Il 1982 è stato un anno molto prolifico per il cinema. Infatti, iniziò proprio in quell’anno la fortunata saga cinematografica di Rambo, che consolidò la fama di Sylvester Stallone. E a proposito di attori muscolosi, il 1982 è anche l’anno di Conan il barbaro, con protagonista Arnold Schwarzenegger.
Come però non ricordare anche alcune perle del cinema d’autore. Il regista ceco Jan Å vankmajer portò in scena il suo cortometraggio più noto, Možnosti dialogu (trad. “Le dimensioni del dialogo”). E anche Shift, di uno dei maggiori interpreti della New wave giapponese, Toshio Matsumoto, è dello stesso anno. Entrambi i lavori utilizzarono tecniche innovative, il primo di animazione e il secondo di montaggio.
E ora vediamo più da vicino i meriti, sia tecnici che tematici, di 11 titoli indimenticabile di un’altra annata memorabile.
I Migliori Film del 1982 da vedere
Blade Runner – Ridley Scott (1982)
Los Angeles, 2019. Gli umani hanno creato a loro immagine i Replicanti per lasciare loro le attività più pesanti, ma con un ciclo di vita di 4 anni. Uno di loro, Roy Batty (Rutger Hauer), ha radunato una squadra di androidi per ribellarsi al sistema di schiavitù imposto. Sulle loro tracce si mette Rick Deckard (Harrison Ford), un ex-agente dell’unità speciale “Blade Runner”…
Ispirato al romanzo Il cacciatore di androidi del maestro della distopia Philip K. Dick, Blade Runner è un classico della fantascienza. Le estetiche futuristiche anni Ottanta hanno influenzato tutto il mondo, oltre a essere la base dell’ondata nostalgica che ha investito gli ultimi anni. Gli effetti specialicandidati all’Oscar di Douglas Trumbull, Richard Yuricich e David Dryer, possiedono un’immortale potenza visiva. E maggior valore attribuiscono le indimenticabili musiche di Vangelis.
L’opera ripropone le atmosfere noir degli anni Quaranta, adattandole a un mondo completamente distopico. Come ogni distopia, però, Blade Runner tratta temi contemporanei e porta in scena vari stereotipi, come la concezione della donna come oggetto. In particolare, gli argomenti principali del film sono lo strapotere delle corporazioni e gli effetti collaterali della tecnologia. Sul finale, però, l’opera spinge anche a riflettere sui confini del bene e del male.
I personaggi principali sono, infatti, Batty e Deckard, interpretati magistralmente da Rutger Hauer e Harrison Ford. Tendenzialmente, il cattivo è l’androide e il buono è il poliziotto. Ma può la ribellione per sottrarsi alla schiavitù valere l’appellativo di malvagio? La domanda risuona tuttora per gli argomenti più disparati, ma forse non troverà mai risposta.
Il grande perfezionismo di Ridley Scott destinò il film all’immortalità , generando, oltre a un’influenza culturale vastissima, anche un sequel.
La cosa – John Carpenter (1982)
La base statunitense U.S. Outpost #31 sta conducendo degli studi in Antartide. A un tratto, il frastuono di un elicottero intento a inseguire un cane rompe il silenzio dell’ambiente. Il veicolo fa una brutta fine: uno dei soldati a bordo sbaglia un lancio e lo fa esplodere. L’unico superstite, di nazionalità norvegese, cerca invano di dare una spiegazione agli americani…
La storia è tratta dal racconto Who goes there?di John W. Campbell, che venne adattato già da Christian Nyby nel 1951 in La cosa da un altro mondo. Il regista della nuova versione, il grande John Carpenter, omaggiò il suo predecessore trasmettendolo in TV nel film Halloween (1978).
Rispetto alla versione di Nyby, La cosa è molto più fedele al racconto cartaceo. Infatti, lo sviluppo del film del 1951 prevedeva l’equipaggio umano unito contro la minaccia aliena, con un messaggio contro la guerra fredda. John Carpenter, invece, ha mantenuto il pessimismo di Campbell, raccontando un’umanità diffidente, divisa e senza scrupoli. La presa di posizione opposta alla versione del 1951 è ravvisabile già nell’ambientazione, spostata ora al Polo Sud.
La spedizione in luoghi remoti e rigidi come l’Antartide, inoltre, è diventato un archetipo dell’horror, grazie a racconti come Alle montagne della follia di Lovecraft. Nonostante l’ambientazione sterminata, John Carpenter riesce a girare campi lunghi in grado di chiudere lo spettatore stesso dentro una prigione senza fuga. Il senso di claustrofobia, sapientemente interpretato dal cast e culminante nello splendido finale, non lascia mai alcuna tregua.