Nevermind compie 30 anni: una ricorrenza importante che ci impone di fare un passo indietro, riflettere, scrivere.
That kid has heart ovvero “quel ragazzo ha cuore”. Leggenda vuole che siano state esattamente queste le parole proferite da Bob Dylan dopo aver visto un’intensa esibizione dei Nirvana. Non appartengono invece al mito, ma al resoconto del suo biografo ufficiale quelle pronunciate dallo scrittore William Burroughs – “il padrino del beat” – che dopo aver incontrato Kurt Cobain commentò con una certa amarezza:
“Quel ragazzo ha qualcosa che non va.”
Ecco, se si volesse descrivere in estrema sintesi la figura di Kurt Cobain – ancora oggi tra le più controverse – basterebbero forse queste due fugaci impressioni, quella del più grande cantautore della storia e quella dello scrittore che più di tutti ha influenzato la musica rock e le sue modalità di scrittura (“chiedere” a David Bowie, Michael Stipe, Thom Yorke e lo stesso Cobain per ulteriori chiarimenti).
Se invece si volesse andare più a fondo – senza, però, alcuna garanzia di poter riemergere con qualche certezza – si dovrebbero leggere almeno le tre biografie più autorevoli (Vieni Come Sei di Michael Azerrad, Nirvana, La vera Storia di Everett True, Cobain. Più pesante del cielo di Charles R. Cross) e vedere il documentario più intimista girato su di lui nel 2015 da Brett Morgen: Cobain – Montage Of Heck.
Oppure, in alternativa, si potrebbe provare a partire dai suoi diari pubblicati nel 2002 con una “chiara” avvertenza stampata sulla prima pagina:
“Non leggere il mio diario quando non ci sono.”
“Ok, adesso vado a lavorare. Quando ti svegli stamattina, leggi pure il mio diario. Fruga tra le mie cose e scopri come sono fatto.”
In considerazione di ciò – e delle altre mille contraddizioni del suo autore – quest’oggi abbiamo deciso di celebrare i 30 anni di un disco epocale come Nevermind attraverso un approfondimento dei suoi brani più significativi, anche e soprattutto alla luce di quanto contenuto in quei diari.
Come sanno benissimo quasi tutti i fan dei Nirvana (al secolo Kurt Cobain alla voce e chitarra, Krist Novoselic al basso e Dave Grohl alla batteria) i testi delle loro canzoni sono molto criptici, se non proprio ai confini con il nonsense.
Lo stesso Cobain aveva dichiarato in più di un’occasione che non aveva senso dannarsi l’anima per cercare di capirne o carpirne i significati:
“Spesso scrivo una canzone e quando mi chiedono spiegazioni me ne invento una al momento perché il più delle volte scrivo i testi in studio e in metà dei casi non ho idea di cosa stia parlando.”
Tuttavia, a proposito della stesura dei testi, nei suoi diari si legge anche qualcosa che lascia aperto uno spiraglio di speranza nei confronti dell’interpretazione:
“I miei testi sono un gran mucchio di contraddizioni. Sono spaccati esattamente a metà tra opinioni estremamente sincere e sentimenti che nutro e confutazioni sarcastiche e spero umoristiche di ideali stereotipati da bohèmien superati da anni. […] Quello che voglio dire è che provare passione ed essere sincero mi piace, ma mi piace anche divertirmi e fare il cretino.”
Se questo naturalmente non ci garantisce di riuscire sempre a distinguere correttamente le due metà, ci induce quanto meno a pensare che valga la pena provare a scavare ancora una volta dentro queste canzoni per tentare di risalire all’origine dei loro significati più profondi.
Ad esempio su un tema delicato come la morte, Kurt era capace di dire cose estremamente liriche come “dammi un aldilà alla Leonard Cohen cosicché possa sospirare in eterno” – mostrando con sincerità il suo bisogno disperato di trovare un po’ di pace – oppure di ironizzarci su con un titolo estremo come I Hate Myself and I Want To Die – Odio me stesso e voglio morire – al solo scopo di sfottere i media che lo avevano inscatolato nel cliché del ragazzo eternamente depresso.
Di certo l’utilizzo della tecnica burroughsiana del cut up (ovvero il mescolamento casuale di pezzi di frasi decontestualizzate) aggiunge ulteriore difficoltà a questa missione di decodifica, ma non per questo sentiamo di poterci tirare indietro. Anzi!
