10 canzoni considerate tra le peggiori di sempre [VIDEO]

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Nel caso oggi aveste voglia di farvi un po’ (musicalmente) del male, ecco le canzoni per voi

Quali sono le canzoni peggiori di tutti i tempi? Una grande domanda, che non può trovare una risposta semplice. Dipende dai criteri adottati: come stabiire se una canzone è “oggettivamente” brutta? Per il critico Piero Scaruffi, per esempio, il tratto distintivo di una canzone malriuscita è… la breve durata. Non ci siamo, vero?

Negli anni, le canzoni considerate pessime e famose per la loro cattiva nomea sono state davvero tante. Spesso semplicemente tormentoni insopportabili, attaccati dai critici più perché non se ne poteva più che per altro. Oppure, brani famosi di artisti famosi che risultavano fin troppo auto-celebrativi, provocatori, retorici, ingenui, banali o scontati.

Nel redarre liste come queste, i super-critici come lo stesso Scaruffi o come Robert Christgau tendono spesso ad utiizzare frasi come “la peggior canzone della storia dell’universo”, ma la verità è che niente, per quanto brutto, può in musica essere definito “peggiore” in via assoluta. Ecco perché la lista che vi proponiamo vuole solo dare spunti, non giudizi: ecco dieci tra le canzoni più spesso coperte di infamia.

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10. Carly Rae Jepsen – Call Me Maybe, 2011

La cosa un po’ paradossale, per quanto riguarda questo iper-tormentone pop caramelloso del 2011, è che nel frattempo Carly Rae Jepsen si è tramutata in artista di tutto rispetto, producendo sempre album e brani intriganti. Questo pezzo rimane un po’ il fulcro di tutto l’amore e odio che si può provare nei confronti del suo stile chiassoso e festaiolo. Per fortuna, di buone canzoni sue ce ne sono e sono ben altre.

9. Billy Ray Cyrus – Achy Breaky Heart, 1992

Negli Stati Uniti, è stato detto, circa una volta per decennio esce un successo country che conquista tutti dall’alto del nulla. In questo caso era il buon vecchio Billy Ray Cyrus, oggi per fortuna molto meno famoso della figlia, a sfornare un brano improponibile ma con un ritmo tradizionalista che non mancò, all’inizio degli anni ’90, di conquistare le chart in terra americana e non solo.

8. Limp Bizkit – Rollin’, 2000

L’ingombrante esplosione di tetosterone dei Limp Bizkit, per più della metà affidata alla inarrestabile personalità di Fred Durst, emerge nella sua completezza da questa super hit nu rock invadi-classifiche. Un pezzo che è una completa celebrazione fatta di un’energia incommentabile e incensurabile che non lascia spazio a niente che non sia sé stessa.

7. Paul McCartney feat. Stevie Wonder – Ebony and Ivory, 1982

A molti stupirà di trovare qui un titolo come questo, ma un motivo c’è: l’idea dietro alla canzone, di associare ebano e avorio ai tasti (neri e bianchi) del pianoforte e, quindi, alle etnie nera e bianca della specie umana, con un miraggio di armonia universale steso sopra tutto quanto… insomma, per molti semplicemente non funziona. Un modo un po’ troppo grossolano per affrontare un tema del genere.

6. Rebecca Black – Friday, 2011

Dal 2011 la musica pop, persino quella più mielosa e spensierata, ha fatto passi da gigante. E meno male: questa traccia vuota e completamente insignificante ci ricorda qual tipo di composizioni, all’epoca, finivano spesso e volentieri in classifica. In pratica, lo stereotipo perfetto del brano pop che è tutto tranne che interessante.

5. Vanilla Ice – Ice Ice Baby, 1990

Un po’ l’esempio di tutto quello che un rapper bianco non dovrebbe mai fare. Si era ancora ai primordi dell’emancipazione dell’hip-hop, e quindi si può perdonare a Vanilla Ice il suo tentativo di sfruttare la “moda” del genere, lanciandovisi con un’immagine ridicola e che ancora oggi lo rende oggetto di risa. Quello che non gli si può perdonare, purtroppo, è il campione di Under Pressure dei Queen utilizzato per la canzone.

4. Starship – We Built This City, 1985

Un po’ l’esemplificazione della triste evoluzione di un complesso “hippie”, nel giro di vent’anni, in un ensemble musicale che nega il suo passato nel riaffermarlo a partire da una glorificazione del rock vuota e auto-celebrativa. Ai tempi negli Starship l’unico membro rimasto dagli esordi dei Jefferson Airplane era Grace Slick, che nel frattempo, anni dopo, ha condannato a sua volta l’ingenuità del brano.

3. Nickelback – Rockstar, 2006

In qualche modo, Rockstar dei sempre vituperati Nickelback riesce a raccogliere tutti gli stereotipi retorici che si possano inserire nelle canzoni rock. Ogni cliché relativo all’essere “puri”, a “non vendersi” e a fare vera arte, smentito in tempo reale da un arrangiamento scontato e da un’ironia sull’idea della rockstar che annulla sé stessa, portando il gruppo a prendersi paradossalmente troppo sul serio.

2. Aqua – Barbie Girl, 1997

Come noi continuiamo a ripetere, Barbie Girl degli Aqua non è mai stata capita a fondo. L’intrinseca ironia esposta dalla band nel sound iper-commerciale del brano non è stata mai colta da moltissimi che, a distanza di venticinque anni quasi, insistono nel considerare il brano uno dei più insopportabili tormentoni di sempre, senza cercare di capire cosa ci fosse “dietro”.

1. The Beatles – Revolution 9, 1968

Semplicemente, forse la canzone più odiata della storia del rock e della musica. Un esperimento di musique concrete, dalle intenzioni ambiziose ma considerato all’unanimità (o quasi) del tutto fuori posto nella discografia dei Beatles. Dietro, a fianco a John Lennon, c’era naturalmente Yoko Ono e gli ascolti che l’artista suggeriva a John Lennon, a base di Karlheinz Stockhausen.

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