è sinonimo di libertà
L’uomo che vendette la sua pelle, il trailer
L’opera d’arte che ha ispirato il film
La trama de L’uomo che vendette la sua pelle affonda le sue radici in una vera e propria opera d’arte. L’idea di un tatuaggio sulla schiena come forma d’arte moderna viene infatti dall’artista belga Wim Delvoye.
L’artista si è fatto un nome come uomo d’arte anticonvenzionale, le cui opere hanno spesso un intento provocatorio, che punta a ribaltare il concetto stesso di arte, al punto da renderla quasi paradossale.
Nel 2006 Wim Delvoye tatuò la schiena dello svizzero Tim Steiner: così nasce l’opera d’arte Tim. Nello specifico l’opera raffigura una Madonna sormontata da un teschio che sembra eseguito seguendo la tradizione iconografica messicana.
Intorno alla Madonna ci sono raggi, uccelli, fiori colorati e pesci. Un’immagine che miscela sacro e profano e che “vive” sulla schiena di Tim Steiner.
La collaborazione tra Delvoye e Steiner è nata quando l’allora fidanzata dell’uomo svizzero conobbe l’artista che era alla ricerca di una persona che fosse disposta a fargli usare la sua pelle come tela e a trasformarsi in un’opera d’arte. Delvoye, all’epoca, si era già fatto un nome come artista controverso e coraggioso, con la sua opera di tatuaggi su dei maiali.
Steiner si disse interessato e dopo più di quaranta ore di tatuaggi l’opera sulla sua schiena vide la luce. A questo riguardo l’uomo ha detto:
I tatuatori sono degli artisti incredibili che non sono mai stati davvero accettati nel mondo dell’arte contemporanea. Dipingere sulla tela è una cosa, dipingere su della pelle con i nervi è tutta un’altra storia.
Eppure – e qui forse c’è il paradosso della questione – l’opera non appartiene a Tim Steiner. Nel 2008, infatti, l’uomo ha venduto l’opera d’arte sulla schiena al collezionista Rik Reinking, per un prezzo di 150.000 euro.
La mia pelle appartiene a Rik Reinking, ha detto Stein. La mia schiena è la tela, io sono solo una cornice temporanea.
Questo ha fatto sì che Tim Steiner sia, davvero, l’uomo che vendette la sua pelle. Steiner ora gira il mondo e “posa” nei musei, come una vera e propria operta d’arte. Alla sua morte, come è scritto nel contratto di vendita con il collezionista, l’opera verrà poi asportata dal suo corpo e incorniciata.
Il senso di raccapriccio è relativo, ha detto Steiner a chi gli ha fatto notare che è una postilla alquanto macabra da aggiungere a un contratto. Poi ha continuato:
Le persone o sono molto prese dall’idea, oppure dicono che ci si è spinti troppo in là. Sono oltraggiati oppure dicono che è contro i diritti umani. Arrivano con le loro idee di schiavitù o prostituzione.