30 anni di Nevermind – Spiegazione dell’album dei Nirvana
1.Smells Like Teen Spirit
Cominciamo subito da quello che è stato il singolo anticipatore di Nevermind – e che molto probabilmente è anche la canzone più famosa della band – ovvero Smells Like Teen Spirit.
Come ormai sanno anche i sassi lo “spirito adolescenziale” che dà il titolo al brano deriva in realtà dal nome di un deodorante. Per essere più precisi da una frase scritta con una bomboletta spray dalla cantante delle Bikini Kill Kathleen Hanna sul muro di casa di Kurt, dopo una notte di bagordi.
La frase nello specifico recitava “Kurt Smells Like Teen Spirit”, alludendo al fatto che al mattino Kurt avesse addosso “il profumo” della batterista Tabi Vail, con la quale effettivamente il cantante aveva iniziato una relazione (per altro finita male e sfociata nei testi di altri brani del disco come Drain You e Lounge Act).
In realtà non si è mai capito veramente quanto Kurt fosse consapevole del significato originale del teen spirit, ma secondo l’interpretazione di uno dei migliori critici musicali viventi – Simon Reynolds – il brano sfrutta a pieno l’ambiguità di senso di questo “spirito adolescenziale” che, da un lato rappresenta la voglia di ribellione giovanile, ma dall’altro è proprio quello che viene “imbottigliato” e venduto dal mercato per alimentare soltanto sé stesso.
Ed è proprio da questa dicotomia che nasceranno tutte le paranoie e le frustrazioni del Cobain più adulto: l’ex adolescente ribelle comincia a percepirsi come parte integrante di un ingranaggio che odia, generando così una frattura interiore che piano piano diventerà sempre più insanabile e lacerante, portandolo a compiere il gesto estremo del suicidio nell’aprile del 1994. La ribellione giovanile diventa allora una farsa. Lo si intuisce fin dai primi versi:
“Carica le pistole, porta i tuoi amici /E’ divertente perdere e fingere”.
Si noti come nella bozza iniziale contenuta nei diari i versi d’apertura del brano di Nevermind siano esplicitamente più tendenti alla finzione giocosa (Vieni fuori a giocare / inventa le regole / divertiti molto / sappiamo già che perderemo), mentre nella versione definitiva sono diventati più “duri” con l’introduzione delle pistole, pur mantenendo il sapore farsesco.
In una famosa esibizione televisiva a TOP OF THE POPS l’incipit del brano fu ulteriormente modificato da Kurt, sostituendo il caricamento delle pistole con l’assunzione di droga (Load up on drug al posto di Load up on guns), in modo da sovrapporre le potenzialità (auto)distruttive delle due cose, accentuate dalla modifica del verso successivo: da “bring your friends” a “kill your friends”, spostando così l’asticella verso il grottesco risultato finale: “strafatto di droga, uccidi i tuoi amici”.
In questo modo Cobain riuscì a irridere in un colpo solo la trasmissione istituzionale basata sulle classifiche e il suo stesso singolo che le aveva di fatto sbancate.
Il concetto chiave della “finta-rivoluzione giovanile” emerge ancora di più quando arrivano i versi del ritornello con cui Kurt sembra prendersela con sé stesso, oltre che con la massa di giovani apatici della generazione X ai quali si rivolge(va) la sua musica:
“Here we are now entertain us (eccoci qui, adesso intratteneteci) I feel stupid and contagious (mi sento stupido e contagioso)”
Il manifesto programmatico del brano e forse di Nevermind è tutto qui, in questa sorta di parodia della rivolta giovanile che è ben visibile anche nel famosissimo video ufficiale della canzone e che è presente anche in altri versi abbandonati sul diario a margine del testo originale:
“Le assemblee diventano manifestazioni, detriti rivoluzionari sporcano i pavimenti di wall street. I vostri figli hanno preso il potere, siete avvertiti, i rappresentanti dell’avidità hanno 24 ore per evacuare e liberarsi alla radice delle loro abitudini oppure verranno messi fuori combattimento con la droga e fatti fuori con una botta alla nuca per risparmiare pallottole” C’è infine un’ultima frase che è stata esclusa dal brano, ma che pesa come un macigno sull’anima alla luce del triste epilogo della vicenda personale del cantante: “Il giorno più bello della mia vita è stato quando il domani non è mai arrivato”.